Ho accettato volentieri di scrivere questa noticina su Vincenzo Pirillo, il “maestro”, come tutti l’hanno sempre chiamato, e maestro lo è stato davvero e a lungo per intere generazioni di scolari nella sua città di Acri. L’occasione è di quelle eccezionali, perché Pirillo ha raggiunto l’invidiabile traguardo dei cento anni, essendo il 1909. Personalità poliedrica, è autore di numerosi interventi di natura pedagogica e didattica apparsi su vari organi di stampa. Ha pubblicato diversi lavori: Dal metodo globalenaturale, La giornata del maestro, In difesa dello studente sul suo magistero educativo, ma ha scritto anche racconti e poesie.
Il suo testo poetico più significativo resta Preghiera al sole per l’ultimo schiavo uscito nel 1963. Ha iniziato a scolpire giovanissimo seppure in una realtà priva di riferimenti e tradizioni. Fra i lavori si annovera una magnifico bassorilievo dedicato al patrono della sua città, tuttora custodita in quella che viene chiamata la casa del Beato Angelo nel quartiere Casalicchio, e che necessiterebbe di un minimo di restauro. Diversi anni fa avevo sollecitato la giovane nipote che vive a Firenze, di approntare un inventario delle sculture (dove sono finite, chi ne è in possesso, quando sono state realizzate), utilizzando le fotografie delle stesse, le cartoline su cui Pirillo le aveva stampate, le riviste scolastiche e i giornali dove sono spesso apparse. Personalmente ne possiedo alcune dove sono riprodotti i medaglioni in gesso di Cavour e Garibaldi, i Julia letterati, una fotografia a colori della testa del poeta Scervini e del bassorilievo del Beato Angelo, ma anche due cartoncini in bianco e nero che raffigurano le sculture de Il maestro e Lo scolaro. Da quanto mi aveva a suo tempo detto Pirillo, alcuni lavori dovrebbero trovarsi presso il Provveditorato scolastico di Cosenza, ma dai ritagli dei giornali che il maestro ha conservato e dalle sue lettere, non dovrebbe essere difficile individuarne gli attuali possessori. Una testa dell’ex senatore Spezzano è stata esposta per anni su un basamento lungo le scale di quella che era un tempo la famosa Colonia Varrise, opera ora in possesso degli eredi Spezzano; me la ricordo bambino perché in quella Colonia avevo passato alcune vacanze estive, come tanti altri bambini poveri di Acri. Fino ad oggi purtroppo quell’inven - tario non è stato fatto. È andata meglio invece ad una raccolta di racconti di cui mi ero occupato nel ’92, e che avevo fatto pubblicare da una casa editrice di Milano con il titolo “L’incanto della realtà” con una mia introduzione.
Ha scritto dei racconti di Pirillo in una lettera di cortesia Pietro De Seta: “Nelle antologie scolastiche vi sono racconti che sono notevolmente meno pregevoli dei vostri. Quindi, da questo lato, io includerei senza tema di sbagliare, uno dei vostri racconti nelle antologie scolastiche, senza avere la presunzione di additare un capolavoro, ma certamente con la certezza di avere scelto un racconto pregevole e intessuto di arte e molta umanità”. Misembra che De Seta abbia colto nel segno, ma non si capirebbe l’esigenza di Pirillo (scrivere racconti per i suoi allievi equivale ad una sorta di obbligo morale) il cui fine è apparentemente letterario, ma sostanzialmente pedagogico e morale. Da qui la scrittura scorrevole, a tratti colloquiale, ma non priva di poesia, di bellezza formale e di una certa capacità di penetrazione.