RELIGIONE Letto 2798  |    Stampa articolo

Guardare il cielo prendere a cuore la terra

sac. Sergio Groccia
Foto © Acri In Rete
La storia non si svolge in modo lineare, ma con sussulti drammatici e dolorosi, positivi e arricchenti, sul piano personale, familiare, sociale, politico, ecclesiale, nelle comunità locali e sull'intero pianeta. La linearità è data dalla speranza, parola piena di contenuti profondi e anche possibili malintesi. A ben considerare non è un puro prodotto della nostra psicologia, ma una dimensione strutturale dell'esistenza che si affaccia sul futuro che attende qualcosa che non c'è, sollecitando a cercarla e possibilmente ad attuarla anche se via via, parzialmente.
A riflettere su queste dimensioni portanti della nostra vita e della storia dell'umanità ci sollecita in questa domenica la memoria dell'Ascensione del Signore. La descrizione dell'evento, così come la troviamo negli Atti degli apostoli (Atti 1,1-11) espressa con il linguaggio e i simboli propri del tempo per testimoniare questa realtà e questa esperienza): Gesù di Nazaret, passato operando il bene, ucciso e risorto è "ritornato" in modo definitivo nel Mistero del Padre. E’ ora iniziato il tempo della testimonianza su invito e raccomandazione esplicita di Gesù (Vangelo di Marco 16,15-20): "Andate in tutto il mondo e portate il messaggio del Vangelo a tutti gli uomini”.
È stato davvero annunciato il Vangelo? E come? E con quali conseguenze? Si può dire che è stato annunciato con fedeltà e coerenza e che troppe volte è stato ed è tradito: il criterio di giudizio è la liberazione dell'uomo, è la concreta prossimità, la coinvolgente solidarietà. Certo non è avvenuto questo quando ci si è presentati con il Vangelo in una mano e con la spada nell'altra; quando si è smentito il Vangelo stesso con diverse forme di teocrazia e di alleanze con i poteri economico, politico e militare. Quando l'annuncio del Vangelo è autentico, per sua forza intrinseca coinvolge nella testimonianza e chiede fedeltà e coerenza. Nel nostro cammino, nella storia ci possono essere le tentazioni che noi, per esperienza diretta, conosciamo. Una è quella di guardare in alto, di scrutare il cielo, disinteressandosi della terra e della storia, delle storie che in essa si vivono. Questo spiritualismo disincarnato può emergere in particolare nei momenti di delusione, di stanchezza, di avvilimento. Questa ricerca di trovare un senso alla vita fuggendo dalla storia, dal tempo e dallo spazio è stata sempre presente.
Rispetto a questo orientamento è sempre doveroso considerare che Gesù è "venuto dall'alto”, si è incarnato; ci insegna quindi a non distaccarci dalla storia, a prenderla a cuore, a contribuire a renderla più umana; a tenere gli occhi attenti a tutto ciò che avviene.
C'è un'altra tentazione: quella di voler subito realizzata la Parola del Vangelo, il Regno di Dio, cioè l'umanità della giustizia, della libertà, dell'uguaglianza, della pace, della fratellanza.
Se questo non avviene, è sempre incombente l'altra tentazione di ritrarsi ma non solo nella fuga spiritualista dal mondo, ma da ogni riferimento che non sia quello di se stessi e del piccolo mondo che ruota attorno. Pare proprio che l’atteggiamento autentico sia di muoversi guardando l'orizzonte del cielo, dove spunta costantemente il segno dell'aurora, del futuro; la luce di Gesù ucciso e risorto, vivente oltre la morte; che alimenta le ragioni della speranza che riguarda tutti, perché profondamente umana. L'aurora che risorge in continuità segna l'orizzonte che ci guida mentre camminiamo con i piedi bene aderenti alla terra.
Pare essere la pazienza attiva l'atteggiamento più rispondente, proprio di chi vive un grande ideale e non si arresta di fronte alle difficoltà e alle sconferme, anche alle sconfitte; la forza interiore, la forza dell'animo è decisiva.

PUBBLICATO 21/05/2012

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