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Sono abbastanza disgustata e avvilita da un sistema sociale che non tutela
le persone fragili.
Non devono essere le associazioni di volontariato a risolvere i problemi che
le Istituzioni abbandonano, perché “quei volontari” se non
affiancati in modo adeguato rischiano di fallire e tradire le aspettative proprie,
della comunità e di chi vive il disagio.
Questa è una storia di miseria e di sventura scavata in una realtà sociale precisa,
quella acrese. E’ una vicenda vera legata alla vitalità elementare, ai dolori
ed alle gioie vere della gente umile ma soprattutto al dramma dell’ABBANDONO.
Angela (ovviamente non è il suo vero nome!) aveva settantasette
anni quando è stata presentata dal suo medico curante ai volontari di una associazione
di volontariato che ha deciso di prestare assistenza ad anziani autosufficienti
che vivono in condizioni di solitudine.
Angela viveva da sola in una frazione di Acri,
era un’ anziana donna che stringeva i denti e la cinghia, la sua pensione di
circa cinquecento euro mensili la controllava al microscopio, la sezionava,
la soppesava, la contemplava e la vedeva andare via così com’era venuta. Angela
è sempre stata fiera della sua autonomia, ma dopo un po’ di tempo le cose cambiano
e inizia a pensare al suo futuro.
Uscire di casa per la spesa e soprattutto mantenere la casa pulita e provvedere
alla propria igiene personale diventa sempre più difficile. Non bastava più
una telefonata affinché non si sentisse più sola, non potevano più essere quelle
persone che un paio di volte a settimana le facevano visita, a darle quella
sicurezza e quelle garanzie che lei cercava e di cui aveva bisogno.
Angela si sentiva sempre più sola e la sua permanenza in periferia
stava inaridendo e spersonalizzando la sua esistenza, continuava a chiedere
di ritornare a vivere in una nuova società disposta ad accoglierla e a valorizzarla.
Le uniche persone presenti nella sua vita erano i volontari che usando la loro
forza di volontà e la loro possibilità di mediazione hanno cercato punti d’intesa
con chi si occupava, nel nostro comune, di Servizi Sociali nel
2004, poi ancora nel 2005 e oggi nel 2006.
Tre anni di lotta, certo nessuno vuole sopravvalutare il volontariato anche
perché nel nostro paese è ancora una rotellina di un immenso ingranaggio anonimo
e spesso spersonalizzato; può però favorendo la Pubblica Amministrazione
a migliorare il suo rapporto con la popolazione, a diminuire i disservizi aiutandoli
a rimuoverne le cause.
Ma mi sono resa conto che quel cambiamento di mentalità verso una “cultura
di servizio”, tanto annunciato e tanto pubblicizzato, è meta ancora
lontana.
Dopo la segnalazione e i diversi solleciti scritti e verbali indirizzati all’
Ufficio Servizi Sociali del Comune di Acri, il caso di Angela
è stato affrontato con una tale marginalità da far diventare il problema un
alibi per la trascuratezza della persona.
Persino il Sindaco e l’Assessore alla Sanità
durante un colloquio formale, tenutosi nella casa comunale, con un perfetto
politichese fanno presagire una trafila burocratica dai tempi incerti per la
soluzione del caso.
Che la delusione possa dipendere da questo fatto?
E ancora mi chiedo:
1) a fronte di una SEGNALAZIONE come si devono muovere le Assistenti
Sociali?
2) c’è stata una PRESA IN CARICO del caso?
3) è stata effettuata una VALUTAZIONE PROFESSIONALE del caso?
4) è stata effettuata una VISITA DOMICILIARE?
NO! Nessuna Assistente Sociale dipendente del Comune di Acri
conosce la casa di Angela.
Vorrei aggiungere che una Assistente sociale, ha espressamente
detto che non avrebbe effettuato alcuna visita domiciliare, perché essendo
Angela affetta da una infezione contagiosa, non poteva correre rischi,
ma si sarebbe impegnata a proporre la visita ad altri volontari che avrebbero
relazionato per lei. Con quali competenze mi chiedo, e soprattutto perché far
correre un rischio del genere ad altre persone che forse non conoscevano neppure
il caso?
Tengo a precisare che l’infezione di cui Angela era affetta
era una conseguenza della condizione di disagio in cui viveva, e i dottori specialisti
hanno più volte affermato che si veniva contagiati solo se sottoposti ad uno
stretto e duraturo contatto, certificando infine la totale guarigione di Angela.
Le copie dei certificati sono state trasmesse al comune, ma non degnate di considerazione.
Per evitare il disagio a questa persona non sarebbe forse stato meglio trovarle
una sistemazione in paese come lei chiedeva, ed aiutarla nelle cure evitando
l’ istituzionalizzazione?
Si, Angela è in una casa di riposo, lontana da Acri
e dalle sue origini, per chi non lo sapesse, e sono certa che chi dovrebbe
saperlo non lo sa.
Stufa dell’attesa inutile Angela incominciava ad andare in
escandescenze, cosi dopo essere stata prigioniera in questo strato di incomunicabilità,
sommerso e sovrastato dalle apparenze, si ritrova a vivere improvvisamente con
persone estranee, non volute e non scelte.
Sa bene come si vive in istituto ma non ha scelta.
Questo è quanto emerge dalle telefonate: “succede che vuoi riposare e non
ci riesci, perché non sopporti il rumore degli altri, i colpi di tosse, le abitudini
diverse dalle tue. Si dice che da vecchi si diventa esagerati. Ma non è un’esagerazione
immaginarsi che se vuoi leggere c’è chi vuole la luce spenta o che se vuoi vedere
un programma in TV, o se ne guarda un altro o non è orario…”
Angela ha salutato chi l’ha accompagnata in quella struttura
con gli occhi gonfi di lacrime, indossava ancora il cappotto scuro abbottonato
in fretta e senza attenzione e teneva lo sguardo abbassato sulle scarpe come
per nascondere il dolore.
E’ passato un mese da quel saluto e Angela aspetta ancora di
stare in pace nell’attesa che arrivi il momento di apprezzare la scelta fatta
di una vita programmata, nella quale c’è poco da pensare, vita affidata ad altri
che ti dicono al mattino cosa fare risparmiandoti l’incerto di azzeccare un
gesto, un moto, un pensiero che ti riempia il tempo e il cuore fino al giorno
nuovo.
E così passano i giorni di Angela, in quel “tiretto”
aspettando con ansia che qualcuno si ricordi di lei pronunziando solo il suo
nome rompendo l’involucro invisibile in cui è rinchiusa.
Angela ignora che il giorno del suo ricovero i responsabili
del centro hanno chiesto ai suoi accompagnatori un vestito nuovo per quando
Angela sarebbe ritornata ad Acri, un vestito
che non ha pensato di comprare perché Angela vorrebbe ritornare
al suo paese viva. Vorrebbe usufruire di quelle buone leggi che questo paese
si è dato.
Non solo lei , ma tutti vorremmo che nel nostro paese si programmi e si realizzi
un sistema di intervento sociale e sanitario che risponda ai bisogni delle persone.
Che si sviluppi la cultura dell’accoglienza e del rispetto.
Situazioni come queste devono scuotere i nervi, e deve rendere evidenti agli
occhi di una comunità le piaghe sociali del territorio.
Il “problema” anziani dovrebbe essere una priorità e non deve
essere affrontato con logiche ideologiche. E’ per tale ragione che le amministrazioni
pubbliche devono essere in costante contatto con i cittadini. L’informazione
come strumento di sburocratizzazione che permetta una capillare conoscenza dei
servizi e delle opportunità creando sistemi d’interazione che siano antenne
sempre accese a rilevare i bisogni e le richieste degli utenti, con una mentalità
aperta e disponibile, pronta a cambiare i propri strumenti se questi non sono
efficienti o non sono graditi.
I cittadini sono pronti a dare molto a chi, governandoli, si impegna a tutelarli
nei confronti degli enti superiori, spesso lontani ed incapaci di percepire
le loro richieste ed i loro bisogni; a chi è pronto ad informarli ricercando
il loro coinvolgimento nelle scelte grandi e piccole del paese, a chi sa rappresentarli
senza compromessi e senza guardare al proprio interesse personale; a chi, soprattutto,
sa infondere fiducia, migliorando il presente per conquistarsi credito sui grandi
progetti per il futuro; a chi incarna i valori del paese, quelli condivisi e
riconosciuti dalla maggioranza, senza tradirli per calcolo, convenienza, piaggeria.
C’è ancora tempo per cogliere l’occasione forse cinica, che Angela ha
offerto a tutti, assumiamoci la responsabilità di rendere la speranza azione
concreta, aiutando Angela e tutti gli anziani a restare nella
propria casa e fra le proprie cose. Forse vivranno di più, ma sicuramente vivranno
meglio.