Un'umanità mancata (perduta?)
Mirko De Maldè
La legge 20 luglio 2000, n. 211, che istituisce il giorno della memoria recita, nell'articolo 1, in questo modo: "La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati." . E nel 2 segue dicendo: "[ ]in modo da conservare nel futuro dell'Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere.". Non possano mai più accadere Con queste parole in mente distolgo lo sguardo dal passato, mi guardo per un attimo attorno, torno nel presente di una "civiltà che non dimentica", e vedo che questo piccolo sforzo annuale non è bastato a risolvere il problema, sconfiggere il cancro che affligge l'umanità. Vedo piuttosto che una nuova piccola ipocrisia si è aggiunta nel quadro della nostre vite, mentre pregiudizi, intolleranza, xenofobia e odio esistono ancora, al di là delle guerre, dei governi e della storia. Questi concetti perdurano nell'uomo, come piccoli virus che si annidano nelle nostre anime. Specie nel ricco occidente la tendenza a incontrare queste espressioni di cattiveria, volontà di prevalere e convinzione di essere superiori, è piuttosto frequente, e proprio per questo la nostra civiltà non si merita affatto l'attributo "civile", figuriamoci l'attributo "umana". Perciò, non me ne voglia nessuno, parlerò di "Inciviltà occidentale", dando per scontato che i presupposti basilari per definire la nostra una civiltà, sono caduti rovinosamente nelle premesse fatte. Ma torniamo al problema dell'Olocausto; anche l'importanza di un giorno come oggi, in cui ricordiamo fatti agghiaccianti, si svaluta del tutto se il contenuto ideale viene calpestato tutti i giorni da ciò che la nostra Inciviltà costruisce. Forse il vero problema è che si smette di sbagliare solo dopo averla combinata grossa, si arriva a certe conquiste solo dopo avere sbattuto per bene il muso al muro. Il muro forse è questo che ci impedisce di avere una più larga visuale, di vedere le mille ingiustizie, i mille piccoli omicidi che si svolgono sotto i nostri occhi bendati. Forse la nostra non è ipocrisia ma "solo" profonda ignoranza di ciò che oggi avviene nel mondo e di cui, tanta la nostra inconsapevolezza, forse non ci ricorderemo neppure. È forse un muro che ci tiene lontani da chi soffre e ci impedisce di tendere la mano, forse è il muro che dobbiamo superare che ci permette solo di fare una post-solidarietà che mi dà un sapore di ipocrisia al pensiero che certe cose si potrebbero anche evitare. Non è grottesco arrivare con la benda dopo aver assistito al macello che si poteva evitare? Non so davvero. Nella nostra Inciviltà vedo tutti i giorni un mondo di intolleranti che se la prendono con gli zingari perché sono sporchi, non lavorano e hanno uno stile di vita disdicevole se misurato con le nostre convinzioni bigotte e piccolo borghesi, ma in realtà semplicemente diverso dal nostro se lo guardassimo con gli occhi di chi non ha paura dell'altro. Vedo gente che si permette di odiare questa popolazione, che vive in comunità dentro baracche, cibandosi di ciò che noi gettiamo nella spazzatura, solo perché gli provoca fastidio alla vista. E mi chiedo a che serve condannare il fanatico antisemita che se la prende ancora con gli ebrei perché è un ignorante, un poveraccio, e poi lasciamo passare nella morale comune la possibilità fattiva di odiare e tollerare a stento un'altra popolazione con la stessa logica con cui Hitler chiudeva i nomadi nei campi di sterminio Nel migliore dei casi troviamo poi chi tollera, nella misura in cui tollerare vuol dire permettere a qualcuno, che riteniamo non dovrebbe esistere, di farlo. Ma non penso affatto che ciò basti per poterci chiamare uomini e donne degni di questi nomi. E mi chiedo dove siano le nostre tanto declamate doti civili, la nostra democrazia, la nostra ragione, la nostra cultura, la nostra civiltà. Mentre le cerco, la nostra cara Inciviltà spara a zero, continua imperterrita nel suo lavoro di distruggere le basi fragili di una giustizia che pare non prenderà mai il volo. Eccola agire, proprio in Israele si è travestita da Sharon per costruire un muro che divida israeliani e palestinesi. Che bellezza!Ci voleva un altro muro fatto di odio e mattoni. Ci voleva un altro pizzico di incomunicabilità. L'Inciviltà di oggi permette ad una nazione ricca ed avanzata come è lo stato di Israele di prendersela con profughi nelle tendopoli e con persone che non sanno se la loro casa sarà ancora in piedi il giorno successivo. Quelli lanciano una pietra e la nostra Inciviltà gli butta contro missili e carri armati. La nostra Inciviltà oggi ha fatto morire probabilmente un buon numero di bambini africani per AIDS, e altrettanti per fame e sete,per non parlare degli adulti. Ai primi non ci concediamo il lusso di regalare farmaci o cibo o acqua, per i secondi non perdiamo tempo a vendere armi. Tutto perfetto: i primi, o almeno quelli che sopravvivranno, dovranno fare il lavoro dei secondi che invece non saranno cosi fortunati. Tutto chiaro??Ma questa inciviltà è proprio avanzata! Anni e anni di sviluppo tecnocratico, per raggiungere le bombe intelligenti ma non troppo e ancora non siamo riusciti a dare al nostro mondo un po' di civilizzazione, nel senso di uno sviluppo di una coscienza umana, di solidarietà (pre, non post), pace, amore, fratellanza. Parole che sfumano nel rumore tante volte provocato dal loro essere gridate come fossero slogan da stadio. Intanto la nostra Inciviltà produce continuamente tristi frutti come guerre, fame, odio, rancore, disperazione, solitudine, morte. Così mi chiedo, ancora una volta, cosa ricordiamo oggi? Una sola pagina di quel lungo libro dell'iniquità che ancora continuiamo, ciechi, a scrivere?Non è forse ingiusto tutto ciò? Dov'è l'uomo? Mi sembra di vedere solo bestie, sempre prede e predatori. Forse ricordiamo oggi per dimenticare domani? E non è vano, sciocco e ipocrita tutto ciò?E se anche lo facessimo solo per noi stessi, ognuno di noi non sa forse di se stesso? Magari a qualcuno le mie posizioni saranno sembrate sciocche, a qualcuno arbitrarie o incomprensibili o addirittura paradossali, e magari qualcuno avrà ragione, ma ho voluto cogliere lo stesso questa occasione, questa importante giornata di comunione attorno ad uno dei tanti drammi del nostro tempo, per non dimenticare. Per non dimenticare che, anche se non ci sono più lager e stermini di massa, ci sono ingiustizie, violenze, massacri, guerre, di cui non possiamo non farci carico, sentendole del tutto estranee dal nostro piccolo orizzonte giornaliero. Possiamo ancora impedire che crimini contro l'umanità vengano perpetuati continuamente da questo sistema, perché anche se in misura diversa, oggi avvengono delitti efferati e spregevoli di cui tutti siamo colpevoli, nella misura in cui non ci alziamo per denunciarli, non ci dissociamo, e non ci mobilitiamo per cambiare le carte in gioco. Per non dimenticare le vittime innocenti di ogni tempo, specie quello di oggi, specie quelle vittime che potremmo salvare giorno per giorno, smettendo di essere gli involontari carnefici di un massacro in diretta. Siamo noi che progettiamo il futuro giorno per giorno, e ciò che oggi è un qualcosa di indefinito, da costruire ancora del tutto, domani sarà ciò che i nostri pronipoti riconosceranno come la loro memoria. Facciamo dunque in modo che le future genti di questo mondo, le future generazioni che calpesteranno la terra in cui oggi viviamo possano non conoscere mai gli abomini che coprono l'uomo di onta e disgrazia. Per rendere vera una civiltà umana, non dimentichiamo le ingiustizie del passato, ma soprattutto quelle del presente, fermiamole, non permettiamo loro di diventare la nostra memoria e lasciamo al futuro la possibilità di non conoscerle mai. Per non dimenticare la speranza di una civiltà dell'uomo, per recuperare una umanità mancata ma, forse, non ancora perduta. |
PUBBLICATO 27/1/2005
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