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Una bomba ecologica incontrollata.

Vincenzo Barone
Foto © Acri In Rete
La discarica comunale di contrada Manzi è incustodita. Nessun controllo, né in ingresso e né in uscita. Nessuna sbarra o cancelli, che impediscano ai curiosi di accedervi. Tutto aperto e ben visibile per chi voglia avventurarsi nella zona, forse la più nascosta del territorio di Acri. Il posto è stato scelto ad hoc. Tra due versanti di montagne, incastonati all'inizio dell'Altopiano, poco prima del Parco della Sila, sorge questa immensa conca. A prima vista l'aspetto è terrificante. Cataste di rifiuti, di dimensione incalcolabile, si sostituiscono ai colori della vegetazione.
Un paesaggio drammatico, il cui silenzio viene rotto dal gracchiare dei corvi che, svolazzando nel cielo, rendono più cupa l'atmosfera. Le ipotesi della discesa a valle a piedi cessano definitivamente di esistere quando si percorre qualche metro, dopo quella che diventerà la stazione di controllo e di pesatura dei automezzi. Senza mascherina o altre protezioni per l'apparato respiratorio scendere ancora diventa un suicidio.
Esalazioni (anche tossiche?) del materiale in decomposizione depositato impongono l'allontanamento immediato. Non è possibile resistere senza trattenere il fiato. Una pala meccanica ferma nell'area dà un senso all'accumulo di buste lungo il costone della montagna, purtroppo senza dispositivi di impermeabilizzazione al suolo. C'è un solo cartello: quello relativo ai lavori di ammodernamento e bonifica della discarica. Ci sono i nomi dei progettisti, del direttore dei lavori e di quelli operativi, degli ispettori di cantiere e degli altri professionisti incaricati, accanto all'importo totale dell'opera, pari a 2milioni e 300 mila euro, finanziato dalla Regione Calabria. Non ci sono le date di consegna, inizio e ultimazione dei lavori. Non c'è un solo cartello che indichi la presenza di un'area pericolosa per la quale vige il divieto di accesso.
Non solo, non c'è un solo divieto di scarico di materiali speciali. Chiunque potrebbe entrare nella discarica e depositare rifiuti di qualsiasi tipo. Il fatto grave è che in assenza di una adeguata impermeabilizzazione, il percolato viene ad essere assorbito dal terreno.
Si provi ad immaginare cosa potrebbe succedere se venisse contaminata qualche falda acquifera. Inoltre, nessuno si è preoccupato che questa discarica è posizionata a valle di un'opera di sbarramento quale la diga sul lago Cecita. Accanto a ciò, l'incuria e la trascuratezza fanno il resto. Non è raro che proprio a Manzi, soprattutto durante i mesi estivi, si sviluppano incendi.
Nonostante tutto, nessuno prende coscienza. Non una parola, anche dalla classe politica, per far partire nell'immediato una campagna di rilevamento per la valutazione della qualità dell'aria, del suolo e dell'acqua. Molti acresi addirittura non conoscono il posto. Arrivarci non è difficile: basta percorrere la strada che dall'icona del Pettoruto arriva a Montagnola.
In prossimità di una casa abitata, che si trova a ciglio strada, basta girare a destra. È lì che si trova l'inferno.
















PUBBLICATO 23/12/2008

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