Un lutto, quasi per definizione, non può essere accompagnato da aggettivi. Ma ve ne sono alcuni che riescono a sprigionare un’eco formidabile, tale da suscitare emozioni collettive. Ieri pomeriggio è morto Pino Roman. Il suo nome non è tra quelli altisonanti, legati al mondo del calcio, dello spettacolo o della politica. Pino era un ragazzo down ed è morto in ospedale, all’età di 37 anni. Abitava al Casalicchio, un rione del centro storico acrese. Qui sembra che i legami parentali non abbiano senso, perché si è tutti parte di una grande famiglia. Il problema di uno diventa quello di tutti e la gioia di un singolo si trasforma in una grande festa di piazza. Pino da sempre ha vissuto in questo clima e nessuno lo ha mai considerato un diverso. Sorrideva alla vita, che non gli ha sorriso.
Lo incontravi di frequente seduto su una sedia davanti a un bar del centro storico, di cui ormai rappresentava una sorta di quotidiana appendice. Sorrideva e salutava tutti e tutti gli sorridevano e lo salutavano. La sua presenza riconciliava con quanto di genuino la vita offre e non era mai inopportuna, anche perché discreta e ricca di entusiasmo. La sua morte ha gettato nel lutto non solo la sua famiglia, ma anche una comunità, che da ieri si è scoperta più povera. Non solo le sue due sorelle, suo fratello e sua mamma, ma una sorta di commozione collettiva ha accompagnato la notizia della sua morte. Pino era considerato come un figlio o un fratello da parte della comunità. Le esequie sono state celebrate domenica pomeriggio, alle ore 15, nella basilica del Beato Angelo.

Fonte: "Il Quotidiano della Calabria" del 01-02-2009.