Quando a prevalere è la barbarie.
Leonardo Marra
E' vero, varcando i confini dell'Italia, ma già molto prima di questi, si nota la differenza di stile di vita rispetto al nostro. Mi è capitato di vedere case con cortili i cui prati erano sempre rasati, paesini dove tra una abitazione e l'altra non c'erano rovi ed ortiche, ma aiuole fiorite, dove non esistevano campi incolti nei centri abitati ma giardini sempre ben tenuti con alberi potati e senza pattume a fungere da concime. Ho visto strade ben tenute. Marciapiedi la cui manutenzione e pulizia era assolta agli abitanti le cui case di affacciavano su di essi, senza nessuna costrizione, senza nessuna ordinanza comunale. Non una cartaccia in giro, non una cicca di sigaretta. Delimitatori di carreggiata composti da piccoli arbusti fioriti e, dappertutto, l'orgoglio, la convinzione, la determinazione a migliorarsi e migliorare la loro comunità. Capita, nelle mie ormai rare uscite dall'Italia, di trovare sempre più difficile il riadattamento a questo nostro "stile di vita". Dopo aver "assaporato l'Europa" ci si accorge della "desolante" condizione in cui versiamo. Badate bene, quì non si tratta di dare addosso ad una amministrazione locale piuttosto che ad un'altra, non si tratta di dare la colpa allo Stato o al Governo di turno. Il problema è molto più profondo: è radicato nella nostra anima e mi accorgo che è sempre più difficile da estirpare. Ci si sforza, con tutte le difficoltà che questo sforzo richiede, di rendere più vivibile e gradevole la nostra permanenza in questa cittadina. Le amministrazioni comunali, barcamenandosi tra l'ancestrale richiesta di lavoro da parte degli innumerevoli precari e disoccupati, tra i problemi di dissesto idrogeologico del territorio che tutti più o meno conosciamo, tra i conti pubblici sempre più sbilanciati riescono, a volte, a creare le condizioni affinché almeno dal punto di vista architettonico e funzionale (ricordiamo che anche l'occhio vuole la sua parte) si riesca a godere di alcune strutture che rendano più sopportabile il nostro quasi totale "isolamento culturale" dal resto del mondo. Alcuni esempi: "la villetta dei cappuccini", "il belvedere", "la villetta del gazebo", "la villetta delle poste", quella vicino la scuole media Leonardo da Vinci, i campetti di calcetto sorti in vari punti del paese, "l'isola pedonale", l'anfiteatro, il piano di ristrutturazione esterno delle abitazioni cittadine che versavano in uno stato di completo degrado ed abbandono, il progressivo rifacimento del manto stradale distrutto dalle gelate invernali degli scorsi anni e prossimamente anche il palazzetto dello sport e forse (ed era finalmente ora) il teatro comunale. Ben fatto! Non che questo ci dia la sicurezza di avere sempre la pagnotta sulla tavola, ma come disse qualcuno prima di me: "non di solo pane vive l'uomo". Detto questo, ritorniamo al discorso iniziale. Il nostro emigrante, il nostro turista che tornando dai "paesi europei" pronuncia la famosa frase: "lì da noi però è un'altra cosa". Negli ultimi giorni, complice il caldo e l'afa insopportabile, ho deciso di fare una cosa che non facevo da tempo: girare in lungo ed in largo, rigorosamente a piedi, per le vie del paese. Non ve ne frega nulla, lo so, ma voglio solo raccontarvi quello che si puo osservare per le nostre strade se si va in giro guardando con gli occhi del visitatore e non con quelli del residente ormai avvezzo all'abbruttimento progressivo. Molte volte ho portato la mia bimba a trascorrere un'oretta di relax in una delle strutture attrezzate ("le villette") allo svago dei piccoli. Non c'è stata una volta che non abbia litigato o redarguito qualche "ragazzo" un pò "esuberante" che dall'alto dei suoi 15-16-17-18 anni pensava che fosse un suo diritto poter fare a pezzi le altalene o gli scivoli di queste strutture solo per il gusto di sentirsi "onnipotente". Finisce poi che ci si abitua a questo andazzo e si guarda con un senso di rabbia misto ad un sentimento di rivalsa fisica nei confronti di questi teppisti. Avete avuto modo di vedere come è stata ridotta la villetta della posta? Non c'è un solo gioco che sia integro, persino gli scivoli vengono presi d\'assalto da queste orde vandaliche che alla luce del sole imperversano facendo i loro comodi, sotto lo sguardo ormai rassegnato delle mamme e dei poveri bimbi che devono rinunciare al loro divertimento per far sì che possano goderne gli "spacconi" di turno. Non va meglio per la villetta "del gazebo" dove tra calciatori in erba e "grandi campioni", tra ciclisti della domenica e "novelli bartali" i nostri piccoli cittadini sono costretti con i loro tricicli e le loro macchinine elettriche ad essere relegati in un cantuccio, pena ritrovarsi al pronto soccorso investiti dall'esibizionista di turno. Vogliamo parlare del belvedere? Mio dio che pena, l'anno scorso era un gioiellino, ci sono state anche delle manifestazioni, ed era un punto di ritrovo per la nostra gioventù. Andatelo a guardare oggi: non c'è rimasto un solo lampione. Sono stati divelti, sradicati completamente e i gradini intorno al grande albero al centro, completamente ricoperti di scritte inneggianti a questo o a quell'organo umano. Ma il massimo della esibizione di una atavica ignoranza si sviscera nello scempio perpetrato alla villetta vicino alle scuole medie Leonardo da Vinci; una villetta ancora non completata nella quale, però, non un solo lampione è rimasto integro: l'idiozia umana non ha limiti. Parliamo dell'isola pedonale? Già tanto è stato detto, ed io mi guarderò bene dall'entrare nel merito dell'opportunità o meno che qui si svolga il mercato settimanale in certi giorni del mese. Quello che mi sono limitato ad osservare è come, agli sforzi dei nostri amministratori di rendere un pezzo di città (in maniera più o meno discutibile) più attraente, non corrisponda mai un altrettanto visibile sforzo da parte di noi cittadini a far si che queste piccole "conquiste" siano preservate nel tempo. Mi riferisco alle migliaia (decine di migliaia) di macchie nere sul bellissimo lastricato dell'isola pedonale provocate dalle chewing-gum (?)(caramelle a lastica) sputate in maniera a dir poco incivile dai passeggiatori diurni e notturni. Piange il cuore a vedere tale "spettacolo", per non parlare delle piccole, timide scritte, foriere di ben più grandi "poemi", che cominciano ad apparire sui sedili in pietra nella piazzetta attorno allo zampillo. E taccio sulle erbaccie nei cortili delle case in periferia, sulla spazzatura depositata fuori da cassonetti vuoti, sugli fumo che ammorba per ore la città provocato dagli incendi volontari della sterpaglia e dei residui della potatura dei proprietari dei terreni incolti, sorvolo sui pollai ancora presenti qua e là nel centro cittadino. Su una cosa non posso sorvolare: l'abitudine di considerare le cose comuni come proprietà di nessuno e pertanto violabili e violentabili da chiunque Qualche anno fa speravo fossero le "nuove generazioni" a cambiare la nostra abitudine all'abbrutimento. Speravo che i miei figli potessero preparare la via ad una genesi di cittadini "modello" che non rispettassero le regole solo perchè loro imposte, ma che quelle regole le avessero avute come imprinting già fin dalla nascita. Ora mi accorgo di come mi fossi illuso, di come non si tratti solo di imprinting. Noi la bassa cultura, il teppismo, la voglia di mettersi in mostra a discapito del bene comune, l'esibizione della nostra mancanza di cultura ce l'abbiamo nel DNA. Adesso mi rendo conto che solo un meteorite potrebbe far scomparire questa nuova razza di dinosauri, nel frattempo continuo a litigare con chi pretende di avere solo diritti e nessun dovere e con madri e padri che ridono sguaiatamente incitando i loro figli a staccare i rami da una incolpevole magnolia. Forse non lontano da me qualcun altro nutre i miei stessi sentimenti e si affanna per inculcare ai suoi figli le basi del vivere civile, nella speranza mai doma che per una volta non sia la barbarie a prevalere. |
PUBBLICATO 30/6/2006
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