Lettera Letto 2708  |    Stampa articolo

Risposta al sig. Preside del Liceo ginnasio, prof. Luigi Aiello.

Rosanna Capalbo
Foto © Acri In Rete
Il sig. Preside del locale Liceo ginnasio risponde alla mia lettera con considerazioni che inficiano il contenuto del mio scritto perché scadono nel meramente personale.
Acri conosce me e la mia famiglia.
È, comunque, caso positivo, sia pur fortuito, l'appartenere alla storia di questa comunità da seicento anni (non sono dunque l'ultima arrivata!) e avere il proprio cognome su una strada.
È per me titolo d'onore l'essere stata laureata in lettere, è cosa pubblica, con 110/110 e lode.
Mi dispiace per chi non può vantare altrimenti.
La mia lettera, che non conteneva alcun insulto, riportava solo fatti. Non mi appartiene l'insultare o il cercare privilegi. Non mi è consentito dall'educazione che mi è stata data.
Essere ricevuta dal sig. Preside sarebbe stato non un privilegio ma un mio diritto.
Ho interpretato un umore condiviso da molti genitori di ragazzi che, dal 2001 al 2008 (anni otto), hanno frequentato il Liceo classico e ho riferito esperienze vissute.
Sono titolata a parlare e scrivere perché sono una madre capace di giudicare che cosa i professori abbiano dato alle mie figlie.
Certo, se fossi stata una contadina analfabeta sarebbe stato meglio per il sig. Preside che, schivo, "governa" un "glorioso" Liceo che c'è stato e che non c'è più.
La risposta-difesa del sig. Preside è l'ulteriore conferma che la SICUMERA impera al Liceo classico: ma, nel tempio delle umane lettere, dovrebbe imperare la libertà di critica.
Una difesa sicuramente poco elegante (come si può scrivere "vomitare insulti"? Il Preside dovrebbe saper stabilire la differenza fra l'italiano parlato e quello scritto).
Il riferimento da me proposto all'illustre Ettore Paratore era pertinente: preciso che il prof. Paratore è stato insegnate di grammatica greca (in tale veste lo chiamai in causa) e latina a Roma nell'anno scolastico 1947/48, come riporta a pag. 140 il volume XIV del "Grande Dizionario Fedeli", edito da UTET.
Io non ho mai avuto l'onore di incontrare, per parlare di contenuti, il signor Preside, modesto e schivo quasi non ci fosse.
Nella primavera del corrente anno, sollecitato dalla professoressa Belsito, mio marito si è recato a scuola: non certo per ottenete benevolenza o privilegi, ma solo per domandare che cosa mai avessero fatto i docenti per destare l'attenzione o l'interesse di nostra figlia.
Non ha ricevuto risposta alcuna.
Alla professoressa Leonetti, intervenuta sul sito con vibrante peana (o forse epicedio?), rispondo che io ho riferito le mie esperienze e che lei non entra nel percorso narrato poiché insegna in sezione diversa da quella frequentata dalle mie figlie.
Le auguro, qualora sia madre, di poter raccontare di ben diversi e più edificanti episodi di vita scolastica dei propri figli. Ricordo alla professoressa che la virtù individuale, da lei profusamente illustrata è, purtroppo, monca se manca "la squadra". Le rammento che il Suo Liceo è, da diverse stagioni, oggetto di pubblico interesse per la "vivacità" occorsa fra i docenti e fra questi e taluni alunni e che, pertanto, la mia voce giunge in ritardo.
Le scrivo pure che "le parole sono pietre" soprattutto se rivolte agli adolescenti fragili che sono i ragazzi del nostro tempo.
Il Liceo non è "la fucina" idilliaca descritta dal sig. Preside.
Le mie ragazze sono uscite dal Liceo con il solo desiderio di DIMENTICARE.
Questo, il risultato di otto anni dozzinali e inutili.


p. s. il refuso è ammissibile in tale sede: capita alla migliori firme delle migliori testate. Qui, non diamo lezioni. Non siamo seduti in cattedra.

PUBBLICATO 25/07/2008

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