Mi hanno telefonato tanti cari amici dal Nord Italia, i quali hanno appreso dai Tg nazionali il grave fatto di sangue accaduto ad Acri: "Dunque non è più isola felice il tuo paese?", mi chiedono.
Rifletto come tanti concittadini, credo,con l'animo colmo di amaro sgomento sul triste fatto di cronaca accaduto, che ha ad oggetto, ahimè, NON un disastroso evento naturale, una tegola buttata giù dal vento, un cornicione che crolla, un terreno che franando ci investe. A bruciare vivo un giovane,pare siano stati invece altri giovani, con efferato e spietato disegno.
Il fatto si colloca chiaramente nella sfera di quella pericolosa ed estesa devianza giovanile, della quale si parla e sparla a destra e a manca, con l'ausilio di emeriti psicologi, psicanalisti, sociologi, educatori e perché no, politici di turno. Tutti alla ricerca di cause e soluzioni, di diagnosi e terapie. Dato di fatto è però, che i tentativi, seppur encomiabili, stentano davvero a rivelarsi risolutori.
E di fronte a fatti come l'ultimo accaduto, da adulti consapevoli e maturi, dobbiamo sentirci tutti COLPEVOLI e tutti VITTIME.
Forse appare malsano e paradossale, ma le fiamme che hanno avvolto il giovane Greco, le abbiamo appiccate un po' tutti: cittadini e genitori distratti o assenti, operatori sociali inermi,amministratori in stand-by, forze dell'ordine forse in numero ridotto.
E il dolore della morte di quel figlio,che quella madre snaturata e "vegetante" non sente più, non lo sentiamo forse un po' tutti?
E la nera pena,insieme alla rabbia, certo, per i giovani"carnefici" non è solo dei loro genitori.
Mi torna in mente una frase di un mio professore, docente universitario, il quale ripeteva che i giovani sono lampade da accendere, non vasi da riempire …
Forse troppo spesso come genitori, come educatori, come amministratori, confondiamo il bilancio affettivo ed umano con quello economico. Non è una partita di dare ed avere, che si gioca nel campo dell'educazione giovanile, ma piuttosto una sfida continua nel dare vicinanza vera,a questi giovani che spesso la relazione sociale produttiva rifiutano, è vero, ma è qui la sfida. Forse è proprio qui la piaga.
Ecco dunque l'esigenza di spendersi,senza distinzioni sociali o politiche, per produrre RELAZIONE D'AIUTO; specie nei piccoli centri come il nostro, dove ancora,vivaddio,i fenomeni devianti non sono ancora alla metastasi totale, dove ancora spettri infernali di droga e mafiosità sono infiltrazioni a mio parere, seppur gravi, tuttavia ancora arginabili.
Ecco la denuncia che in un mio precedente scritto avevo pubblicato e che ribadisco a gran voce: NON LASCIAMOLI SOLI.
E magari se sostituissimo a qualche kermesse politica, qualche incontro avente ad oggetto i problemi giovanili? Se sostituissimo qualche conferenza sulle"favolose"opere architettoniche create, o qualche passerella elettorale sul futuro della sinistra o della destra, con incontri volti a recuperare ed incontrare la "nostra"gioventù?
Chissà che forse così facendo non passiamo su qualche Tg nazionale con la bella notizia :"Acri, tranquillo paese dell'entroterra silano, premiato come il miglior comune italiano per avere investito tutte le risorse disponibili sulla formazione giovanile".