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Vado al massimo, vado in Messico.

Angelo Sposato
Foto © Acri In Rete
Talvolta mi chiedo a cosa serva, per dirla anche alla romanesca, “baccagliare” sugli argomenti. E’ spesso inutile e, purtroppo, innocua la sortita dei miei, dei nostri scritti di fronte al marmo di un’indifferenza instaurata attraverso il giogo dispotico della politica e del familismo locale, senza scordarci del ricatto clientelare e del cieco interesse personale in termini di potere e gestione delle risorse. Le chiacchiere slabbrate ed ascoltate nei luoghi dove più si esercita il rito della discussione, sia in forma intellettuale che turpiloquiale, mi fanno percepire che nei cittadini di Acri esista una solida consapevolezza della nostra realtà, anche se per timore, non solo riverenziale, non viene espressa in una forma più sostanziale di contestazione. Da quel che sembra dal disarmo degli acresi, dovuto pure ad un embargo culturale fortemente voluto sempre dalla classe dirigente, c’è una forma di ricatto e di baratto tra chi in generale detiene il potere, politici ed imprenditori o funzionari di vario genere, e noi cittadini disposti all’accondiscendenza indistinta su ogni gesto di questa classe, a mio giudizio popolata da molti incompetenti specializzati, però, nello scopo personale. E’ oscurantista la pratica della “cupola”, non nel senso prettamente mafioso, ma come idea di gruppo non meglio definito, ed il congenito sottostare a questa pece sculturale di noi popolazione, che riceviamo direttive da incidente frontale e le eseguiamo pur sapendo la meta suicida. Purtroppo, funziona ancora l’impostazione da codazzo nella comunità acrese, con i soliti ed anche nuovi signorotti e poi i cortigiani ed il resto a sentirci sudditi. Si nota ancora oggi l’altezzosità e la protervia della categoria impiegatizia, che rendono il rilascio di un semplice documento come un privilegio riservato a pochi, ed ancora si nota quella sorta di razzismo di classe contro chi non appartiene a discendenze di rango, siano esse di famiglia ricca o di medico dell’ospedale o di impiegato di un qualsiasi ufficio comunale. Vi ricordate chi erano i vostri compagni di scuola?
Queste cose, è vero, accadono pure altrove, l’impostazione di tipo monarchico fa parte di questa Repubblica mai apprezzata e mai resa viva per le sue promesse nella costituzione. Comunque, ad Acri dopo l’avvento di un certo benessere, di ritorno dall’emigrazione, con l’apertura di scuole, uffici, i quali determinavano un centro cittadino importante, ogni cosa è andata in mano a questa cosiddetta borghesia di avvocati, professori, ingegneri, medici ed impiegati, che nulla ha di intellettuale se non un titolo di studio e la quale ha sempre lavorato nell’antico modo di tutelare il parco del palazzo e non gli orti degli abitanti della città. Si vedono tante azioni che rispecchiano questo tipo di mentalità prevaricatrice, modellata su una maschera di contemporaneità, piuttosto televisiva, che però nasconde la spietatezza di chi ha il potere di decidere le sorti economiche e politiche, nel tentativo, sempre riuscito, di mantenere le proprie fila nella gestione e nello scavalcare, talvolta, anche la legalità. Un tempo Vincenzo Padula lottava contro Sprovieri. Ma oggi Sprovieri si chiama in tanti altri cognomi.

PUBBLICATO 09/05/2008

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