La fiducia che libera dalle paralisi
sac. Sergio Groccia
A queste riflessioni contribuisce, come sempre, in modo del tutto speciale e illuminante il Vangelo di Marco 2,1-12 ; ci racconta dell'incontro di Gesù con un paralitico. Il Maestro si trova a Cafarnao; quando si sparge la voce della sua presenza accorre tanta gente "che non c'è più posto per nessuno". Si avvicina anche un gruppo di persone: quattro di loro portano in barella un uomo paralitico; non riescono a condurre il loro amico fino davanti a Gesù a causa del muro di folla. Allora scoperchiano il tetto della casa, poi fanno scendere davanti a Gesù la barella con l'uomo sdraiato sopra. Il racconto è verosimile pensando alle abitazioni palestinesi con un solo piano, con un terrazzo fatto di frascame e di fango secco che si può facilmente rimuovere. Che cosa pensiamo noi davanti ad una persona che vive una simile condizione? Che cosa siamo portati a dirle; a quali gesti siamo disponibili? Sarebbe importante, veramente umano, esprimere in modo convinto, profondo, liberandoci da ogni forma di paternalismo e assistenzialismo, accoglienza, fiducia e speranza, possibilmente non solo a parole, ma insieme con vicinanza concreta, con gesti e azioni di accompagnamento e di sostegno. Sono appunto la fiducia e l'incoraggiamento decisivi perché favoriscono l'uscita da una condizione di isolamento, di sfiducia, d'avvilimento. Come possiamo intendere il perdono dei nostri comportamenti e delle nostre azioni meno positive, meno umane, espressione della nostra fragilità e debolezza, delle nostre chiusure, dei nostri egoismi, delle nostre differenze e aggressività, della strumentalità nei confronti degli altri? Se non come accoglienza, ascolto, come richiamo amorevole, come fiducia a cambiamenti positivi, come incoraggiamento a riuscire a viverli? Questa è l'esperienza del perdono che Dio, nella persona di Gesù ci comunica, e che noi, istruiti da questa esperienza, siamo sollecitati a vivere gli uni gli altri, in una reciprocità che ci rende più umani. Gesù di Nazaret dice all'uomo: "Figlio mio i tuoi peccati sono perdonati". I maestri della legge presenti pensano che Gesù sia blasfemo, perché solo Dio può perdonare i peccati. Ma Gesù comunica la presenza di Dio nella storia, fra gli uomini e le donne di allora e di oggi. La paralisi come tutte le altre malattie, era considerata un castigo di Dio per i peccati dell'uomo. Per questo Gesù dice a quel paralitico: "dico a te, prendi la tua barella e va a casa!". La paralisi di quell'uomo diventa anche simbolo di tutte le situazioni di paralisi del cuore, della mente, delle relazioni; delle paure, delle chiusure, dell'angoscia, di sfiducia in sé e delle proprie possibilità. Alle volte, si diffonde una mentalità che accetta la paralisi, la cappa di silenzio, la sottomissione piuttosto che ci sia libertà, indipendenza, coraggio di esserci, di esistere, di proporre, di fare. Siamo chiamati come persone e comunità a sciogliere le paralisi nostre e degli altri con l'accoglienza, la fiducia, l'accompagnamento, il sostegno. |
PUBBLICATO 22/02/2012
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