Ieri Trebisacce, oggi Acri. Le prime sforbiciate atte dal "Piano di Rientro della regione Calabria" giungono anche nell'ospedale del nostro comune. Infatti col decreto n. 18 del 22 ottobre 2010 si sancisce - secondo linee guida nazionali - la chiusura di tutti quei reparti ostetrici che non raggiungano i 500 parti annui. Tutta una questione numerica, dunque. E fin qui niente da obbiettare.
Ma sorge spontanea una riflessione: chiudere un intero reparto ospedaliero perché un numero me lo impone non è forse prendere decisioni di "vitale" importanza con troppa leggerezza e approssimazione? O meglio, non bisognerebbe valutare le situazioni caso per caso? Sembrerebbe di no. Infatti è noto come Acri, comune che conta più di 21 mila anime e con una superficie territoriale di oltre 20 mila ettari, rientri nella categoria si paese di montagna e in quanto tale il lungo inverno si presenta con non pochi agenti che rallentano la normale viabilità. Ma forse giustamente, chi si attiene solo a un numero per firmare una chiusura di un intero reparto, non si è mai trovato a percorrere le logore strade che collegano le tante frazioni satellite del comune con neve e ghiaccio. E di conseguenza non sa nemmeno che questi piccoli centri ma pur sempre abitati distano da Cosenza, il nuovo centro utile di riferimento, anche più d'ora in normali condizioni climatiche. Ironia a parte, la chiusura del reparto porterà analoghe difficoltà anche a chi vive in pieno centro, data la mancanza di un collegamento stradale efficiente e in ottime condizioni di percorrenza sino all' ospedale cosentino.
Dunque a fronte di questi non piccoli ostacoli di natura pratica e territoriale, siamo ancora sicuri che attenerci solo a un numero basti per decidere? Nessuno nega che questi provvedimenti sono atti a colmare buchi delle casse regionali e che sono di natura nazionale, ma siamo certi che non si ripercuoteranno verso chi,di quel servizio, ne ha urgenza?