"...acriteanu benadittu c'allu munnu sì l'affhlittu, alli crozzi ed allu vinu acrità sì sempri u primu..."
Giuseppe Via
questo antico proverbio è sempre attuale. Esso , con poche parole, esplicita in modo magistrale la principale caratteristica di noi acresi. Tale caratteristica è scritta nel nostro DNA e ci accompagna per tutta la vita. L'acrese ha una comunicazione diretta tra lo stomaco ed il cervello: più lo stomaco è pieno, meno il cervello funziona ed al contrario, il cervello funziona meglio quanto più lo stomaco è vuoto. Un'altra caratteristica strettamente collegata alla prima è la cibo-dipendenza. L'acrese medio ha un'ossessione per il cibo. Appena alzato dal letto, mentre fa colazione, dice: "chi ni mangeamu a menzujuarnu?", e la moglie, dopo pranzo, mentre lava i piatti, si preoccupa:" chi boditi stasira e mangeari?". Ad Acri ogni occasione è buona per apparecchiare la tavola, ed il cibo è fonte inesauribile di discussione. Molto spesso, andando in giro per le vie della nostra città ci si ritrova immersi, all'improvviso, in una folla di gente che mangia. Decine di persone si avventano avidamente sui buffet allestiti sui marciapiedi e così scopriamo che si sta inaugurando un nuovo negozio. Nessuno sfugge a questa ossessione! nemmeno la politica. Infatti, mentre altrove si organizzano dibattiti, assemblee, discussioni ecc., ad Acri ogni manifestazione politica inizia e termina con "sazizza arrustuta e binu". A questi spessissimo si affiancano gli onnipresenti "cullurialli". Anche la religione è diventata questione di stomaco, infatti, nelle normali funzioni religiose c'è quasi sempre poca gente, tranne in quelle occasioni dove si mangia: la presenza dei "panicielli" di S. Antonio o gli "occhi di Santa Lucia" attirano folle di devoti. Se poi viene consacrato un nuovo sacerdote, egli non viene ricordato per la funzione religiosa ma per la "tavolata" che segue ad essa. Naturalmente, ci sono delle eccezioni a questa nostra caratteristica. Infatti alcune persone riescono a fare funzionare il cervello anche con lo stomaco pieno ma, "per fortuna" sono poche e sono considerate dagli altri come alieni. Alla luce di quanto detto sopra, si potrebbe così spiegare il generale addormentamento che caratterizza la nostra città. Ora, se per far funzionare il cervello, la maggior parte dei cittadini acresi dovesse restare digiuna, stiamo freschi! Infatti, attualmente ciò non è possibile, nonostante la crisi, ogni casa acritana è piena di cibo e di ogni ben di Dio. Si potrà affermare, allora che la situazione è senza speranza: sì la situazione è disperata. Ormai, nella nostra città, qualsiasi cosa succede passa inosservata. l'individualimo ha preso il posto del bene comune. Ciò si nota a cominciare dalle famiglie (se ancora possiamo considerarle tali) dove ogni componente fa "famiglia" a sè. I figli vengono lasciati crescere da soli, senza guida, ma con le tasche piene di soldi, così possono giocare alle "macchinette" ed ingozzarsi di pizzette e quant'altro per diventare subito obesi, per poi passare, un poco più grandicelli, alla birra ed ai superalcolici, per non parlare d'altro. Gli anziani, questi esseri venuti da un'altra epoca e quindi quasi degli estranei, , vengno tenuti come vacche da mungere (leggi: pensione ed accompagnamento) se ancora abili, se no, vengono affidati a sconosciute badanti, alle quali si lascia il proprio numero di telefono solo per le emergenze: "crisci figli e crisci puarci". Riprendendo il filo del discorso, questa nostra caratteristica, nel tempo, ha prodotto vistosi ed ingenti danni al tessuto sociale della nostra città e, dato che il digiuno di massa non è praticabile, bisogna trovare altre strade. Nel passato, anche recente, veniva adottata una particolare medicina, essa consisteva nella partecipazione della gente ad ogni evento. Qualsiasi cosa accadeva, se ne parlava in giro, tutti ne erano informati e ciascuno dava il suo contributo. Il popolo faceva sentire la propria voce ed il più delle volte veniva accontentato. I motori che spingevano le folle erano i partiti politici, le parrocchie, associazioni sportive ecc. Le decisioni venivano prese allora come oggi, nei palazzi e nei salotti, ma almeno si teneva conto delle esigenze della gente. Oggi, invece, la grande abbondanza di cibo fa i suoi effetti nefasti, intorpidisce l'ideazione così che pochi "svegli" si arrogano il diritto di decidere per i molti, i quali accettano supinamente tutto senza rendersi conto di niente. Un esempio eclatante è il recente annuncio del "ridimensionamento" del nostro ospedale. Ora, il nostro ospedale non è che sia così grande da essere ridimensionato senza problemi. Se da ottanta posti letto scendiamo a venti; se la medicina viene ridotta e trasformata il lungodegenza; se la chirurgia sta aperta solo di giorno; se il laboratorio di analisi si dimezza; se la psichiatria sparisce completamente, così come la ginecologia; se il pronto soccorso non si sa che fine farà, non si tratta di ridimensionamento, ma di preludio alla chiusura totale. Si sa che la politica si fonda su promesse che il più delle volte non possono essere mantenute: qualche decennio fa ci fu un politico che promise di portare la ferrovia ad Acri; un altro si spinse oltre, promettendo di portarvi il mare. Recentemente ho scoperto che questi fecero i loro comizi subito dopo pranzo! Sull'ospedale di Acri sono state fatte molte promesse. Di concreto ci sono solo i documenti della Regione Calabria che parlano di ridimensionamento e siccome "verba volant e scripta manent"... Il nostro piccolo ospedale ha garantito l'assistenza sanitaria, nelle urgene e non, a molti cittadini di Acri e dei comui limitrofi. Chiunque si è sentito male ha potuto ottenere una rapida risposta, per quanto era nelle competenze del personale e della struttura, senza badare a spese. Ora, invece, bisogna badare alle spese e far quadrare i conti, se no si rischia il fallimento. Giusto. Per far quadrare i conti è necessario razionalizzare, tagliando i rami secchi e gli sprechi. Giustissimo. Ma la salute non è una merce come le altre! la malattia può riguardare tutti, in qualsiasi momento. Ed in qualsiasi momento dobbiamo essere pronti per affrontarla e combatterla. I problemi non si risolvono solo con la chiusura di alcuni ospedali. Non si può sguarnire un territorio del suo ospedale senza prima approntare delle alternative. L'ospedale più vicino a noi, quello di Cosenza è già saturo e non si trova un posto nemmeno a pagarlo e le ambulanze fanno la fila davanti all'ingresso. Le malattie non aspettano i comodi dei politici. Già la nostra è una sanità di serie B, così facendo siamo a livello di pericolo sanitario. Purtroppo, tra "tarallucci e vino", alla Regione Calabria hanno deciso così e le rassicurazioni verbali che ultimamente vengono diffuse, lasciano il tempo che trovano senza un formale atto regionale. Come al solito si parla senza avere niente in mano. In altre regioni avrebbero prima costruito un grande ospedale super-attrezzato e solo dopo si sarebbe potuto procedere alla chiusura dei piccoli. Ma, dalle nostre parti la logica è in continuo conflitto con lo stomaco. E allora, in attesa che i nostri "Santi in Paradiso" facciano il miracolo non ci resta che "vendere cara la pelle" per ottenere, almeno delle compensazioni. Per prima cosa è necessario che il Pronto Soccorso rimanga aperto per 24 ore e venga potenziato con specialisti quali il cardiologo, il neurologo, l'ortopedico, l'anestesista ed il ginecologo. La presenza di una vera Astanteria dove il paz. critico venga assistito e "stabilizzato" prima di essere trasferito in struttura idonea al suo caso. La chirurgia, anche se solo diurna possa dare risposte adeguate; non sia ridotta la radiodiagnostica ed il laboratorio di analisi; sia avviata realmente l'assistenza domiciliare, con personale dedicato; sia potenziata la specialistica ambulatoriale; sia potenziato il "118" con altri equipaggi attivi ed altre ambulanze; sia attivata l'unità di prevenzione con intenti informativi e formativi verso la popolazione giovanile, con corsi, lezioni e quant'altro per prevenire il fenomeno dell' alcolismo, delle droghe e l'obesità. Così si abbasserebbe di molto l'indice di future patologie con considerevoli risparmi in denaro e vite umane. Cari concittadini, ciascuno faccia la sua parte e dia il proprio contributo. "Riappropriamoci" della nostra città. Un altro proverbio acrese dice " chini piecura si fà, ù dupu sa mangia". Come vedete, il cibo è sempre presente, ma in quest'ultimo caso siamo noi cittadini che rischiamo di finire nello stomaco dei tanti lupi che ci amministrano... e siccome ..."cumi t'amministrhi , ti cucini..."
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PUBBLICATO 10/11/2011
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