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NOsocomio? Sì grazie!!!

Marcello Perri
Foto © Acri In Rete
L'imminente chiusura del reparto di Ostetricia dell'Ospedale "Beato Angelo D'Acri" è da giorni l'argomento principale delle discussioni dei cittadini. E non a torto. Dal 12 dicembre, infatti, gli stessi saranno privati di un servizio molto importante che, nonostante negli ultimi anni si sia distinto per qualità ed efficienza, non può sopravvivere per una "questione numerica": il mancato raggiungimento dei 500 parti annui.
Qualche mese fa era toccato al nosocomio di Trebisacce chiudere i battenti e inutile si era rilevata la protesta attuata dalla cittadinanza. Ma per capire meglio il perché di tali "privazioni" è necessario fare un passo indietro, fino a risalire al forte deficit che interessa la sanità calabrese e alle conseguenti decisioni prese dall'attuale giunta regionale per affrontarla. Il debito ammonta, rapportato al 31 dicembre 2008, ad 1,2 miliardi di euro. L'opera di risanamento consiste in un piano di rientro che, purtroppo, ha previsto anche la chiusura di diverse strutture tra cui quella che ci riguarda più da vicino. Nonostante l'assolutezza della situazione, diverso è il modo in cui la cittadinanza si approccia al problema.
Diverse le reazioni dei cittadini, che passerebbero dal più profondo risentimento all'indifferenza, fino all'approvazione per le decisioni prese. In particolare, sorprende la sommarietà con cui parte della cittadinanza acrese fa presto a puntare il dito contro il politico di turno. Tuttavia, l'opinione della gente è sempre troppo "soggettiva" e non è attraverso i giudizi che si trova la soluzione al problema.
A mio avviso, bisognerebbe piuttosto interrogarsi sulle effettive cause alla base. E, se possibile, scardinarle, permettendo così il cambiamento di un sistema ormai troppo vecchio e invalidato da "anomalie" ricorrenti. Troppi errori commessi, troppi gli SPRECHI, questo il vero problema. E mentre l'Italia va a rotoli, gli unici a dover pagare il conto sono i cittadini. Se è vero che il germe di un futuro migliore è nelle nuove generazioni, non c'è peggiore immagine (seppur simbolica) della chiusura di un reparto in cui proprio le nuove generazioni dovrebbero trovare la vita. Ed è da qui, dunque, che si dovrebbe ripartire per far si che la qualità di quella vita non resti solo utopia.

PUBBLICATO 25/11/2010

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