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Affrettatevi al perdono del vostro Signore e al Giardino vasto come i
cieli e la terra che è preparato per i timorati, che donano nella buona
e nella cattiva sorte, per quelli che controllano la loro collera e perdonano
gli altri, poiché Dio ama chi opera il bene" (
Corano, 3:
133-134)
In una realtà come quella contemporanea, in cui tutto scorre davanti
ai nostri volti, ai nostri occhi, senza lasciarci dentro nulla che non sia l'indifferenza,
colpisce gli animi e li scuote una storia, che delle fiabe ha tutti i tratti.
Solo che non ha un lieto fine.
Dieci anni fa arrivò in Italia, Dino.
Dino in realtà si chiama Abouamr Noureddine, e viene da
Casablanca, in Marocco.
Nel suo paese aveva studiato da orafo, ma ad Acri, un paese al limitare
della Sila Greca, dove ha vissuto fino a pochi giorni fa con la sua famiglia,
non riuscì a trovare nulla che con le sue conoscenze avesse a che fare,
così cercò e trovò lavoro in un agriturismo.
Per qualche anno la sua fu una vita di lavoro e sacrifici, fino a quando ebbe
la possibilità di riunirsi con la moglie e i figli, tre in tutto, di
cui la bimba più grande di soli sei anni.
Purtroppo quando serenità e stabilità sembravano raggiunti, Dino
scoprì di essere ammalato e, allora, tutto si complicò.
Col passare dei mesi dovette rinunciare a lavorare e la moglie si trovò
costretta a restare a casa ad accudirlo, curarlo. Tutto improvvisamente divenne
difficile, anche portare i bimbi a scuola.
È a questo punto che Acri si scopre un paese solidale: da più
fronti, quello comunale, quello scolastico, quello sanitario, quello delle parrocchie
e della gente comune, tutti si muovono nella sua direzione, in suo soccorso,
per alleviargli la pena.
E Dino deve aver apprezzato molto questi slanci di affetto e partecipazione,
visto che, qualche settimana fa, con la malattia al suo culmine, ha trovato
la forza per chiedere un ultimo aiuto, per esprimere un desiderio: poter morire
nella sua terra, poter riabbracciare un'ultima volta i suoi familiari in Marocco.
I medici dell'ospedale di Catanzaro, dove Dino faceva le sedute
di chemioterapia, si dicono preoccupati, il tempo sembra davvero stringere.
Bisogna fare in fretta. Ed in fretta, senza esitazioni, di nuovo Acri
si muove, assieme, senza nessuna bandiera, senza nessuno scopo se non quello
di essere d'aiuto.
In pochissimi giorni si riescono a mettere assieme migliaia di euro. C'è
chi ha dato da solo somme ingenti, c'è l'ospedale di Catanzaro che ha
contribuito, la gente, con decine di euro, i bambini, con centesimi. Tutti.
Ma ricondurre tutto alle sole donazioni è riduttivo: tanti gesti di solidarietà
sono stati compiuti, davvero capillare è stata la partecipazione.
Il viaggio verso l'aeroporto di Roma da Acri è lungo, occorreva
qualcuno competente che andasse assieme a Dino e la sua famiglia. Un
medico libanese, anestesista a Catanzaro, si offre da supporto e con
la macchina avuta in prestito da un cittadino, si accoda all'ambulanza della
croce rossa di Cosenza e li accompagna.
A Roma anche salire sull'aereo diventa difficile, il pilota non è
convinto che sia prudente, viste le condizioni disperate di Dino, ma
la moglie e il medico insistono fino a quando anche il pilota si muove a compassione
e li fa salire a bordo.
Dino arriva a Casablanca dunque, riesce ad esaudire il proprio
desiderio e solo dopo aver salutato i suoi genitori cade in coma.
Col cuore pieno d'orgoglio la gente di Acri ha scoperto che in un piccolo
centro del Mezzogiorno, i valori come la solidarietà ancora sopravvivono,
in forte contrapposizione con l'indifferenza e il cinismo che troppo spesso
riempiono le strade delle nostre città.
Siamo qui ad Acri come a Catanzaro, come nei cuori di tutti coloro
che gli hanno mostrato del bene ad aspettare notizie di Dino, a ringraziare
il paese, la gente, tutti.
E a braccia aperte aspettiamo la sua famiglia.
As-Salaam-Alaikum Abouamr, che la pace sia con te, Dino.