Pene del Alma...
Gianluca Garotto
Nel suo repertorio convive un tessuto musicale sempre efficace e raffinato fatto di blues aspri, melodie mediterranee e sonorità fragorose di chiara matrice balcanica, pantomime circensi e atmosfere malinconiche che raccontano di vicoli chiassosi, pagliacci e marajà. Il circo di mastro Vinicio, dunque, ha riaperto i battenti... La poltrona del teatro Politeama è scomoda, io e i miei amici siamo vicinissimi. Siamo dovuti arrivare a teatro prestissimo, con la conseguenza di una cena abbozzata e non realmente consumata, ma soprattutto con l'angoscia di non trovare i nostri biglietti. Insomma tutto sembra buttare male... Lo spettacolo inizia alle 21.18 con Non trattare, nenia arabeggiante che lambisce certo misticismo delirante (la fonte è un salmo dalle Scritture), prima di sprofondare subito nelle fauci di quella Brucia Troia che Vinicio voleva come singolo perché avrebbe spopolato nei programmi di dediche radiofoniche e che è invece uno spaventoso deliquio sul mito omerico, registrato nella Grotta Carsica di Ispinigoli in Sardegna, insieme a Ribot e a tre tenori sardi. Voce di carta vetrata, rumori, inserti chitarristici, campanacci di mamuthones e citazioni dall'Edipo Re di Pasolini allestiscono una pantomima tanto sconcertante quanto suggestiva. Altrettanto truculenta è la rievocazione dei rituali circensi romani di Al Colosseo (un omaggio all'In The Colosseum del maestro Waits), con un altro recitato farneticante di Capossela, su un tappeto di trombette e rulli di tamburi alla Ben Hur: Chi ha taciuto sia mietuto al Colosseo, finché non arrivano i barbari, finché non arrivano i tartari... Appare sul palco la Medusa cha cha cha, che come dice il Maestro non sono velenosa è soltanto un pó nerviosa e poi di seguito Moskavalza, Nutless... Ad un certo punto tutta la Barcaccia esplode con L'uomo vivo che con le tre dita la via pare indicare. Annuncia una pausa. Se ne va e dopo torna. Ci mette poco. La maggior parte delle persone sono ancora fuori e fumare, attacca con Maraja. Continua con Che cos'è l'amor. Ormai, io mi alzo perchè non riesco più a trattenere le mie emozioni! C’è una bella atmosfera del tipo: adesso facciamo un pò a modo nostro. Fa Scivola Vai Via, Malamerica, i Pagliacci pian piano ci si lascia andare. Comincia a bere con una certa frequenza e le spiegazioni tra un pezzo e l’altro diventano sempre più lunghe. Ma Vinicio sa anche essere dolce e struggente e in Pena del Alma racconta la fine obbligata di un amore ed esprime l’ineluttabilità di un sentimento tanto forte: Come levare via il profumo al fiore, come togliere al vento l’armonia, come negar che ti amo vita mia. Omai lui si è rilassato. Inizi a pensare che lo spettacolo sia finito, rinunci a possibili nuovi sviluppi. Rimani fregato: lui ti racconta delle sue avventure di una decina d’anni fa ai Murazzi e tu ci credi. Delle sue notti da Giancarlo (un locale lungo Po). Di un tipo che aveva usato sette facciate di una fila di palazzi per scrivere con le bombolette un messaggio alla sua ragazza: ho comprato champagne e pasticcini e mi sono sentito quasi un uomo a trattarti da signora e a scordarmi di quel che è stato. Dice che gliel’aveva confidato una barista dei Murazzi. E’ quindi possibile metter la propria vita nella propria musica? Non credevo che qualcuno lo facesse ancora e, soprattutto, che qualcuno fosse veramente in grado di farlo. Continua con Ultim'amor e li un pezzo del mio cuor svivola via senza far più ritorno. Ormai sono paralizzato, con gli occhi spalancati, tra poco mi cade la macchina fotografica. Chiama la band, fanno Al Veglione e se ne vanno. Poi ritornano. Fanno Il Ballo di San Vito e giuro che non ho mai sentito tanta cattiveria in una canzone. Lui ha la sua maschera con le corna e si muove come se davvero dovesse convertirci tutti. Sprigiona energia. Pazzesco. Se ne va. Tutto il pubblico è in piedi, si accendono le luci. Ci si muove per andare. Lui torna e fa: non potevo lasciarvi andare senza la nostra benedizione e intonano Ovunque Proteggi. Le luci restano accese, tutti abbiamo la stessa espressione. Tutti, in piedi, ci guardiamo in faccia, convinti di aver passato la stessa esperienza. Come se ci fossimo salvati da un incidente aereo, o meglio ancora, dal peggior naufragio mai capitato. Vinicio ci fa cantare anche un pezzo della canzone, ma ormai conta poco. Tutto il teatro è una cosa sola, un unico respiro. Sottolinearlo è superfluo. Tutti si abbracciano, io guardo il mio amico e dico: è meglio di no. Penso sia rischioso che la musica crei mostri del genere. Tutti ci siamo sentiti più fragili all’uscita, nessuno ha veramente avuto un qualcosa di suo. Ci siamo solo fatti un giro con la vita di Vinicio Capossela, il quale si è prostituito emotivamente per noi. Il cuore reggerà al prossimo? Il ritorno da Catanzaro, arriviamo a casa alle 2.30 di notte, è stato bello e ricco di emozioni che pian piano riaffioravano in noi, ognuno raccontava la sua esperienza con il suo concerto... ma una cosa era certa, tutti eravamo convinti di aver assistito ad un evento che ci aveva toccato il cuore! Grazie per l'incanto che ci hai regalato, compà Vinicio...
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PUBBLICATO 22/4/2006
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