Non basta e non serve parlare in dialetto per farsi capire.
Piero Cirino
E' stato il capogruppo Mario Fusaro a motivare la scelta di collocare momentaneamente i stand - by il partito del “Sole che ride”. In sostanza, i Verdi non hanno accettato il ridimensionamento di Franco Monaco, al quale era stata tolta la delega all'Urbanistica. Questa mossa ha reso vano anche il minirimpasto che avrebbe dovuto garantire al sindaco sonni più tranquilli. Infatti ora si ritrova con una maggioranza in cui vi sono tre consiglieri e due forze politiche che non hanno rappresentanti in giunta. La crisi ha origini lontane ed è stata alimentata da errori politici che hanno avuto nel rimpasto dello scorso mese di settembre una loro manifestazione evidente. In quella circostanza il primo cittadino decise di accettare supinamente diktat e pressioni dei partiti di maggioranza. Si è creato in quella circostanza un pericoloso precedente. Quanto accaduto ha visto protagonisti quattro consiglieri che fino a qualchemese fa militavano nello stesso gruppo consiliare, quello dei Verdi. Mentre Alberto Vuono e Mario Fusaro hanno difeso a oltranza l'operato dell'assessore Monaco, Tommaso Bonparola e Angelo Bruno, fuoriusciti dal partito, hanno costituito un gruppo indipendente rivendicando una rappresentanza nell'esecutivo. Hanno indicato il consigliere comunale del Pd Walter Manes e hanno comunicato la loro scelta al primo cittadino. Nella redistribuzione delle deleghe l'Urbanistica veniva affidata proprio a Manes e questo ha determinato la reazione dei Verdi. Per i paradossi che solo la politica può regalare, Walter Manes, la cui cultura politica ha profonde radici socialiste, quando aveva deciso di aderire al Pd determinò la scomparsa dei socialisti dal consiglio; ora che è diventato assessore il Psi è sparito dalla giunta. In questo caso il nesso non è affatto automatico, nell'altro si. Nel dibattito sul bilancio ha suscitato non poche polemiche la decisione del sindaco di dar vita al suo intervento in dialetto acrese. Quando si rappresentano istituzioni pubbliche, la forma diventa anche sostanza e certe licenze sono inammissibili. Se la scelta del dialetto è stata fatta per garantire maggiore penetrazione ai concetti espressi, la strategia comunicativa si è rivelata un boomerang. Il gergo utilizzato da un primo cittadino penalizza oltremodo il decoro delle cariche pubbliche. Fonte: "Il Quotidiano della Calabria" del 18-07-2008. |
PUBBLICATO 18/07/2008
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