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La crisi finanziaria del sistema sanitario: le cause del dissesto e le possibili soluzioni attraverso un nuovo modello di amministrazione.

Francesco Paterno
Foto © Acri In Rete
La crisi economica mondiale, che affligge soprattutto un Paese come l'Italia su cui grava un pesantissimo debito pubblico, ha imposto in molti settori della gestione pubblica, una stretta drastica sulle spese correnti degli enti locali in materia di servizi e prestazioni essenziali, sanità in primis.
Quali le cause che hanno generato il malessere? Occorrerebbe partire da lontano, ci limitiamo all'ultimo decennio. Con la revisione costituzionale del 2001, venivano abrogati i controlli preventivi di cui all'art. 125 e 130.
Le disposizioni normative attuali lasciano residuare i controlli interni, ovverosia quelli che la PA esercita su se stessa, attraverso specifici organismi.
L'unica forma di controllo esterno rimane quella della Corte dei Conti.
Nello specifico della sanità, il controllo interno delle Asl/Ao viene sancito attraverso un apposito organo aziendale, l'art. 3 ter del d. lgs. 502/92: il Collegio sindacale.
Alla luce dei 47 miliardi di euro di indebitamento del sistema sanitario nazionale, emerge una considerazione abbastanza negativa dell'efficacia delle disposizioni normative in materia di controlli. Sostanzialmente si è provveduto a creare tramite le nuove disposizioni in materia susseguitesi dal 1999 in poi, un sistema per la quale la figura del controllore coincideva con la figura del controllato. Dopo questa considerazione allora la domanda sorge quasi spontanea: quale ente pubblico decide di sanzionare se stesso, ammettendo tra l'altro la sua incapacità politica e dirigenziale di governare l'ente?
Rientra inoltre nella questione dei controlli, tutta quella parte che riguarda la valutazione e i provvedimenti disciplinari nei confronti dei dirigenti pubblici, che occorre riformulare al fine di invertire la spinta propulsiva che oggi come oggi cammina sulla rotta della negligenza e dell'inefficienza degli operatori della P.A.
Infatti, al di là delle responsabilità per dolo o colpa grave attribuita al pubblico ufficiale, nella realtà dei fatti non si concretizza nessuna sanzione per coloro che venendo messi in posizione di operare in una P.A, provvedono a commettere degli errori o devianze amministrative gravi di cui la P.A. attraverso il principio di responsabilità oggettiva sarà chiamata ad adempiere.
Mancanza di controlli adeguati, immunità della classe politica e dirigenziale, gestione clientelare della spesa sanitaria pubblica, queste sono state le cause principali che hanno determinato l'esplosione del debito pubblico sanitario in Italia.
Passiamo ora alle possibili soluzioni e a quello che si sta facendo per contrastare questi fenomeni.
L'Unione Europea ci chiede in questo periodo una programmazione economico finanziaria della spesa pubblica improntata su forti principi di austerità, a cui sono costretti a ricorrere tutti i governi europei, sia loro di ispirazione socialista che conservatrice.
Oltre all'esigenza delle "sforbiciate" alla spesa pubblica, che molto spesso incidono in modo rilevante sui LEP (livelli essenziali di prestazione) il legislatore dovrebbe avvertire anche l'esigenza di riformare attraverso o mediante le disposizioni in materia di federalismo fiscale, tutti quegli aspetti che riguardano il sistema dei controlli interni, il reclutamento delle massime cariche dirigenziali, criteri deontologici dei funzionari pubblici e soprattutto nuovi strumenti che permettano alla magistratura di intervenire severamente per coloro che dolosamente o colposamente su spinta di indirizzo politico violano i patti di stabilità interni.
Queste, quasi oggettivamente, sono delle riforme strutturali che possono rappresentare una possibile soluzione al problema della sanità.
Quello sulla quale l'attuale governo sta lavorando si muove in parte in questa direzione.
Attraverso il federalismo fiscale, e più precisamente attraverso la legge delega 42/2009 si sta cercando di contrastare il fenomeno del mal governo, attraverso sanzioni da applicare in casi di responsabilità e fallimento politico dell'ente.
Questo sostanzialmente passa attraverso l'ineleggibilità per dieci anni dei governatori e dell'alta dirigenza connessa ad essa, nel caso la magistratura accerti anche con sentenza di primo grado che questi abbiano provveduto in modo doloso o colposo a destabilizzare le casse dell'ente. Il provvedimento prevede inoltre che, dopo l'accertamento delle responsabilità, ci sia un taglio del 30% del rimborso delle spese elettorali della lista che lo ha sostenuto.
Concentrarsi principalmente sul taglio della spesa pubblica, senza riconsiderare la riformulazione dell'assetto organizzativo e finanziario della P.A. (in questi casi imponendo piani di rientro finanziario del debito regresso) è un operazione che non serve a contrastare i problemi alla loro fonte.
La storia recente ci ha insegnato che, anche dopo il trattato di Maastricht e l'entrata in vigore dei patti di stabilità, i vincoli meramente finanziari imposti dall'alto verso il basso, sono serviti poco negli equilibri delle spese della nazione, in quanto questi o causa di tatticismi finanziari nei bilanci delle regioni, o per mano di dirigenti e politici incapaci di gestire una situazione ormai sotto controllo, non hanno fatto altro che alimentare ulteriore debito e ulteriori sprechi.
La via giusta per uscire da questa situazione è rappresentata dalle riforme in quegli ambiti che sono stati citati precedentemente e quindi, riformare il pubblico impiego su criteri etici, riformare il sistema dei controlli, riformare il sistema sulle imposte e sui finanziamenti attraverso il federalismo fiscale, riformare il concetto di responsabilità. Qualcuno potrebbe gridare contro a parte di questi concetti, etichettandoli come provvedimenti anti-Sud o giustizionalisti, ma forse la rigidità etica e la paura del fallimento politico, sono elementi che potrebbero responsabilizzare il ceto politico e anche l'elettorato, due corpi entrambi troppo impegnati alla massimizzazione dei propri interessi personali, che però nascondendosi dietro il velo dell'ipocrisia, si stupiscono se ancora oggi, qualche giovane vita del Sud muore per mano della mala sanità.

PUBBLICATO 13/01/2011

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