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Una politica che prende per mano

Foto © Acri In Rete
Alessandro Cristofaro
Certamente quando in una lotta si è coinvolti in prima persona, fisicamente ed emotivamente, il giorno successivo ad un esito inaspettatamente ed esageratamente negativo fare una analisi lucida non è sicuramente facile.
Se penso al risultato finale, da militante del Partito Democratico, non penso che il centrosinistra di Acri, rinnovato, giovane e genuino, abbia meritato una così netta bocciatura.
C’è però, a risultato acquisito, il bisogno di fare una serie di considerazioni: il centrosinistra ormai non è più radicato nel territorio, mancano le persone di riferimento, manca una figura di segretario di partito che riesca a darne una impronta e una identità, mancano gli “operai” di questo schieramento, manca un personale politico che aumenti la qualità del lavoro. A tutto questo si aggiunge una situazione economica e sociale disastrosa: la gente che sta attraversando una situazione di crisi insostenibile è spinta a credere e a favorire una politica sempre più di scambio e di clientela, una politica secondo la quale promettere è obbligatorio, far vivere di false speranze, approfittare delle condizioni disagiate della gente è l’unico modo per governare.
Oggi il candidato a sindaco Nicola Tenuta, già sindaco del centrodestra dal 2000 al 2005 torna ad essere sindaco di Acri per la seconda volta. Torna, come se la gente avesse scelto chi negli ultimi vent’anni l’avesse delusa meno, chi pur avendo usato la politica e avendo ricevuto tanto dalla politica si presenta come il “nuovo”, come l’uomo solo al comando, e che da solo porterà “Acri al centro dell’Europa”. Film a cui abbiamo già assistito proprio in questi ultimi 3 anni.
Tenuta diventa sindaco, circondato da una squadra formata in buona parte da vecchi reperti archeologici della sinistra, gente con dentro al portafogli una corposa collezione di tessere di partiti, gente che ha contribuito pesantemente a logorare l’immagine del centrosinistra acrese, gente che ha usato il palco per scagliare attacchi personali e sfogare una ingiustificata rabbia repressa (aspirando in futuro chissà a cosa), e che oggi si presenta unita come una squadra di vecchi, ma nuova, attorno ad un ex sindaco, nuovo.
Una campagna elettorale in cui si è visto da una parte una serie di iniziative elettorali aperte, in piazza, con una rinfrescante presenza di giovani e professionisti alla loro prima esperienza politica; dall’altra parte invece, un caseggiato frenetico in cui più che la spiegazione del proprio programma politico e la ricerca del voto sui contenuti, è venuta fuori una inutile e gratuita denigrazione dell’avversario, conclusasi poi durante la festa per la vittoria, all’interno della sede politica, con un bel coro da stadio che ironizzava sul passato da prete del nostro candidato a sindaco, usando quel termine in tono dispregiativo, come se quel passato da prete non fosse stato apprezzato, stimato e amato dalla gente di Acri, che ha conosciuto Giuseppe Cristofaro come persona generosa, disponibile, che nulla ha “preso” e tutto ha dato. La sua esperienza da prete, per come svolta, è l’orgoglio di tutta la mia città. Ad Acri oggi vince la solita vecchia politica, una politica che chiede promettendo l’impossibile ma non regalando nulla, che affida tutte le sue speranze a chi si propone di risolvere da solo una crisi economica che lui stesso ha contribuito a creare.
Una politica sbagliata, che vince anche con l’aiuto di chi non ha premiato un rinnovamento vero che tutto il centrosinistra aveva promosso con tanto sforzo, con l’aiuto di chi ha pensato di votare per protesta un qualcosa e un qualcuno di diverso, ma che poi di diverso non ha nulla.
Ma il vero risultato di questa tornata elettorale che rischia di sfuggire in un momento così delicato, è l’inizio di un nuovo ciclo, un ciclo che partirà da quei 5500 voti circa di un candidato e di una squadra che hanno messo al centro di tutto la propria onestà intellettuale e il proprio senso di appartenenza ad una idea di cambiamento, ad una versione ottimale della politica che ci ha preso per mano e ci ha spinti verso una voglia disperata di una NUOVA PRIMAVERA di DEMOCRAZIA. Non uno spot da scopiazzare nelle interviste postelettorali, ma un sentimento di volontà. Una voglia partita da un uomo ACRESE, che ha messo al centro della sua vita sempre il prossimo prima del profitto personale, la cultura e i contenuti prima dell’esultanza da stadio, il bene comune prima del bene privato.
Una voglia partita da un padre stupendo che ha sempre messo la famiglia e i figli prima di ogni altra cosa.
Una persona di cui essere fieri, una squadra di cui essere fieri e da cui ripartire, che si impegnerà dall’opposizione, per far si che Acri non abbia perso l’occasione per risalire e rendere fieri di essa tutti noi.
Un grosso in bocca al lupo a tutti NOI.

PUBBLICATO 13/06/2013





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