Incontrarci con la profondita’ del cuore.
sac. Sergio Groccia
E' davvero incredibile dover affermare nel 2010 che in questa drammatica condizione si trova gran parte dell'umanità. Il significato non solo materiale del cibo e della sua condivisione ha da sempre suggerito accostamenti e intrecci con le dimensioni simboliche e religiose. Non a caso dunque, il segno di riconoscimento della comunità cristiana è la celebrazione dell'Eucarestia, della condivisione, della convivialità con il Pane e il Vino, Presenza di Gesù di Nazaret e della sua vita donata totalmente; coinvolgimento con la Parola che di Lui ci parla. Non un rito dunque, ma un incontro attorno alla mensa: l'Eucarestia dovrebbe essere il segno dell'umanità fraterna, sempre da costruire, e coinvolgerci in questa grande opera. Ci sono pranzi e pranzi, cene e cene. Quelli della quotidianità nelle nostre case; quelli di alcune situazioni più festose per una ricorrenza o evento particolare; un po' diverse, ma sempre discrete nella quantità, nei modi, nei costi. C'è anche l'esperienza di qualche situazione speciale, come, ad esempio, un pranzo di nozze. Poi ci sono le tante situazioni particolari, però "normali" per chi le vive: caratterizzate dall'esclusività dei luoghi: dalle ville faraoniche, da altri edifici inaccessibili, da imbarcazioni che sono un'ostentazione inaccettabile di ricchezza, di potere, di prepotenza; dalla scelta accurata degli invitati; dal lusso smodato, dalla ricercatezza dei cibi e delle bevande; dalle spese sbalorditive per noi gente comune; dal servizio onnipresente con il lavoro di tanti stranieri di cui poi politicamente si osteggia la presenza. Le cronache di questi ultimi tempi, ripetutamente hanno reso pubblici, pranzi e cene in luoghi esclusivi, caratterizzati da lusso, spreco, uso sessuale di corpi, non più persone, sostanze stupefacenti; da progetti e trame di corruzione. Anche le mafie e l'ndrangheta utilizzano le cene e i pranzi, anche dei matrimoni, per stabilire ruoli e gerarchie, per decidere il controllo del territorio, gli affari, i guadagni, gli omicidi. Mi pare di poter collocare in quest'ambito di considerazioni il brano del Vangelo di questa domenica (Luca 14,1.7-14). Gesù si trova a pranzo in casa di uno dei capi dei farisei: Lui accetta gli inviti a incontrare le persone, per ascoltare, per parlare e insegnare, cogliendo le situazioni della vita, i comportamenti dei presenti. Questi pranzi sono l'occasione di conversazioni anche appassionate e approfondite su questioni religiose, filosofiche, politiche. Qualche esperto o dottore della legge coglie l'opportunità di esporre i propri insegnamenti. I posti a sedere sono assegnati secondo una norma precisa e rigida; Gesù nota come gli invitati siano attenti e scrupolosi nell'occupare i posti loro destinati, guidati in questo, dagli incaricati che garantiscono le gerarchie e l'ordine stabiliti. In questo contesto, è ritenuto un disonore trovarsi accanto ad una persona sconosciuta o di povere e umili condizioni. Gesù allora racconta la parabola degli invitati a nozze: è preferibile, dice, sedersi nell'ultimo posto ed essere invitati in un secondo momento ad occuparne uno più vicino agli sposi: "chi si esalta sarà abbassato, chi invece si abbassa sarà innalzato". La persona umile non ha bisogno di esaltarsi per farsi considerare e ammirare, perché sa riconoscere i propri limiti, le proprie qualità e possibilità di bene; neppure è portata ad abbassarsi e nascondersi, proprio perché riconosce il suo essere così com'è, la sua dignità di persona. Nei pranzi e nelle cene, esempio di tante altre situazioni, è importante essere noi stessi e vivere una relazione sincera, comunicativa, veramente umana con chi sta di fronte, vicino, accanto, senza scegliere le persone preventivamente, senza la preoccupazione di far colpo, di piacere comunque, di concedere o di ricevere vantaggi, anche in modo costruito, ipocrita, artificioso. Il Vangelo ci provoca a vivere rapporti sinceri, significativi, gratuiti. Con un'altra parabola Gesù ci invita ad allargare la mensa, a sedersi attorno ad essa con "i poveri, gli storpi, i ciechi"; a uscire cioè da relazioni esclusive, privilegiate, vantaggiose. Non si tratta dei pranzi di Natale o di altri momenti occasionali per i poveri, fine a se stessi; di favorire invece situazioni in cui le persone possano cibarsi: mense, centri di accoglienza e altre ancora. E insieme vivere situazioni nelle quali attorno al tavolo ci sono persone bianche e nere e provenienti da diversi luoghi del Pianeta, da diverse culture e fedi religiose; bambini/e piccoli, ragazzi/e giovani, uomini, donne, anziani; ammalati; diversamente abili; sofferenti nella psiche, carcerati; e insieme, medici e infermieri, preti, religiose e religiosi, sindaci, consiglieri regionali, presidenti, parlamentari. Insieme solo per dare e ricevere |
PUBBLICATO 02/09/2010
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