La Rupe Tarpea di Acri: a rischio la salute di molti disabili, nell'indiffereza.
Giulia Zanfini
La madre ci mostra le foto, tante, che delineano i tratti dell'esistenza silenziosa di questo giovane ragazzo. A vederlo accovacciato sul divano, in silenzio, non penseresti sia possinbile che questo giovane disabile abbia una vita fatta di una sua "normalità". Un suo modo di comunicare. Dei desideri. Delle inclinazioni naturali. Gli piace passeggiare in macchina, ad esempio. E tutti i pomeriggi il padre lo accompagna a fare un giro. Francesco è affetto da una sindrome rara: quella di Coffin Lowry. E se non è sottoposto quotidianamente a terapie adeguate rischia di finire sulla sedia a rotelle. Come se non bastasse già la sua disabilità, che non gli consente nessun tipo di autonomia. La stessa sindrome ha colpito anche sua sorella, Raffaella, che di anni ne ha 31. Ma in lei la sindrome non ha colpito in modo capillare le facoltà motorie, Raffaella ha altre patologie. Un altro mondo. Il signor Tricarico ci racconta la disabilità dei figli, mentre denuncia la carenza di personale nel Centro di riabilitazione di Acri. Un centro che era nato per far fronte alla riabilitazione di pazienti in età evolutiva, ma che negli anni, di fatto, ha offerto un servizio anche a quei disabili cronici che, col passare del tempo, sono entrati in età adulta. A permetterglielo era la presenza di personale capace di far fronte a tutte le domande di assistenza, del territorio acrese. Nel tempo i terapisti sono diminuiti e il centro è tornato ad essere concepito come centro riabilitativo per l'età evolutiva. E per gli adulti, il servizio, oggi non c'è più. Il signor Tricarico, che di figli disabili ne ha due, teme che Francesco finisca sulla sedia a rotelle. "Peggiora a vista d'occhio", ci racconta addolorato "prima camminava autonomamente, ora a malapena si regge in piedi, ma dopo un po', se non facciamo attenzione, rischia di cadere a terra". Questo padre ci racconta la sua storia, costellata di sacrifici dettati dall'amore per i figli. Aveva un'officina, che ha chiuso. Ha venduto tutte le sue proprietà ed ha cominciato i pellegrinaggi in giro per l'Italia, alla ricerca di una cura per i suoi bambini. La sindrome di Coffin Lowry è rarissima. In Italia ce ne sono 50 casi. "I medici non sanno dirci nemmeno come si evolverà la disabilità dei nostri figli e il nostro tormento è quello di immaginare i nostri figli soli, quando noi non ci saremo più". Il tarlo dell'angoscia che logora la vita dei genitori di persone con disabilità è spesso simile. La paura del dopo. Quando non ci saranno più. Per questo motivo molti dei genitori di persone disabili, ad Acri, hanno fondato l'associazione "Raggio di Sole". E proprio questo gruppo di genitori, ad Acri, si sono uniti per chiedere attenzione alle istituzioni e all'Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, sulle problematiche legate al Centro di Riabilitazione. Perché di storie come quelle della famiglia Tricarico ce ne sono tantissime. Nella lettera si legge: "Succede a volte, che dietro insistenza, perseveranza e arrabbiatura degli utenti o dei loro familiari si avvii nei confronti di questo o quel disabile un ciclo terapeutico, ma spesso, dopo qualche seduta e senza una plausibile motivazione e dall'oggi al domani il ciclo di terapia viene inspiegabilmente ridotto o sospeso" e ancora "circostanza che si traduce, per utenti e familiari, in sentimento di disorientamento e di sfiducia nei confronti del servizio e di chi vi opera. Malumori, tensioni, conflitti, incomprensioni e contese tra utenti, familiari e personale sanitario già finite purtroppo nei mesi scorsi all'attenzione delle competenti autorità di pubblica sicurezza". Perché la gente è disperata. E per capire realmente le condizioni di queste famiglie i diretti responsabili dell'ASP di Cosenza dovrebbero trascorrere una settimana tra le mura domestiche di famiglie colpite da questo dramma. Vite che cambiano dalla sera alla mattina. Quotidianità interrotte. Sogni infranti. Tutto a causa dell'incapacità del sistema di trovare soluzioni alle problematiche di queste esistenze, che rispondono a esigenze semplicemente diverse dalle nostre. Il vero dramma, infatti, sembra essere l'inesistenza di un progetto istituzionale reale, che vada al di là dei proclami legislativi, che sia concreto. Perché l'assenza di una rete istituzionale funzionale, di fatto, segrega letteralmente intere famiglie. Dall'assessorato ai servizi sociali del Comune di Acri ci giungono notizie poco confortanti. L'assessore Simone, infatti, sta facendo pressioni sull'ASP di Cosenza al fine di risolvere il problema. Ma l'esistenza di un Piano di Rientro, che di fatto inibisce la possibilità di assumere personale, rende la soluzione del problema lontana dall'essere trovata. "Basterebbe un solo fisiokinesiterapista" afferma la signora Tricarico "per nostro figlio Francesco sarebbe un'opportunità di non finire sulla carrozzella. Possibile che sia così difficile?". Se è vero che basterebbe un solo operatore per poter tamponare una situazione diffusa, ad Acri, dove molte persone rischiano la paralisi, allora c'è da chiedersi quanto vale la vita di un disabile per l'ASP di Cosenza. Una domanda chiara e netta. Che nel XXI secolo non dovremmo porci. La "Rupe Tarpea" del postmodernismo tecnologico sta nell'indifferenza e nell'incapacità di far fronte alle vere problematiche della collettività. D al canto suo il sindaco di Acri, Gino Trematerra, ha assicurato in consiglio comunale il suo impegno per far fronte alla situazione. Ma ad oggi queste famiglie di questi disabili sono ancora in attesa di una soluzione. E le loro esistenze, appese a un filo, meritano di essere ascoltate. |
PUBBLICATO 31/05/2011
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