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Pasquale Rago: il Robin Crusoe di Acri.

Roberto Saporito
Foto © Acri In Rete
In una società industrializzata e dove imperano consumismo ed alta tecnologia, una storia come questa stenta ad essere considerata veritiera. E se qualcuno gliela avesse raccontata, invece di constatarla di persona, anche il cronista avrebbe nutrito più di un dubbio. Per Pasquale Rago, classe ’43, celibe, il tempo si è fermato agli inizi del 2004 quando, cioè, dalla Germania è tornato nel suo paese natale. Qui, però, non ha trovato né affetti né amici né tantomeno un tetto sicuro.
Nella nazione dove numerosi acresi hanno trovato fortuna negli anni ’70 e ‘80, Rago si era trasferito quando aveva trenta anni e per venticinque ha fatto il cuoco presso un noto ristorante di Colonia guadagnando circa tremila euro al mese. L’avvento dell’età pensionabile, qualche problema di salute ma soprattutto il poter contare su un bel gruzzolo messo da parte dopo anni di sacrifici, spinsero il Rago a tornarsene nella sua amata Acri per trascorre in santa pace la vecchiaia alle pendici della Sila accanto ai parenti ed a qualche amico di infanzia. Ma mastru Pasquale non aveva messo in conto l’indifferenza e la poca solidarietà. Nessuno, infatti, gli ha aperto le porte. Compreso le istituzioni.
Mi ci signu rivuatu na vota sula”, dice con marcato accento acrese.
Pasquale Rago, uomo intelligente, gran lavoratore, rivendica orgoglio e dignità e non accetta assolutamente la definizione di clochard. Da cinque anni, però vive in un mondo tutto suo e con ritmi dettati dalle sue esigenze. La sua è una storia singolare ma non per questo non umana. Il Robin Crusoe di Acri potrebbe benissimo impartire lezioni di sopravvivenza e lui sì che sarebbe un sicuro vincitore de “L’isola dei famosi”.
Mastru Pasquale non rincorre il tempo, per questo non è stressato, non possiede orologi e telefonini non sa che la televisione, perché non ne ha nemmeno una in bianco e nero, sta trasmettendo gli europei di calcio e che ci governa Berlusconi. Non ha problemi di scadenze di bollette e radio e sveglie gli danno fastidio. E non gliene frega un tubo se il petrolio continua la sua ascesa. Chi lo vuole lo può trovare in via Calatafimi, nel centro storico. Fisico asciutto, capelli brizzolati, senso dell’humor e vero gentleman, Rago ci accoglie nella sua casa. In realtà si tratta di un vero e proprio ghetto immerso tra una folta e selvaggia vegetazione dove spesso trovano riparo serpi, cani, gatti ed altri animali.
No, un tiegnu paura e chissi, è l’omo che è bastardu.” Il vivere a contatto con la natura gli ha insegnato a rispettare l’ambiente, la flora e la fauna. Sono da poco passate le quattordici quando andiamo a trovarlo. Lo troviamo sull’uscio della porta d’ingresso intento a riscaldarsi una minestra di fiori di camomilla in una vecchia quadara di rame esposta al sole cocente. Il primo impatto ci regala forti emozioni fatte di tristezza e stupore. Basta poco per capire che quest’uomo vive allo stato primitivo. Lui, però, oramai se ne è fatta una ragione di vita e addirittura ci ride sopra. Accenna ad un non troppo convinto diniego quando gli chiediamo di poter entrare. “Un facitu casu allu disordine, però”, ci dice. Poi ci apre le porte quasi a dimostrare con orgoglio e soddisfazione in che condizioni riesce e campare. Ci accompagna zio Rosario da Frosinone, che, dopo due anni di intense ricerche, lo ha reso “visibile” riuscendo ad ottenere l’iscrizione all’anagrafe e il rilascio della carta di identità. Fino a qualche giorno fa Pasquale Rago era un apolide, sconosciuto ai più e senza diritti e doveri.
Ma da oggi non è più cosi e tra qualche mese potrà riscuotere la pensione minima sociale in attesa di una sistemazione dignitosa che non sia una casa di riposo; “mi aspetto un appartamento, anche piccolo”, dice.
Rago dimora in un rudere fatiscente, parzialmente senza tetto, privo di servizi igienici, acqua, luce e gas composto da due grandi stanze. Una, l’ex cuoco, l’ha adibita a ripostiglio dove bidoni e bottiglie hanno il compito di raccogliere l’acqua piovana che poi servirà per le pulizie personali o per cucinare. “Quannu un chiova vaiu alla funtanella”, sottolinea. Nell’altra, accanto al caminetto, un letto ad una piazza e mezza, un tavolino e varie cianfrusaglie.
Il cinguettio degli uccelli ed un panorama mozzafiato per la vicinanza della valle del Mucone, fanno da sfondo. La giornata per mastru Pasquale, soprattutto in questo periodo, comincia presto. Alle 5 è già in cammino ma non sai mai dove trovarlo. Discreto e taciturno si lascia andare a lunghe passeggiate. “Io un tiegnu orari, mangio, duormu e iescu quannu vogl’iu.” E se qualche conoscente gli offre da bere o magiare quasi sempre rifiuta. A dargli una mano è l’orologio della Torre antica posizionata a pochi metri dalla sua dimora che scandisce il tempo di un uomo libero e orgoglioso, che da un tenore di vista benestante è passato ad un altro che più di uno addirittura invidia.





PUBBLICATO 27/06/2008

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