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Gianni Mazzei rilegge Marx, le interessanti speculazioni de “Carlo Marx, il compagno borghese di Pericle”

Foto © Acri In Rete
Piergiorgio Garofalo
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Sono ormai diversi anni, all’incirca dallo scoppio della crisi dei mutui sub-prime del 2008-2009, che da parte di molti analisti e commentatori si fa sempre più convinta la tesi secondo la quale molte delle teorie marxiste sul capitalismo, probabilmente, erano esatte. Le enormi diseguaglianze che negli ultimi decenni hanno prodotto da una parte un capitalismo sempre più finanziario, e dall’altra un neo(ordo)-liberismo ormai degenerato, inevitabilmente spingono a rileggere, criticamente, il filosofo che più di tutti attraverso le sue teorie politiche ed economiche seppe individuare le enormi ingiustizie sociali che l’evoluzione distopica del capitalismo avrebbe prodotto.
Diversi i percorsi di lettura che sono affiorati. Alcuni troppo repentini e massimalisti, altri, invece assai interessanti. Ed è proprio tra questi ultimi che può annoverarsi l’opera “Carlo Marx, il compagno borghese di Pericle”.
L’ossimoro vistoso che già si ravvisa nel titolo di questo pamphlet scritto da Gianni Mazzei, attira subito il lettore ma, in sede di presentazione, è lo stesso autore a cautelarsi avvertendo che, il testo, rappresenta una “semplice e voluta” provocazione, un espediente volto dunque alla discussione e alla coraggiosa proposizione al pubblico di una speculazione, in definitiva per nulla rudimentale, che partendo da una “falla” nel sistema marxista, arriva con le sue argomentazioni ad individuare nella società greca di età Periclea uno dei modelli sociali più confacenti alle teorie del filosofo di Treviri.
I più attenti cultori del pensiero marxista avranno già notato la vistosa contraddictio in terminis: come può ritracciarsi nel sistema marxista una serie di elementi tali da giustificare l’individuazione di un modello sociale “idoneo” proprio nella Grecia Periclea che, apparentemente, sembra così distante dai canoni convenzionali suggeritici dallo stesso Marx?
Il “bello” dell’opera però, sta proprio qui.
Di fatti Mazzei, partendo dall’analisi del concetto di sovrastruttura in Marx, suggerisce un passo che sembrerebbe di fatti contraddirne il concetto, ovvero: “l’arte greca continua a suscitare in noi godimento estetico e costituisce una norma e un modello inarrivabili….” (Per la critica dell’economia politica).
Ordunque, sostiene l’autore, se poniamo la sovrastruttura come quella maschera attraverso la quale la società dominante riesce a far apparire generali gli interessi che, invece, appartengono ad una sola classe, e al contempo consideriamo che in questa visione l’arte è di fatto una sovrastruttura… come è possibile che Marx indulga in una considerazione tanto positiva della stessa? Se ne deduce, inevitabilmente che, un arte tanto inarrivabile e metastorica, non può che rappresentare e conservare solidamente il dna di una  società altrettanto evoluta, e dunque elevarla a modello privilegiato nello stesso sistema marxista.
Legatissimo all’interpretazione Gramsciana del pensiero Marxista, l’autore sottolinea poi gli elementi che avvalorerebbero questa tesi a partire dalla disanima della democrazia ateniese, che riuscì a realizzare un raro equilibrio tra interesse pubblico e privato, fino al  diverso significato della religione greca, data l’assenza in questa, del concetto di alienazione.
Coraggiosi poi anche i corollari contenuti nelle conclusioni del trattato, ove l’autore azzarda finanche un’ “aggiornamento” del marxismo, strettamente legato al pensiero meridiano e alla centralità che in questo riveste il Mediterraneo non solo come epicentro geopolitico, ma bensì come scacchiere ove la nuova dicotomia Nord-Sud, si affianca a quella classica datore di lavoro-operaio e ridisegna così gli obiettivi della praxis, ovvero della lotta politica e sociale, che per il suo innato dinamismo deve incarnare le giuste esigenze e dunque trasformarsi per attualizzarsi.
Al netto delle legittime critiche a tali argomentazioni, all’opera in questione rimane il merito di reintrodurre nella discussione culturale moderna argomenti troppo semplicisticamente accantonati, e all’autore quello di essersi cimentato con naturalezza e competenza in una struttura filosofica, quella marxista, sovente considerata chiusa o, per lo meno, poco votata a riletture critiche.

PUBBLICATO 07/07/2016 | © Riproduzione Riservata





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