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Luigi Bonacci: città in ritardo ma gravi le responsabilità della sinistra

Foto © Acri In Rete
Redazione
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Un altro anno sta per concludersi e Acri In Rete ha deciso di fare un bilancio della situazione finanziaria, economica e sociale in cui versa il nostro paese.
Quest’anno, più di quelli precedenti, Acri sembra essersi assopito sotto tutti i punti di vista; da paese prospero economicamente, politicamente e culturalmente qual era, sembra essersi ridotto a una mera città-dormitorio.
Scompaiono strutture trainanti per l’economia del paese, viene fortemente ridimensionato l’ospedale, chiudono diverse attività commerciali e, dulcis in fundo, il comune viene dichiarato in dissesto finanziario. Di chi sono le colpe? Come ci si può risollevare da una situazione così critica?
La redazione di Acri In Rete deciso di chiedere il parere di alcuni ex amministratori, di diversa estrazione politica.
Partiamo con un’intervista al prof. Luigi Bonacci, uomo di grande spessore politico, nonché ex sindaco del comune di Acri.

1) Lei è stato per molti anni consigliere comunale e, per un breve periodo, anche sindaco di Acri, oltre che uomo politico (nelle file della DC prima, del CDU e UDC poi) da oltre 40 anni. Che giudizio si sente di dare alla politica acrese degli ultimi 20 anni?
Dal 1972 al 2000 ho avuto l’onore di essere rappresentante dei cittadini nel Consiglio Comunale di Acri. Ho, quindi, avuto possibilità di partecipare attivamente alla vita politica del Paese per ben ¼ di secolo. Sino agli anni ’90 la classe politica di Acri si distingueva per serietà, spirito di appartenenza e voglia di lavorare per favorire la crescita socio-culturale del paese. Con la legge n.181 del 1991 le cose sono cambiate e, con l’elezione diretta del sindaco, l’INDIVIDUALISMO si è affermato, riducendo, così, gli spazi di democrazia. “Un uomo solo al comando” non ha consentito di far crescere una classe dirigente capace di misurarsi con le problematiche del paese.

2) Oggi Acri è avviata verso un innegabile ed inarrestabile declino socio-economico: fortemente ridimensionato l’Ospedale, scomparso da anni il Salumificio, scomparsa di fatto l’Enel, fortemente ridimensionata l’Afor-Arssa (ex Opera Sila). Le strutture più importanti (e trainanti per l’economia) o sono scomparse o, come nel caso dell’Ospedale, sono diventate marginali. A questo bisogna aggiungere la crisi irreversibile di molte attività artigianali e commerciali, quindi, un crescente impoverimento generale. Quali sono, a suo avviso, le responsabilità del ceto politico che ha governato questa città negli ultimi 25 anni?
Le maggiori responsabilità sono della sinistra che ha governato Acri sino al 2000, salvo un breve periodo a guida D.C.. Non essere riusciti a rompere l’isolamento di Acri è la colpa più grave. Le attività artigianali e commerciali acresi avevano un grosso “credito” nella provincia, ma si è fatto poco per il loro sviluppo. Basti pensare alla vicenda del PIP “Gastia”: 10 anni di lotta e 2 miliardi di lire per mettere a disposizione degli artigiani solo 5 lotti. Anche l’opposizione ha le sue responsabilità perché ha fatto poco o nulla per arrestare il decadimento del paese. A dire il vero è grazie al sottoscritto che, da consigliere d’opposizione, nel 1998, è stata approvata una delibera che ha consentito l’edificabilità di opifici per attività artigianali e commerciali nelle zone agricole e che ha permesso ad alcune imprese di esercitare la propria attività. L’’ultimo errore della sinistra è stato quello di avere sperperato una somma di circa 60 milioni di euro, destinati alla viabilità extraurbana, ottenuti grazie all’impegno dell’UDC e del suo rappresentante più autorevole, sen. Gino Trematerra.

3) Fino a 20-25 anni fa il ruolo dei partiti ad Acri (nel bene e nel male) era evidente e significativo. Se da un lato, i partiti, avevano il compito di governare la città (maggioranza e opposizione), dall’altro avevano anche il compito di formare e riprodurre soggetti politici che dovevano assolvere a questo compito. Negli ultimi anni, invece, si sono affacciati sulla scena politica soggetti molto spesso privi di qualsiasi formazione politica, spesso sprovveduti, ma pronti a cambiare schieramento addirittura durante la loro presenza nel consiglio comunale. Che giudizio da del ceto politico degli ultimi tempi? Che cosa bisogna, secondo Lei, fare perché la politica torni ad essere un “servizio” utile per la collettività?
Ancora oggi io ritengo che i partiti siano soggetti indispensabili per il sistema politico italiano. Prima la classe dirigente si formava nelle sezioni e i partiti riuscivano ad essere un importante filtro tra le istanze dei cittadini e le istituzioni. Oggi io ringrazio comunque le persone che si mettono al servizio della collettività, ma, purtroppo, devo dire che spesso lo fanno senza un’adeguata preparazione e soprattutto senza avere un contatto continuo con i cittadini. In passato il cambio di casacca era un peccato mortale (dal 1950 al 2000 io ricordo che 3 o 4 consiglieri hanno cambiato gruppo o partito), oggi è venuto meno lo spirito di appartenenza; si cambia gruppo con facilità e quasi sempre lo si fa per ambizioni personali.

4) Secondo Lei quali sono i limiti più gravi e i più grossi errori che il ceto politico ha commesso  negli ultimi anni ad Acri?
La D.C. e il P.C.I. ad Acri hanno avuto il merito di aver tenuto lontano dalle istituzioni la corruzione e il malaffare ma, nello stesso tempo, hanno la responsabilità di avere difeso troppo le posizioni dei propri partiti a discapito degli interessi generali del Paese. Negli ultimi anni si è assistito ad una faida personale che ha fatto perdere di vista l’interesse generale e, fatto più grave, ha allontanato dalla politica giovani professionisti che potevano dare un contributo all’azione amministrativa.

5) Esiste, a breve o medio termine, la possibilità reale e concreta di poter uscire da questa situazione di quasi default economico e di fallimento politico in cui Acri si trova?
Il dissesto finanziario del nostro Comune, e in generale dei comuni italiani, è dovuto, a mio parere, a due fattori:
1) la cassa comune;
2) il bilancio di competenza.
La cassa comune ha significato il venir meno dei fondi vincolati, ossia una somma ottenuta per finanziare una determinata spesa è stata utilizzata per altri fini. Nel bilancio di competenza è facile determinare un debito perché spesso le entrate preventivate non si realizzano, lasciando così, senza copertura finanziaria una spesa effettuata. Da un’indagine che feci nel 2010 ho riscontrato residui attivi per circa 3.500.000,00 euro, quindi il comune aveva speso per servizi e opere la stessa somma senza copertura finanziaria.
La colpa dell’attuale amministrazione è quella di non aver coinvolto le altre forze politiche presenti in Consiglio e, soprattutto, di non aver fatto capire ai cittadini che i tributi e le tasse sono necessari al mantenimento dei servizi e alla realizzazione di opere per lo sviluppo del Paese. Il sindaco ha la colpa di aver cercato responsabilità individuali, forse per “vendetta”, facendo finta di non capire o non sapere che un debito di circa 20 milioni di euro non si accumula in pochi anni, né può essere addebitato all’azione amministrativa di un sindaco o di una sola amministrazione.


6) Esiste la possibilità di formare un nuovo ceto politico che non provenga dai soliti apparati, dalle solite famiglie, dalle solite oligarchie di potere e sottopotere? Cosa si può e si deve fare?
Non esiste una “laurea” per gli amministratori; è sufficiente avere “buon senso”, capacità di ascolto e soprattutto spirito di servizio. Io ho fiducia nei giovani e sono certo che dando loro la possibilità riusciranno ad essere buoni amministratori.

7) Quali sono, a suo parere, le cose più urgenti e importanti da fare per iniziare a sollevare la nostra città?
Riprendere con forza e unitariamente il problema della viabilità extracomunale; approvare il piano strutturale comunale (siamo ancora fermi al Piano regolatore del 1987); far tornare l’ospedale “Beato Angelo” al ruolo che aveva qualche anno fa; agevolare le attività produttive con una riduzione dei tributi; coinvolgere i giovani nell’azione amministrativa.

8) Lei è anche un apprezzato docente di matematica, quindi un educatore: quali consigli darebbe a un suo studente che ha voglia di “fare politica”?
Il giovane deve fare esperienza politica perché lo aiuta a crescere e a sviluppare il senso della cittadinanza. Mettersi al servizio della propria comunità è un grande privilegio e la gratificazione che ne consegue è quella di aver potuto partecipare a far crescere la propria città. Non deve pensare, però, che la verità stia tutta da una parte ma cercare sempre momenti di incontro per poter fare una sintesi delle diverse opinioni.

9) Se lei potesse tornare indietro nel tempo quali cose non rifarebbe in politica?
Non delegherei altri a ricoprire ruoli che io, con molta modestia, potrei assolvere. La difesa ad oltranza dell’appartenenza ad un partito, che ha caratterizzato la classe politica della mia epoca, è stata un errore perché ha fatto perdere di vista i reali problemi della città.

10) Quali proposte suggerirebbe a un eventuale nuovo ceto politico?
Intanto c’è da ricostruire un dialogo tra le forze politiche e sociali, che va da al di la del personalismo. Acri ha bisogno di interventi strutturali in grado di dare speranza alle giovani generazioni. Nessuna forza politica o movimento civico, da solo, può affrontare i gravi problemi in cui versa il paese. C’è necessità di un patto in grado di coinvolgere tutti in un processo di crescita culturale, sociale ed economica della città.
Nel 2000 avevo proposto un “Patto per la città” tra tutte le forze politiche, perché già erano evidenti i malesseri di natura finanziaria e politica in cui si trovava il Comune. Purtroppo questa mia proposta è stata rigettata dai partiti della sinistra e dell’allora CCD e si è andati avanti con i soliti schieramenti e le solite divisioni che non hanno fatto certamente bene al paese.

PUBBLICATO 15/12/2016 | © Riproduzione Riservata





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