Il tempio di Dio è l’uomo
sac. Sergio Groccia
Il tempio di Gerusalemme all'epoca di Gesù rappresentava insieme tante dimensioni; luogo di unificazione delle tribù d'Israele, espressione di una forte identità sacralizzata; luogo del culto, delle preghiere, dei riti, dei sacrifici di animali; luogo nel quale si raccoglieva tanto denaro frutto delle offerte dei fedeli; luogo ricco di abbellimenti preziosi; luogo di lavoro per tante persone dedite alla cura, alla manutenzione, alle riparazioni, agli ulteriori miglioramenti. Nell'atrio del tempio si compravano gli animali per i sacrifici. Un luogo di culto e di potere che di fatto in nome di Dio confermava e legittimava tutte le discriminazioni e le emarginazioni: fra uomo e donna; bambini e adulti; sani e ammalati; pii, devoti peccatori, scomunicati. Le classi sacerdotali che gestivano il tempio si sentivano benedette privilegiate, intoccabili e indiscutibili. Il Vangelo Giovanni 2,13 25 ci narra un gesto clamoroso e assai pericoloso di Gesù che sale Gerusalemme e si reca nel tempio. "Nel cortile del tempio trovò i mercanti che vendevano buoi, pecore e colombe. C'erano anche i cambia monete seduti dietro i loro banchi". Dunque, si vendono gli animali necessari per sacrifici per l'adempimento dei voti; per comprarli si cambiano le diverse monete nell'unica accettata nel tempio. Possiamo immaginare il vociare fino alla confusione; la spianata del Tempio è enorme e in quei giorni sono migliaia i pellegrini che si radunano, e decine e decine sono i banchi dei cambiavalute e quelli della vendita di animali per i sacrifici; il servizio d'ordine del Tempio e centinaia di sacerdoti hanno cura che tutto avvenga in pace; i soldati di Pilato controllano la situazione dalla torre Antonia. Il gesto che Gesù compie, anche se può riguardare un piccolo settore, è carico di una forza profetica e di un significato dalle conseguenze imprevedibili: “Allora Gesù fece una frusta di cordicelle, scacciò tutti dal tempio, con le pecore e i buoi, rovesciò i tavoli dei cambiamonete spargendo a terra i loro soldi. Poi si rivolse ai venditori di colombe e disse: Portate via di qua questa roba! Non riducete a un mercato la casa di mio Padre!”. Bello e maestoso il tempio! Ma che cosa è in questo momento? Casa di Dio o segno di collaborazione con l'impero di Roma? Tempio di preghiera o magazzino delle decime e delle primizie dei cittadini? Santuario del perdono o simbolo delle ingiustizie? È al servizio dell'alleanza tra Dio e il popolo o arreca benefici agli interessi dell'aristocrazia? In questo luogo di culto si è via via aggregata un'enorme organizzazione con sacerdoti, funzionari, scribi, amministratori, contabili, servizi d'ordine e servizi delle famiglie sacerdotali; circa 20.000 persone secondo lo storico Giuseppe Flavio; tutti costoro sono un peso ulteriore per i poveri della città e i contadini delle campagne. L'azione di Gesù è un gesto simbolico, ma non di purificazione del luogo, né degli abusi del culto, bensì, nella sua radicalità, dell'abolizione e del superamento dell'istituzione stessa così com’è. Gesù annuncia il giudizio di Dio sul sistema economico, politico e religioso che opprime, discrimina, emargina; da lì infatti, nessuno difende e protegge i deboli, i poveri, coloro che stanno ai margini; nessuno li protegge, mentre Dio si prende cura del povero, dell'orfano, della vedova, dello straniero. Il Dio dei poveri, degli ultimi, degli umili non abita in quel tempio. Infatti, il "luogo" dell'incontro fra Dio e l'uomo è l’umanità di Gesù; come per noi il nostro corpo, la nostra umanità sono templi di Dio. Il rapporto fra templi, luoghi di culto e condizioni di vita delle persone è una questione sempre aperta, anche drammatica; c'è sempre il pericolo che il tempio sia un compendio di poteri. E che l'uomo sia lontano, fuori dal tempio. |
PUBBLICATO 12/03/2012
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