Il sindaco che volle restare con il cerino acceso in mano
Salvatore Ferraro
Nei tre anni che mi hanno visto far parte dell’Amministrazione Tenuta, fin dai primi giorni, mi è capitato di ripetere, monotonamente, forse con presunzione, ma sempre inascoltato o non inteso, la frase del vecchio di Trilussa: “Più che dir la verità da solo, preferisco sbagliarmi in compagnia”.
Un po’ perché pensavo che la minoranza (praticamente solo il sottoscritto) dovesse sempre adeguarsi alla maggioranza, un po’ perché c’era quello che sembrava un progetto alto e nuovo da realizzare, dietro al quale ancora oggi si nascondono tutti quei consiglieri disposti a coprirsi di ridicolo pur di non mollare lo sgabello. Appena insediati ci siamo ritrovati davanti al diktat della Corte dei Conti che imponeva il dissesto, e di fronte a tutti gli scienziati economisti che dicevano che dovevamo opporci al dissesto con un piano di rientro, solitario come il passero di Leopardi, sollevai le mie obiezioni più che altro per ragioni politiche: opporsi al dissesto imposto dalla Corte dei Conti, significava scaricare il grosso delle responsabilità dalle spalle di chi l’aveva follemente creato, con il rischio di farsene carico, soprattutto nella malaugurata ipotesi che il ricorso non venisse accettato, facendo così poi ritrovare il sindaco Tenuta con il cerino acceso in mano. E in ogni caso ritenevo che un piano di rientro lacrime e sangue avrebbe fatto più danni che una dichiarazione di dissesto, per una serie di motivi che non starò qui a elencare. Bisognava, a mio avviso, lasciare la responsabilità morale, politica e penale del disastro al sindaco Trematerra che, solo nel 2011 (anno a cui si riferiscono i controlli effettuati dalla Corte che sortirono l’imposizione del dissesto), aveva creato la quasi totalità degli 8 milioni e passa di debiti fuori bilancio (grave reato amministrativo). Mi permisi anche di manifestare la mia contrarietà alla liquidazione, che sembrava opportunistica e clientelare, dei debiti fuori bilancio che fu approvata in Consiglio Comunale senza voti contrari. Scrivevo in uno dei tanti articoli in cui esprimevo il mio singolare e modesto punto di vista, che il gigantesco danno economico e finanziario contro l’Ente l’avrebbe dovuto pagare il sindaco Trematerra e tutti i Responsabili di Settore che, prestandosi alle pressioni della parte politica, in spregio alla legge Bassanini, obbedivano supinamente alle imposizioni sconsiderate della maggioranza, anche a quelle pressioni che portarono il Comune di Acri alla ribalta per infiltrazioni mafiose (Inchiesta Acherunzia). In un articolo concludevo “chi ha sbagliato dovrebbe pagare e non i cittadini incolpevoli, che stanno mostrando già troppo senso della misura e della tolleranza, perché se fossimo nel luogo del vostro medioevo mentale e culturale, verrebbero all’assalto delle vostre sontuose ville con i forconi”. Ma purtroppo la confisca dei beni, per pagare il danno erariale commesso dai politici, in Italia forse non sarà mai realtà. (Leggi qui) E’ inutile ricordare che l’articolo scatenò l’attacco dei trematerrestri contro il sottoscritto con minacce, calunnie e raffiche di querele andate a vuoto. Ma torniamo al dissesto e al piano di rientro che il sindaco Tenuta, per mancanza di coraggio o per coda di paglia, volle a tutti i costi perseguire, con una tassazione vessatoria a carico dei cittadini, assumendo sulle proprie spalle dritte la responsabilità e sollevando in parte o facendo dimenticare alla cittadinanza le gravi colpe del suo ex socio dissestatore. La preparazione del piano di riequilibrio, per scongiurare il dissesto, è costata più di due anni di preparazione e elaborazione da parte di luminari di diritto contabile e un dispendio notevole di risorse. Oggi, martedì 20 settembre, resterà una data funesta per il sindaco Tenuta. Avrà avvertito una scarica di extrasistoli quando gli avranno comunicato il responso della Corte dei Conti. Due anni persi per quello che adesso si appaleserà come un enorme imbroglio ai danni dell’intera città. La Corte dei Conti, Sezione Regionale di Controllo per la Calabria, con Deliberazione n° 65/2016, ha deliberato di non approvare il piano di riequilibrio finanziario pluriennale del Comune di Acri (CS) avendo valutato lo stesso non congruo ai fini del riequilibrio finanziario dell’Ente. Ecco Signor Sindaco, adesso non vogliamo sapere cosa farai con quel cerino acceso in mano. Segue copia deliberazione Corte dei Conti, per brevità direttamente dalle conclusioni. |
PUBBLICATO 21/09/2016 | © Riproduzione Riservata
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