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Disagi nelle scuole per gli alunni disabili L'allarme lanciato dalle associazioni.

Rosanna Caravetta
Foto © Acri In Rete
A circa 30 anni dalla legge 577 del 1977 che ha dato avvio al processo di integrazione dei ragazzi con disabilità nelle scuole pubbliche, oggi, purtroppo, nella cittadina silana qualche cosa sembra non andare ancora per il verso giusto.
A lanciare l'S.O.S l'"Anglat", l'associazione nazionale legislazioni andicappati trasporti, che da anni lavora con impegno e costanza per garantire il diritto alla mobilità dei disabili, unitamente all'associazione "Raggio di Sole" che raccoglie, invece, le testimonianze e gli sfoghi dei tanti genitori che ogni giorno convivono con il dramma di figli colpiti da handicap gravi o meno gravi.
Al centro del contendere la loro battaglia comune: l'integrazione, o meglio, nel caso specifico, la presunta mancanza di adeguati protocolli di integrazione dei disabili nelle scuole cittadine. È allarme, dunque, per le famiglie che purtroppo, guardano alla scuola come ad un luogo di formazione che «allontana ed espelle il disabile anziché accoglierlo e renderlo partecipe».
Mancherebbe nelle sedi scolastiche, ad avviso di queste famiglie, un preciso e adeguato metodo di intervento. Eppure la legge 104 del 92 "Legge Quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate" che raccoglie e integra tutti gli interventi legislativi fatti fino a quel momento, diventando il punto di riferimento normativo dell'integrazione scolastica e sociale delle persone con disabilità, non lascia spazio ad equivoci.
Riconosce, infatti, e tutela la partecipazione alla vita sociale delle persone con disabilità, in particolare nei luoghi per essa fondamentali: la scuola durante l'infanzia e l'adolescenza e il lavoro nell'età adulta. «Ma nel caso specifico della scuola – tengono a precisare i genitori – la legge citata prevede un atteggiamento di "cura educativa" che si esplica in un percorso formativo individualizzato, i Pei, alla cui formazione partecipano più soggetti istituzionalizzati, ovvero, consiglio di classe, Asl e genitori. Mai nessuno di noi – lamentano le famiglie – è stato coinvolto in tutto ciò e si è finito, così, sempre e solo a discapito dei nostri figli, con il considerare l'insegnante di sostegno come l'unico docente a cui affidare l'integrazione dei ragazzi».
Insomma, a quanto pare, più che di integrazione le famiglie sono convinte si stia invece realizzando l'esatto contrario, un fenomeno disintegrante, un fenomeno che porta ancor più il bambino a chiudersi e a vivere la scuola come una punizione anziché come un momento di crescita e socializzazione. Ma adesso queste mamme e papà, spinti dall'amore incondizionato per i loro figli, non ci stanno più. Denunciano e protestano affinché i diritti dei più piccoli non vengano lesi e si attui quella cultura della cura, dell'attenzione e della solidarietà che, oggi, sembra venir meno.
«Qualcuno sa spiegarci dove iniziano e finiscono i diritti e i doveri dei docenti e , soprattutto, dove iniziano e finiscono quelli dei nostri ragazzi?».
Infine, l'appello di queste famiglie a non essere più lasciate sole, prive di qualsiasi strumento e aiuto, a combattere quella che dovrebbe essere, non solo la loro battaglia, ma la battaglia di tutti.


Fonte: "Gazzetta del Sud" del 14-01-2011.

PUBBLICATO 16/02/2011

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