Il Paese dei Balocchi. Riflessioni sull’arte, la televisione e… le serate estive acresi.
Salvatore Reale
Questo principio è alla base di ogni singola persona e di ogni comunità, se vogliamo è un continuo progredire verso qualcosa di meglio, a livello umano e spirituale. La cosa però diviene molto difficile quando, nel mezzo di tale cammino, si intersecano difficoltà di ogni genere. Come nel caso di Pinocchio, che incontra, suo malgrado, Mangiafuoco, il Gatto e la Volpe, Lucignolo. Forse questi non sono entità reali che oggi si possono incontrare? Proviamo per un momento ad immaginare che Le avventure di Pinocchio siano qualcosa che ci appartiene profondamente, proviamo a chiudere gli occhi e a capire cosa può significare per noi questa storia. Nel capitolo decimo, del libro, Collodi racconta la disavventura del protagonista presso il teatro dei burattini di Mangiafuoco. Pinocchio entra nel teatro, nel pieno della rappresentazione, poiché “il sipario era tirato su e la commedia era già incominciata”, mentre sulla scena vi sono Arlecchino e Pulcinella che, riconoscendo Pinocchio, interrompono la loro recita e, acclamandolo, lo invitano a salire sul palcoscenico. Si crea uno scompiglio per cui il burattinaio Mangiafuoco, indignato, interviene e pensa di utilizzare Pinocchio per alimentare il fuoco che avrebbe favorito la propria cena. Il burattinaio però finisce col commuoversi e decide di non bruciare Pinocchio bensì Arlecchino. “Figuratevi il povero Arlecchino! Fu tanto il suo spavento, che le gambe gli si ripiegarono e cadde a bocconi per terra. Pinocchio […] cominciò a dire con voce supplichevole: - Pietà signor Mangiafuoco!... - Qui non ci sono signori!... – replicò duramente il burattinaio. - Pietà, signor Cavaliere!... - Qui non ci sono cavalieri! - Pietà, signor Commendatore!... - Qui non ci sono commendatori! - Pietà, Eccellenza!... A sentirsi chiamare Eccellenza il burattinaio fece subito il bocchino tondo, e divenendo tutt’a un tratto più umano e più trattabile” liberò Arlecchino e, in seguito, diede cinque zecchini d’oro a Pinocchio e lo mandò via. Vediamo altre due figure: quelle del Gatto e la Volpe. Ultimo episodio su cui ci soffermiamo è l’incontro con Lucignolo, suo compagno di scuola, che informa Pinocchio dell’esistenza di un paese straordinario, “il più bel paese di questo mondo: una vera cuccagna! […] Si chiama il Paese dei Balocchi”. Pinocchio rimane affascinato da questo luogo perché “lì non vi sono scuole: lì non vi sono maestri: lì non vi sono libri. In quel paese benedetto non si studia mai. […] Ma come si passano le giornate nel Paese dei Balocchi? – Si passano baloccandosi e divertendosi dalla mattina alla sera”. A queste condizioni Pinocchio non può far altro che accettare di partire con Lucignolo. “Questo paese non somigliava a nessun altro paese del mondo. […] Nelle strade, un’allegria, un chiasso, uno strillio da levar il cervello! […] Chi giocava alle noci, chi alle piastrelle, chi alla palla, chi andava in velocipede, chi sopra un cavallino di legno; questi facevano a mosca-cieca, quegli altri si rincorrevano; […] chi recitava, chi cantava, […], chi mandava il cerchio, […] chi rideva, chi urlava […]; insomma, in tal pandemonio, un tal passeraio, un tal baccano indiavolato, da doversi mettere il cotone negli orecchi per non rimanere assorditi”. Ritorniamo alla domanda iniziale: quale analogia ci può essere tra gli episodi sopra descritti e la realtà attuale? Forse quella di Collodi rimane pura fantasia. Forse ciò che lo scrittore ha prodotto con la sua penna non è opera d’arte. Che cos’è un’opera d’arte? Qualcosa di geniale, che rimane intatta nel tempo, qualcosa che gli anni non consumano perché ha sempre da dire, da raccontare, da suggerire. Un’opera d’arte è un oggetto che il tempo non cancella. Allora se è così Le avventure di Pinocchio, che è un’ opera d’arte, deve per forza suggerirci qualcosa rispetto alla realtà attuale, perché se un’opera non trova un aggancio nel presente è solo una cosa del passato e, come tutte le cose del passato, non hanno più significato di esistere nel presente e nel futuro. Non vi è più la letteratura che mi fa ragionare ma il tronista di un noto programma televisivo; non c’è più arte che apprezzi se non la danza, il canto e la recitazione dei personaggi di certi altri programmi; quelli sì che sono artisti, persone che meritano il mio applauso, anzi, persone che meritano di essere seguite giorno per giorno dalla mia presenza davanti allo schermo. Figuriamoci poi se ho la possibilità di vederle dal vivo: è un vero è proprio “dolce delirio”. Cosa fare allora? Molto significativa è stata una frase formulata dall’organizzatore del Festival Manouche 2010, in Acri (una iniziativa che ha visto musicisti “veri” esibirsi, ma poco seguiti), il quale, prendendo il microfono, alla fine del concerto del grande chitarrista Moreno, ha detto: “Bisogna che i giovani seguano questa musica, questi artisti sono delle persone semplici ma degne di ricevere i nostri applausi. Per fare questo c’è bisogno di spegnere la televisione. Perché in televisione cosa possiamo guardare di buono? Nulla”: Sacrosante parole. Perché la piazza, al concerto di Moreno, non era stracolma, invece in altri concerti lo era? Perché la gente, in se stessa, ha accettato la non arte all’arte. Perché ci si lascia invadere dai fenomeni televisivi e non si riconosce la vera essenza dell’arte, della cultura. Questo è un aspetto molto triste della realtà di oggi. Bisogna prendere alla lettera le parole semplici, umili e genuine dell’organizzatore del festival, appena citato. BISOGNA SPEGNERE LA TELEVISIONE. Questo cosa significa? Non significa solo premere il tasto power del telecomando, bensì non lasciare che la televisione invada la nostra vita, i nostri gusti, il nostro modo di ragionare. Non lasciare che il mondo televisivo entri a far parte violentemente delle nostre esistenze, delle nostre comunità. C’è bisogno che l’arte sopravviva e la spazzatura venga spazzata via. Come finisce l’esperienza di Pinocchio nel Paese dei Balocchi? Che un bel giorno si sveglia e si accorge di essere diventato un asino. Per ovviare a questo bisogna difendere l’arte, la cultura, spegnere, appunto, la televisione nella nostra vita, altrimenti anche noi, un giorno, ci accorgeremo di essere diventati dei veri e propri CIUCCI. (Quest’ultima espressione non vuole essere alcun riferimento al “Palio dei Ciucci”. Lodevole iniziativa svoltasi in Acri il 10/8/2010). |
PUBBLICATO 13/08/2010
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