Punto nascita, zero proteste!
Piero Cirino
Dal primo maggio prossimo nessuno potrà più scrivere sulla carta d'identità di essere nato ad Acri perché ad Acri da quella data più nessuno potrà nascere. Le future mamme dovranno raggiungere Cosenza o Rossano, con tutti i rischi che ciò comporta. Quello che fa riflettere è che l'annuncio della chiusura del reparto è scivolato via come l'olio. Nessuna levata di scudi e nessuna voce di protesta. Quasi che si tratti di un destino ineludibile, che nessuno, per nessuno motivo, può cambiare. Eppure Acri ha alle spalle una storia che certamente non è in linea con questo inedito senso di rassegnazione. Nel secolo scorso, il centro presilano può vantare una storia di battaglie e di conquiste che ne hanno fatto un blasone. Il sindaco Gino Trematerra nelle scorse settimane ha reiteratamente detto che l'ospedale non avrebbe chiuso e non vi sarebbero stati ridimensionamenti. L'ha pure scritto su un manifesto apparso sui muri della città. Ora dovrebbe spiegare che chiusura del punto nascita non significa ridimensionamento. Il primo cittadino ha sempre ostentato un contagioso ottimismo che ora fa a pugni con un decreto che non lascia spazio a dubbi di sorta. Il dibattito delle scorse settimane è stato caratterizzato dalla pericolosa commistione di due diversi livelli: punto nascita e futuro dell'ospedale cittadino. Presentare il primo come un necessario prezzo da pagare al secondo potrebbe risultare oltremodo pericoloso, perché togliere il punto nascita significa tornare indietro, significa esporre i parti ai pericoli, e non sono pochi, determinati da tempi di percorrenza delle distanze dilatati, talora incompatibili con le esigenze della salute di mamma e figlio. Sono considerazioni che non esentano affatto da responsabilità le forze politiche di opposizione. Ora, con il decreto di Scopelliti, è caduta la foglia di fico di un'azione accomodante nei confronti di un sindaco che aveva chiesto tempo e fiducia. Se il centrosinistra non parla e non agisce si rende corresponsabile. E' vero che esistono delle direttive nazionali, che hanno recepito quelle dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, secondo le quali occorre, per una questione di sicurezza clinica, chiudere i punti inferiori alle cinquecento nascite all'anno. E' altresì vero che ci sono esempi di deroghe e che la miopia della contabilità d'ufficio si scontra con situazioni geografiche e orografiche che quei dati non contemplano. Fonte: "Il Quotidiano della Calabria" del 25-1-2011. |
PUBBLICATO 25/01/2011
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