Con piacere ho letto i due esposti presentati dal Comitato
cittadino per la tutela di Piazza Purgatorio e da Giacinto
Ferraro, contro le ultime scelte del Comune di Acri
a proposito della nuova destinazione, e relativa edificazione, dell'area
del Purgatorio. Sembra che ad Acri si stia risvegliando
la critica e l'opposizione, me lo auguro.
Per troppo tempo le Amministrazioni comunali hanno fatto e disfatto politiche,
interventi e scelte che hanno impegnato e segnato il territorio, il patrimonio
collettivo e le risorse pubbliche, senza che ci sia stata una forma esplicita
di critica e di opposizione, senza che gli amministratori e i politici
si siano mai preoccupati di promuovere forme di partecipazione reale,
di coinvolgimento, per la determinazione di queste loro scelte. Tutto
ciò fa indignare, ma è e rimane una prassi dell'attuale
vita politica.
Ma quando queste politiche e questi interventi sono fatti, anche in fregio
alle leggi, senza la minima tutela del territorio, del suolo e dell'ambiente,
dovrebbe portare al di là dell'indignazione qualunque uomo libero
e indurlo ad agire. Non si tratta, difatti, di criticare ed opporsi a
qualunque modifica del territorio: l'uomo fa parte integrante della natura
e l'ambiente senza la presenza umana, nelle regioni della terra urbanizzata,è
solo ideologia.
Tutto il nostro territorio è antropizzato, e il problema non è
impedire la sua modifica, ma come ciò è fatto; Giacinto,
giustamente, cita il concetto di sviluppo sostenibile.
Di Programmi di recupero urbano ad Acri ce ne vorrebbero diversi, ma ogni
trasformazione del territorio deve inserirsi in una visione critica complessiva
che comprenda gli aspetti urbanistici e sociali (importantissimi) unitamente
a quelli delle risorse naturali ed ambientali, ad iniziare dal suolo.
Condivido appieno e vorrei poter sottoscrivere i due ricorsi presentati,
ed è con questo spirito che mi permetto di segnalare qualcos'altro.
E' paradossale parlare di alluvioni in un paese quasi in cima ai monti,
l'acqua va a valle, sono queste che possono subire tali fenomeni.
Ma io ricordo che, a metà degli anni '80, tutti i magazzini, i
negozi e alcune abitazioni, che da molto tempo sorgono lungo il ramo del
Calamo che costeggia Jungi, si sono allagati, subendo gravi danni: macchine,
casse da morto e damigiane di vino galleggiavano, officine, macellerie,
cantine, falegnameria e negozi erano pieni d'acqua e di fango. La causa
è da attribuirsi al fatto che la vecchia tombinatura del tratto
di torrente, con l'affluenza delle condutture fognarie della nuova espansione
urbanistica,è diventata idraulicamente insufficiente a sopportare
una piena (e si basi che dagli annali e statistiche nonè nemmeno
catalogata fra quelle eccezionali, potrebbe ripresentarsi ogni 20 - 25
anni).
Nello stesso periodo, e legati allo stesso evento atmosferico, in tutto
il territorio di Acri ci furono decine di frane che indussero allo sgombero
cautelativo o per effettiva inagibilità diverse decine di famiglie
dalle proprie case. Da allora non penso siano stati affrontati e risolti
i problemi e le cause di questi fenomeni, che nel frattempo probabilmente
si sono aggravati.
Questi, comunque, sono solo esempi, e tanti altri se ne potrebbero citare,
sulle conseguenze della cattiva gestione del territorio e del suolo ad
Acri. In Italia la politica della difesa del suolo e della gestione del
territorioè sempre stata improntata da una parte su di una normativa
prescrittiva, rigida e farraginosa, con rimanti e riferimenti a decine
di leggi, e dall'altra parte sulla disseminazione delle competenze a differenti
Enti, anche a seguito delle recenti deleghe, col risultato di rendere
tutto alquanto oscuro e complicato.
Relativamente al demanio fluviale esiste una normativa e una sua regolamentazione
che va al di là del codice civile e di quanto esso riconosce al
demanio idrico o fluviale, si tratta del Testo Unico delle acque che risale
al 1904, (R. D. 25.7.1904, n. 523) il cui Capo VII è intitolato
Polizia idraulica.
Si tratta di norme tutt'ora in vigore, seppure in alcuni punti lievemente
modificate, che attribuiscono precise responsabilità e compiti,
e dettano le azioni e le opere ammissibili o vietate nell'ambito del demanio
fluviale. In poche parole e semplificando, queste norme sanciscono che
senza l'autorizzazione esplicita dell'organo idraulico competente
(il Genio Civile) nonè possibile fare niente sugli alvei dei corsi
d'acqua, inoltre stabilisce le cose comunque vietate, per esempio costruire
ad una distanza inferiore di 10 metri dalle sponde dei fiumi.
Nel testo originario queste fasce di rispetto inedificabili si riferiscono
ai corsi d'acqua classificati come opere idraulica e si misurano da 10
metri dal piede esterno dell'argine, ma una seria di sentenze del Tribunale
Superiore delle Acque e della Cassazione, di pareri dell'Avvocatura dello
Stato e del Consiglio di Stato, hanno modificato e fatto diventare prassi
corrente l'estensione del divieto di edificare a distanza minore di 10
metri dalla demarcazione della piena ordinaria per tutti i corsi d'acqua
naturali.
Tale divieto non è derogabile, ne è modificabile da norme
locali o da vincoli urbanistici; questi possono ampliare il divieto, ma
non possono eliminarlo o ridurlo. Le competenze relative all'applicazione
e al rispetto di queste norme sono dei Geni Civili.
Non voglio spostare le responsabilità del Comune su altri Enti,
ma anche questo progettato intervento sul Purgatorio si inserisce in una
logica politica della mala gestione del territorio e della difesa del
suolo, che ha più soggetti responsabili. Mi sembra assurdo che
in tutti questi anni non ci siano stati provvedimenti dell'organo idraulico
competente in merito a tutta questa vicenda. Così come mi sembra
assurdo che l'Autorità di Bacino, istituita proprio per studiare
le problematiche e programmare gli interventi di difesa del suolo in un'ottica
di bacino idrografico, abbia ignorato che la funzione naturale di due
corsi d'acqua, nel centro abitato di Acri, non c'è¨ più
a causa dei loro tombinamenti e dell'edificazione delle loro pertinenze,
ed è assurdo che non abbia segnalato e chieste spiegazioni all'organo
idraulico competente, che avrebbe dovuto regolamentare o vietare tutto
ciò.
Sempre in ambito della difesa del suolo, mi sembra assurdo che siano eluse
le problematiche di una frana costruendo una galleria per spostare la
strada che c'è su parte di questa, e il tutto con una spesa non
indifferente. La frana sulla pendice Sud di Serra di Vuda
è un esempio eclatante del dissesto idrogeologico del nostro territorio
e della mancanza di gestione di queste problematiche. Questa frana ha
il piede nel torrente Calamo, a poche centinaia di metri dalla fine dei
suoi tombinamenti nel centro urbano. In questo tratto siè verificata
una erosione di fondo dell'alveo di almeno 5 o 6 metri, lo dimostrano
alcune vecchie briglie che sono ormai completamente sifonate o crollate.
Questa accentuata erosione, che sicuramente incide sulla frana, potrebbe
essere imputata, oltre che all'assoluta mancanza di manutenzione delle
opere idrauliche esistenti e all'incuria e all'abbandono cui tutto il
tratto del torrente è soggetto da decenni, anche all'aumento della
velocità dell'acqua dato dalle canalizzazioni del torrente a monte.
Non voglio far risalire le cause della frana a questo fenomeno, ma certamente
l'erosione in alveo contribuisce ad un richiamo della frana e alle sue
possibili attivazioni. Non solo, anche sulla sponda in sinistra idraulica,
la pendice che sale verso Padia è in frana, riattivatasi in questi
ultimi anni, e a nulla valgono gli interventi di consolidamento (discutibili
e di forte impatto) eseguiti sulla parte superiore della pendice, sulla
rupe vicino le case di Padia, se non si interviene, anche per questo,
al piede. Come è possibile che tutti gli Enti e le autorità
preposti abbiano dato il loro parere favorevole e le loro autorizzazioni
ad un progetto, la variante della SS 660, che nasce da
problematiche inerenti questi fenomeni franosi e non li affronta, sposta
semplicemente la strada. Cosa ci troveremo, però, dopo tanti soldi
pubblici spesi: una galleria che perfora Serra di Vuda, il cui impatto
ambientale sarebbe tutto da discutere e approfondire, e il permanere e
il progressivo accentuarsi delle problematiche idrogeologiche sul tratto
del bacino del Calamo, cheè ai bordi del centro di Acri e che coinvolge
già parte del centro storico. Come è possibile che questi
Enti che avrebbero dovuto provvedere o programmare interventi per risolvere
problematiche della difesa del suolo diano pareri favorevoli e autorizzazioni
ad un progetto che queste problematiche semplicemente elude, anzi forse
ne crea delle altre. Come è possibile che il Sindaco
esulta per l'approvazione di tale progetto. Ben vengano, quindi,
iniziative come quelle dei due esposti, e mi auguro che su questi problemi
si formi una opposizione che non faccia arenare tutto nelle maglie della
burocrazia e delle farraginose risposte giustificative dei vari Enti.
Bologna 1 febbraio 2007 Vincenzo
Talerico
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