RELIGIONE Letto 2637  |    Stampa articolo

Shoah.

sac. Sergio Groccia
Foto © Acri In Rete
Quante volte ho sentito pronunciare "beato te" con un senso di invidia dopo una conquista, un colpo di fortuna, un successo. Mai ho sentito chiamare "beato" uno sfortunato, uno in lacrime, un miserabile, uno sventurato.
Eppure Dio lo fa!
La sua bontà vuole essere forse un premio di consolazione per i deficienti? Un incoraggiamento agli incapaci? Un equilibrio di doni? Un trucco per far accettare i limiti? O è piuttosto la rivelazione di un percorso segreto per arrivare più rapidamente al Regno?
Certo che, come Padre buono, Dio rivolge la sua attenzione sempre ai più deboli e ad essi riserva un sentiero facilitato, in forza della loro situazione sfavorevole e della loro condizione di incapacità o di semplicità. Ciò che vuole farci capire, tuttavia, è che nella vita è necessaria una scelta e che le nostre "disavventure" possono diventare preziose occasioni per ribaltamenti di posizioni e guadagni in altro senso.
E' difficile, ma non impossibile, scegliere un disagio per se stesso, se non in vista di un bene superiore, come è altrettanto difficile accettare eventi mortificanti, specie se causati dagli uomini.
Eppure, il vero perdente davanti a Dio è colui che rifiuta la propria situazione invidiando quella che non gli appartiene e mai il diseredato o l'ultimo in quanto tale, che, anzi, può balzare in testa nella hit-parade celeste.
Non basta essere sventurato in vita per ritrovarsi privilegiato nel Regno, come fosse una legge di contrappasso, è necessario che quella sventura diventi un'occasione di riciclaggio della sconfitta umana, un asso nella manica per fare un colpo grosso.
Ecco perché non basta una povertà maledetta per approdare al Regno, bisogna invece che la povertà, per trasformarsi in beatitudine, diventi benedetta.
Dio ha pronta una valanga di benedizioni per coloro che sono emarginati dagli uomini o dagli eventi.
E' proprio questa la genialità di Dio, che decide la nostra sorte eterna non sull'abilità, la scaltrezza di investimenti umani, bensì sulla capacità di rinuncia.
Solo Lui poteva avere un pensiero del genere! Lui che vuole la felicità delle sue creature ha escogitato perfino il modo per riempire le tasche vuote dei poveri.
Si dichiara "Padre degli orfani e difensore delle vedove", proprio perché i penalizzati di qualunque storia trovino conforto tra le sue braccia.
E allora:
"Beati i poveri", cioè i curvi, i piegati sotto il peso dei prepotenti, le vittime indifese, quel mare di persone che non trovano accoglienza presso le società di qualunque secolo e di ogni terra; essi diventano i suoi premiati.
Non solo, ma i poveri sono anche tutti coloro che volontariamente scelgono ed intraprendono questa scorciatoia per arrivare a conquistare il Regno.
E quindi i poveri sono "i miti", coloro che affidano a Dio la propria difesa.
"Gli umili", cioè i minori, gli "ultimi" per scelta, coloro che rinunciano a qualsivoglia importanza.
I "giusti", quelli che, pur subendo mille soprusi, non si lasciano travolgere da sentimenti troppo umani che giustifichino la propria personale "giustizia".
"I pacifici", quelli che credono fermamente nella pace come valore e per essa sacrificano le proprie vedute e le proprie convinzioni.
"I fedeli a Dio", nonostante la derisione degli altri, nonostante gli insulti e le persecuzioni a causa della loro fedeltà.
Sono questi che diventano i suoi privilegiati, i conquistatori del Regno, i veri forti del mondo, quelli capaci di intuire le cose di Dio e di saperne leggere la presenza oltre ogni apparenza.
Abbiamo celebrato il giorno della "memoria", non per esaltare gli aguzzini e per incoraggiare i violenti, ma per ravvivare tra noi quella certezza che la prepotenza degli uomini non trova conforto nel cuore di Dio e che l'oppressione, che li fa vittoriosi agli occhi dell'egoismo, non li fa vittoriosi al cospetto di Dio.
Ma non è solo condanna di un atteggiamento perché non si ripeta tra i vivi, lasciando a terra i cadaveri delle vittime... sarebbe ancora poca cosa! E', invece, occasione di ricordo anche ai vivi di una beatitudine e di una benedizione per chi ha sofferto.
Gli uomini si limitano a condannare i gesti di violenza, Dio abbraccia e conforta le vittime, ridonando loro quella dignità che non è stata riconosciuta.
Qualcuno ci legge una scarsa consolazione per chi ha subito e avrebbe desiderato invece una ritorsione della cattiveria sui malfattori.
Ma il Dio di Gesù non ama condannare nessuno sulla terra, ama premiare le vittime. Del resto lo farà anche con Gesù stesso, non ostacolerà la violenza su di Lui, lo risusciterà dopo morte. (Vangelo: Mt 5,1-12)

PUBBLICATO 27/01/2011

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