RELIGIONE Letto 2135  |    Stampa articolo

La comunicazione fra le differenze per l’umanità planetaria.

sac. Sergio Groccia
Foto © Acri In Rete
Oggi che nel nostro Paese viviamo con qualche milione di persone (oltre cinque regolarizzate) che vengono da altrove, possiamo essere favoriti nella percezione dell'esperienza che la prima comunità cristiana ha vissuto a Pentecoste, di cui in questa domenica si vive la memoria nelle nostre comunità cristiane, riferendoci al racconto degli Atti degli Apostoli (2,1-13) e al brano del Vangelo di Giovanni (20, 19-23). La questione è una costante fra le più delicate e difficili della storia dell'umanità: quella cioè del rapporto fra uguaglianza e differenze; fra unità e diversità, in qualche modo anche fra libertà e leggi, ordinamenti.
La Bibbia ci propone l'interpretazione sapienziale della storia dell'umanità. Adamo ed Eva, rappresentanti degli uomini e delle donne, pretendono di diventare come dio; "sarete come dei" e come conseguenza, sperimentano la rottura dell'equilibrio armonico che vivevano fra di loro e con tutti gli esseri viventi, come sarebbe stato e continua ad essere nel progetto di Dio creatore.
L'aspirazione all'onnipotenza induce, infatti, a non considerare gli altri con pari dignità, ma inferiori, da usare strumentalmente, su cui imporre decisioni; da eliminare se si ritiene non servano. La competizione porta facilmente a rivalità, avversione, inimicizia, a violenza per eliminare l'altro.
Infatti, Caino uccide il fratello Abele.
Le vicende personali si allargano a centri concentrici, a comunità e a popoli e diventano situazioni strutturali: quelle di gruppi di potere economico, politico, militare, mediatico che pretendono di imporre alle comunità, a popoli interi, a parti del Pianeta i loro progetti di dominio, di sfruttamento, di usurpazione, usando anche le strategie, i metodi e i mezzi più terribili.
Il gruppo che ha costruito la torre di Babele come sfida a Dio e prepotenza e dominio sugli altri, ha inteso riaffermare che il suo potere è assoluto e indiscutibile, che impone uniformità di mentalità, di lingue, di comportamenti.
Di fatto, le differenze ci sono e chiedono di potersi esprimere, di essere ascoltate, di poter contribuire, insieme alle altre al fine del bene comune.
Se questa apertura, se questa dinamica è impedita e repressa la conseguenza è una "babele", cioè una confusione degli atteggiamenti e delle lingue, delle diversità che non possono incontrarsi se non in modo confuso, senza un progetto, perché il progetto è imposto dall'alto. In questa confusione, alcuni cercheranno di esprimere la loro diversità di nascosto; altri faranno opposizione al potere; altri diventeranno collaborazionisti e anche delatori. Se manca il fine del bene comune, le conseguenze sono le divisioni, le contrapposizioni, i contrasti, le violenze.
Lo Spirito di Dio in modo alternativo sollecita ed anima ad esprimere le proprie diversità per il bene comune. A Gerusalemme, sono presenti tante persone, di popoli diversi: essi capiscono le parole e il messaggio degli apostoli coinvolti dall'esperienza dello Spirito che anima le diversità ad esprimersi e a collaborare per il bene comune. "Eppure tutti li sentiamo annunziare, ciascuno nella sua lingua, le grandi cose che Dio ha fatto". Lo stupore è grande. Qualcuno s'interroga, altri ridono e li considerano ubriachi. Quante sono le culture sulla faccia del Pianeta e ora fra noi? E le lingue?
E l'arte, la musica, i cibi, i vestiti, le spiritualità? C'è davvero una straordinaria diversità. Lo Spirito ci anima a comunicare le diversità, a favorire il loro incontro, la loro conoscenza e reciprocità per il bene comune di un'umanità veramente umana. La prospettiva è quella del superamento di ogni chiusura etnocentrica, di identità chiuse, difensive e aggressive; per vivere identità aperte nel dare e nel ricevere. Infatti, i doni dello spirito sono la serenità e l'equilibrio interiore e nelle relazioni; il perdono che accoglie, conforta, incoraggia; la pace come situazione profonda, personale e storica.

PUBBLICATO 16/06/2011

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