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Morte di un anarchico poeta (Fabrizio de Andrè).

Andrea Siciliano
Foto © Acri In Rete
L’11/01/09 ricorre il 10° anniversario della morte del poeta musicista Fabrizio De Andrè, un uomo che ha reso la musica voce per chi voce non aveva.
De Andrè nasce il 18 febbraio del 1940 a Genova ,sin dai suoi primi passi nel modo della musica rivolse il suo sguardo ai diseredati e agli invisibili della società, è fu uomo come pochi: forte e schietto sostenne i suoi ideali di vita fino all’ultimo respiro.
Fra i 16 e i 17 anni De Andrè inizia a documentarsi politicamente, legge Bakunin, questo influenzerà per sempre il suo modo di pensare e di concepire la vita che lo catapulterà verso l’anarchia, destinata ad appagare solo in parte la sua inquietudine esistenziale. Il suo essere anarchico passa attraverso mille esperienze: la vita in campagna, le bande di quartiere; le contraddizioni tra quello che i suoi genitori avrebbero voluto che lui diventasse e quello che lui in realtà era, sceglieva e cercava di essere. Essere anarchici è una categoria dello spirito e della mente. Lui poteva suonare per una festa del PCI, oppure votare per un amico onesto di destra.

De Andrè: un libertario tollerante.
Leggendo i suoi testi si può capire come centrale fosse per lui l’idea del potere nelle sue diverse forme. Per me e per molti altri come me, Fabrizio De Andrè è stato un punto luminoso nel buio, un modello di vita da seguire, un modello di uomo , una persona eccezionale che si interrogava di continuo su se stesso e sull’esistenza, coerenza era la sua parola preferita.
Attraverso le sue letture, le sue esperienze scopri, che quegli uomini che vivono ai margini della società: ubriachi, ladri e barboni sono molto più autentici, veri e solidali con se stessi e con gli altri di quelle squallide persone che a volte detengono il potere. Di queste “personcineDe Andrè sosteneva ce ne fossero tantissime e alle volte molto vicino a noi, ma noi saremmo troppo presi da mille pensieri per poterli riconoscere. Afferma che:”gli stronzi sono senza speranza, e del resto non ne hanno bisogno. Proprio perché sono stronzi , tutto gli sembra semplice”.
Nel 1960, durante l’estate, De Andrè scrisse aiutata da Celia Petracchi, quella che ha considerato la sua prima vera canzone, “La ballata del Michè”, fortemente influenzata dalla canzone esistenzialista francese.
De Andrè spesso si isolava dal resto del mondo per meditare su se stesso e su quello che gli stava intorno, rifugiandosi nella natura. Proprio in uno di questi momenti scrisse la canzone “Il Pescatore” dedicata a Gege Cardillo, uomo di mare e pescatore suo grandissimo amico.
La collaborazione con Vittorio Centanaro, abile chitarrista di imposizione classica ha dato vita a splendide canzoni come: Si Chiamava Gesù e La Guerra di Piero. Anche se per quest’ultima De Andrè si ispirò a Brassens. Quando usci come album “La Guerra di Piero” resto praticamente invenduta per 5 anni. Altre opere come “La Canzone di Marinella”, ispirata da un fatto di cronaca, “La Città Vecchia” che riflette sul fatto che ci sia ben poco merito nella virtù e ben poca colpa nell’errore; “L’amore Perduto” dedicato a Puny Rignon (prima moglie che gli diede il suo primo figlio Cristiano); e tantissime altre, restano indelebili in noi, perché scritte sempre in sintonia col suo modo di pensare e di vivere, mai banale.
La sua fortuna nel mondo della musica, è da attribuire sicuramente a “La Canzone di Marinella” cantata da Mina nel 1967 e inserita nell’ album dedicato al di lei padre.
Nel 1974, e dopo la separazione con la sua prima moglie, De Andrè conobbe Dory Ghezzi ,che divenne prima sua amante e successivamente sua moglie, nonché manager personale, affrontando con lui un lungo viaggio artistico e umano.
Dori, donna dura e diffidente, con Fabrizio fu dolce e affettuosa standogli vicino nei suoi periodi difficili.
Durante il natale del 1998 De Andrè viene ricoverato in un ospedale a Milano dopo 2 giorni entra in coma per decedere l’11 gennaio del 1999 alle 2,15. Muore quell’uomo, quell’artista, quell’anarchico che ha dedicato la sua vita alle minoranze ai diseredati, dando loro una voce e difendendo attraverso la musica i loro diritti valorizzando “l’essere” piuttosto che “l’apparire” .

Pensa che bello che dove finiscano le mie mani debba in qualche modo incominciare una chitarra”.(Fabrizio De Andrè)
Dai diamanti non nasce niente dal letame nascono i fiori”.(Fabrizio De Andre)

PUBBLICATO 08/01/2009

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