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Interrogazione sul Punto nascita.

Piero Cirino
Foto © Acri In Rete
La questione della chiusura del punto nascita di Acri arriva anche in Parlamento, con una interrogazione del senatore Felice Belisario, dietro sollecitazione del segretario regionale di Idv Maurizio Feraudo. «Premesso che: in data 16 dicembre 2010 il Governo e la Conferenza Stato- Regioni hanno firmato un accordo sul documento concernente “Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità – è scritto nel testo -, della sicurezza e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo”, tra cui il cosiddetto "Piano diriordino dei punti nascita"; tale Piano prevede la chiusura dei reparti di maternità che effettuano meno di 500 parti ogni anno e la riorganizzazione di quelli che ne registrano meno di 1.000. La chiusura riguarderebbe complessivamente 158 punti nascita su 559 nell'intero territorio nazionale; considerato che, mentre sarebbe contenuto l'impatto di tali disposizioni sulle regioni del Nord, sarebbero invece coinvolte in maniera più rilevante le regioni meridionali, in particolare per quanto concerne la Calabria, il decreto del presidente della Giunta regionale 16 novembre 2010, numero 26, ha disposto che entro il 1° maggio 2011 (ma il termine originariamente previsto era il 10 dicembre 2010) siano disattivati i punti nascita ad oggi esistenti presso le case di cura "Cascini" di Belvedere Marittimo (Cosenza) e "Villa Michelino" di Lamezia Terme nonché presso i presidi ospedalieri di San Giovanni in Fiore (Cosenza), Melito di Porto Salvo (Reggio Calabria) e Acri (Cosenza). Secondo il medesimo decreto, la scelta dei punti nascita da disattivare sarebbe stata effettuata "sulla base di quanto espressamente previsto dalle linee ministeriali e a seguito di valutazione del rischio clinico"; per quanto concerne l'ospedale di Acri, è vero che viene effettuata all'incirca la metà dei parti richiesti, risulta tuttavia molto più pericoloso cercare di raggiungere in tempi utili l'ospedale di Cosenza o quello di Rossano Calabro, a causa della condizione delle strade di collegamento della zona, spesso interessate da eventi meteorologici che le rendono impraticabili e anche seriamente minacciate da eventi franosi. Inoltre il presidio ospedaliero di Acri è stato classificato come "ospedale di montagna", riconoscimento di una specificità geografica che non può essere valido solo per alcune tipologie sanitarie ed essere disatteso per altre; appaiono dunque palesemente insufficienti valutazioni basate unicamente sui numeri, senza tener conto delle effettive condizioni dei territori».
Dunque, «ridimensionare drasticamente (in pratica, chiudere) quegli ospedali significa lasciare decine di migliaia di persone senza assistenza e senza cura».
Quindi «si chiede di sapere: se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza delle citate misure adottate dal Presidente della Regione Calabria nella sua veste di commissario ad acta; quali iniziative concrete si intendano porre in essere affinché si eviti l'abbandono di intere zone di montagna e delle aree interne calabresi, private del diritto alla salute; che cosa intenda fare per garantire ai cittadini interessati il diritto alla salute, secondo il dettato dell'articolo 32 della Costituzione »

Fonte: "Il Quotidiano della Calabria" del 11-02-2011.

PUBBLICATO 11/02/2011

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