Strage del Venerdì Santo, dieci anni di dolore.
Piero Cirino
E' una delle pagine più dolorose della storia recente del centro presilano e sembra che tutti vogliano rimuoverla. Laddove avvenne, il vento sferzante di questi giorni ha spazzato via il ricordo, quasi a voler esorcizzare quel che accadde quel "maledetto" venerdì. Neanche un mazzo di fiori nel punto in cui rimase uccisa Rosaria Sposato e vennero feriti una quarantina di fedeli in fila dietro la statua della Madonna nella tradizionale processione del Venerdì Santo. Quel 10 aprile di dieci anni fa un'auto, una 164, piombò a folle velocità su quella folla di persone, determinando dolore e lutto. Rosaria era una donna di 67 anni, da pochi mesi in pensione e con un unico pensiero: dedicarsi interamente a sua figlia Angela. Pure lei porta ancora i segni, anche fisici, di quella tragedia. La vita di sua madre fu violentemente interrotta, mettendo a dura prova anche la fede più granitica. Cosa rispondere a chi chiedeva e si chiedeva: come può permettere Dio tutto questo, in un momento di grande devozione? A quella domanda può rispondere solo chi ha il dono di una fede a prova di strage. Le ore successive furono un inferno ad Acri, con gente che correva disperata in ospedale per sapere se congiunti e amici fossero stati coinvolti. Tante le facce interrogative che aspettavano un cenno da parte dei sanitari, con i telefonini in tilt e la disperazione della mancanza di notizie certe. Tanti feriti furono trasportati anche in ospedali vicini., poiché il nosocomio cittadino non poteva più contenerne. Fu decretato il lutto cittadino, in una città che vi era ricorsa in pochissime circostanze. Arrivarono anche le telecamere della "Vita in diretta" e i media ne fecero un caso nazionale. Alle esequie di Rosaria un'intera comunità con gli occhi lucidi e a chiedersi come potesse essere accaduto. L'auspicio è che venga fatto qualcosa di tangibile per non dimenticare Rosaria e quel Venerdì. Oggi in quella che nel frattempo è diventata via Salvatore Scervini non c'è nulla che li ricordi. Che tristezza. Non una targa, non una stele. Nulla. Fino al 10 aprile c'è tempo per porre rimedio e permettere anche a chi dieci anni fa non c'era o a chi c'era e non voleva esserci di mantenere vivido il ricordo di quella tragedia. Acri lo deve a Rosaria, a sua figlia e a sé stessa. Fonte: "Il Quotidiano della Calabria" del 23-03-2008. |
PUBBLICATO 24/03/2008
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