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Lo Spettacolo è Servito. Così è Quando è Ben Fatto

Angela Maria Spina
Foto © Acri In Rete
Il 20 e il 21 giugno in una profumata sera d’estate dal Castagno in fiore, presso il Chiostro della Comunità Montana in Piazza San Domenico la TAMM ha presentato lo spettacolo teatrale “Suonnu ‘e menz’agustu” Testo e regia di Pier Paolo Malito accompagnamento musicale dal vivo dei Cantannu Cuntu, al quale è stato tributato un meritato successo di pubblico e di consensi critici.
Il divertentissimo adattamento teatrale ha potuto contare sul completo favore del pubblico e della critica, entrambi divertiti e ammirati: sostenitori entusiasti dell’iniziativa.
Il lavoro teatrale si è caratterizzato per la fulgida anima professionale e la buona volontà degli attori. Tutti partecipi in presenza e abilità sin anche con il popolare finanziamento da parte del pubblico, rivelatosi determinante ai fini delle rappresentazioni; per un evento culturale di grande rilevanza che è stato in grado cioè di attivare le forme articolate del teatro vernacolare, congiunte a quelle letterarie e al sano uso delle risorse, spese per fini autenticamente culturali.
Uno stuolo di personaggi, intepreti e tecnici che meritoriamente hanno divertito e si sono divertiti, come nella migliore tradizione teatrale, evocata attraverso una bella lezione di teatro popolare, geniale rielaborazione di creative forme culturali non unicamente teatrali, legate cioè solo alla Commedia dell'arte o alla tradizione popolare, ma anche di quella musicale tradizionale, all'uso intelligente dello spazio scenico, ai guizzi satirici; e alla presenza di una nuova idea di pubblico che è elemento vivo e partecipe: mentore, nella lettura della traduzione vernacolare dall’esilarante efficacia; e poi non ultimo del divertimento più puro trasformato in sana risata.
Ogni tecnica, ogni trucco del mestiere del teatro sono risultati utili e anzi hanno aiutato ad attivare una interrelazione tra la realtà e l’invenzione che ha reso gli spettatori il centro di un universo dove l'arte resta tale solo se tutto il resto si connette in modo indissolubile, alla molla dell’invenzione, della creatività letteraria ed artistica che ne diventa riferimento.
Un lavoro di traduzione e adattamento teatrale del dialetto parlato, che è stato gradevole e godibilisimo. Giullari di gestualità e mimo, apprezzati anche nei momenti d’improvvisazione costruiti in un canovaccio, che ha reso nuova vita a un noto testo teatrale tra i più celebrati; inchiodando lo spettatore
 tra divagazioni e riflessioni in un glossario della terminologia dialettale di ieri e di oggi, che bene risponde alle nuove esigenze di elaborazione culturale e letteraria, di una città che merita teatro, che chiama cultura, ma che finalmente auspica anche una nuova inversione di tendenza nella mentalità comune, che considera cioè la Cultura come Vitalità e Dinamismo, Indipendenza e Libertà, nonchè Immaginazione Visionaria capace di trasformare cioè anche le povere risorse in ricchezze, non solo economiche ma anche in Elaborazioni Pedagogiche che rendano edotti ma anche curiosi di sapere che cosa succede intorno e perché.
Un percorso teatrale volenteroso e meritevole di considerazione, che ancor meglio la città dovrebbe sostenere e sorreggere, e del quale dovrebbe sapersi appropriare non solo come catalizzatore di energie giovanili che li richiama e impegna ad un sano uso del tempo; ma che con essi e non solo con essi, interloquisca e ragioni. Perchè Tutti infatti, istituzioni culturali comprese, dovrebbero poter parlare il linguaggio “culturale” del buon senso, quello fatto di cure, attenzioni e soprattutto occasioni.
Un lavoro encomiabile e serio che Malito articola e trae nei tempi registici adeguati quelli della commedia dell’arte, trasformandola in immagine in gesto, in parola, e poi finalmente in traduzione del testo scritto che si passa di mano in mano, che circola si propaga e poi si diffonde. Per testimoniare forse un bisogno di dialogo con il Pubblico che è coinvolto nella partecipazione alle due serate, ma che varrebbe la pena poter fissare ed allargare in una sana relazione con tutta la città, dal momento che questo sforzo teatrale è impegnato a tessere un percorso ben più ampio che lega la vita quotidiana espressa nella lingua dell’appartenenza cioè del dialetto parlato e non già di quello letterario, con l’arte scenica nell’immagine aulica delle forme teatrali e culturali, ma anche della vita sociale e di relazioni di cui questa città è spesso incapace; e che per l’occasione è stata in grado, attraverso una partecipazione appassionata e attenta; di porre in essere, tradurre e rendere con emozioni e divertimento.
Il risultato ci è apparso convincente come quello di una bottega artigianale che è l’anima di un teatro verace ed appassionato – inteso forse nella sua accezione più antica quella rinascimentale – che è capace cioè di elaborare canovacci portati sulla scena, resi parte integrante di una realtà complessa e articolata, mai troppo esemplificata, che supera sempre ogni immaginazione.
Un Percorso intenso ed appassionato che ha prefigurato e confermato un adattamento magistrale ed un divertimento puro. Un’importante occasione per comprendere come il teatro vernacolare potrebbe costituire un punto cardine non solo nel linguaggio espressivo della compagnia, ma anche in quello culturale più complessivo di una città che interpreta e conosce il suo strumento più importante.
Ci si augura perciò che questa “bella impresa” non sia destinata ad esaurirsi nel breve arco di una serata d’estate, ma che sappia garantire continuità e maggiore stabilità, anche – si spera - con l’auspicabile favore delle istituzioni locali. E’ una magnifica risorsa che merita di trovare un seguito alla testimonianza non solo dell’inesauribile e imprevedibile creatività dei giovani attori, ma anche alla ormai comprovata esperienza registica che non merita di essere sperperata e dilapidata.
Gli oggetti di scena le maschere: gli attori stessi trasmutati in marionette e burattini, di un canovaccio letterario tra i più noti e conosciuti dell’autore inglese, è stato sapientemente incastonato per certi versi attualizzato diventando parte integrante e caratterizzante della drammaturgia, di quella che ci piacerebbe diventasse una più stabile Compagnia Teatrale aperta alla sua città ed ai giovani interessati al teatro.
Il percorso teatrale tra fulmini di poetica rievocazione si è aperto disvelando e toccando le corde in alcuni passi di feroce satira sociale e di costume; in grado perciò anche per questo di arricchire principalmente le giovani generazioni di artisti locali - impegnati come delle “tele parlanti” che si sono mostrati capaci di rimanere fedeli alla dimensione narrativa del patrimonio artistico di riferimento - ma più diffusamente di tutti gli amanti del teatro - che non sono pochi nella città.
Un piacevole viaggio dunque che ha evocato la migliore e complessa storia della commedia dell’arte, attraversando i linguaggi della classicità greca e romana, per giungere alla preziosità del lavoro degli artisti girovaghi, che dal Seicento in poi operarono nel solco della tradizione europea. Tutto ha convinto, finanche toccare le corde della satira, strumento fondamentale per la complessiva elaborazione artistica della messa in scena, che ha permesso di ricostruire un giusto rapporto tra opere teatrali e letterarie e i contesti storici, artistici e sociali che spesso le ispirano.
C’è dunque un narratore carismatico, una pletora di attori volenterosi ed appassionati, una traduzione convincente ed una rappresentazione adeguata. C’è un pezzo di teatro, una comicità rinascimentale attualizzata con spirito contemporaneo, una maestria artistica che ritorna alla radice del genere e che ottiene il successo che merita. C’è la semplicità giullaresca in cui si diventa al tempo stesso parte di quel popolo deriso; e pubblico che si diverte. C’è la forza dell’intrattenimento e del divertimento, che regge ai confronti e ai modelli più impegnativi. C’è un modo di fare teatro attento alla capacità di elaborare narrazione e traduzione. C’è lo spettacolo che funziona e diverte ma anche il teatro che sommerge, perchè allora non si dica che il teatro degli altri è sempre più verde del nostro…. Allora se il teatro funziona – e funziona - magari il contagio si propagherà e varrà la pena spendersi per promuovere anche questa antica/moderna Forma di Cultura in un tempo cupo e malato come il nostro, solo per non correre il rischio di “inselvatichirsi”.

PUBBLICATO 26/06/2012

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