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Almeno la metà!

Franco Cofone
Foto © Acri In Rete
Un luogo dove oggi più di ieri la situazione socio-econimica è affidata non ai principi civili della democrazia, ma ad intrighi di branco che sfociano, comunque, in un tentato senso di sopraffazione individuale, degno della più spietata selezione naturale, che crea tensione sociale, sfiducia e fa della morale di ogni ideologia e di ogni fede un raglio disarmonico e insensato.
Fine '800, la casata Savoia che all'epoca regnava sull'Italia unita, "meravigliata" dallo spopolamento delle terre di Calabria per le Americhe, scriveva ai prefetti delle province chiedendo: "ma perché la gente abbandona la propria terra", la risposta dei prefetti era la medesima: "per fame!".
2007, è trascorso più di un secolo ma, al di là dei poco convinti tentativi statali serviti solo ad ingrassare speculatori e delinquenza organizzata, la situazione è rimasta immutata. Una condizione disarmante, specie quando un intero popolo, a parte qualche nobile rivolta contadina per la "terra" o meno nobile neo-fascista a Reggio nel "71, accetta di normalizzare e di vivere il concetto di "fame" e di patirne tutte le conseguenze, a meno che non si voglia identificare nella "ndrangheta la protesta sociale. Un popolo, quello meridionale, sacrificato all'arricchimento del nord.
Acri: le poche idee che si spendono nel tentativo di cambiare rotta, si affaticano in un viaggio contornato di roveti spinosi, mal captate da una società disincantata e incagliata in una distorta visione dello "stato assistenziale" che, premio per il sangue lasciato nelle fabbriche del nord, si è rivelato poco utile alla creazione di un tessuto economico stabile e concreto, anzi ha agito da freno, sulla naturale evoluzione civile che si conquista per merito e per vissuto, creando servilismo, soggiogazione politica, annientando quella fiera cultura contadina che era nostra per virtù. Quanta vita può avere ancora questa cittadina se dietro a noi scompare la nostra identità?. Una comunità che fatica a rendersi conto di essere ostaggio di un sistema politico desueto e di uomini che sono inadeguati e, forse, poco interessati alle vere necessità dei cittadini, cullati probabilmente dal pensiero che nulla hanno da perdere e tutto da guadagnare, riuscendo a proporre solo mediocrità ed apparenza. In Giappone se un funzionario pubblico è accusato di manchevolezza verso i propri doveri, pur di non subire la vergogna sceglie la morte. Per carità un estremismo da non imitare, la vita è sacra. Sarebbe interessante e sicuramente educativo se, i politici che hanno amministrato Acri negli ultimi 25 anni, con senso di coscienza, rendessero ai cittadini la metà dei compensi percepiti, non essendo riusciti mai ad imprimere quella necessaria svolta, che la città e le migliaia di acresi costretti alla fuga meritano e, quindi, a compiere il loro dovere.
Sarebbe certamente un ottimo inizio.
Aspettando che il vento cambi, aspettando che il fresco profumo della libertà inondi noi tutti.

PUBBLICATO 24/8/2007

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