Marzo il pazzo ed il pastore


Manuel Francesco Arena

Questa qui è una delle tante leggende popolari per grandi e piccini della nostra Calabria. Quando ancora nelle case le tv non facevano parte dell’arredo, era usanza che le famiglie si radunassero alla sera davanti al focolare per raccontarsi le memorie del giorno che fu o queste fiabe fantasiose che erano eppure semplici, ma pregne di fascino. Si dice tutt’oggi che Marzo è pazzo, ma sapete il perché? Bene, in queste righe proverò a narrarvi la sua celeberrima storia. Una volta, tanti anni fa, nel suo periodo Marzo se la prese con un pastore. Il “nostro mese” addirittura per dispetto, si era messo in testa di annegargli con un diluvio il gregge. Va detto che sebbene strano, Marzo era però anche ottuso, per questo tendeva ad essere sempre preso in giro dal pastore, il quale fiutata la sua perfida idea, gli negava sempre la verità. Infatti ogni sera che Marzo chiedeva al pastore dove andasse l’indomani a pascolare gli armenti, questi rispondeva “vado in montagna” per poi dirigersi in pianura o viceversa. Il povero Marzo da buon credulone che era, finiva sempre per fidarsi del pastore e lanciava temporali da paura a secondo dove gli diceva che l’altro si sarebbe recato, salvo venire buggerato perché quel furbo del pastore quando pioveva in montagna, si trovava in realtà a godersi il sole in pianura e nei giorni in cui nella bassa diluviava, lui era in altura al sicuro contrariamente da ciò che aveva dichiarato la sera prima. Andò così per tutto il mese di Marzo. Quest’ultimo si sentiva avvilito e sconfitto. Il pastore andava vantandosi all’osteria: “Veaiju n’tri ricchi a marzu ca i piacuri l’eaiju tutti”, vado contro Marzo ‘che le pecore le ho salvate tutte. Quando lo seppe Marzo, toccato nell’orgoglio andò da Aprile a chiedergli in prestito tre giorni. Questa va’ detto per dovere di cronaca, era anche l’unica sortita che gli rimaneva. Aprile, il quale era buono rispose che se gli bisognavano, gli avrebbe ceduto anche sei giorni. Fu così che in uno dei primissimi giorni di Aprile, quando Marzo gli chiese se l’indomani avrebbe portato le bestie a pascolare in pianura o in montagna, il pastore commise l’ingenuità di dirgli la verità con tono spavaldo poiché all’oscuro del complotto, stavolta si sentiva sicuro: “Domani vado in pianura caro Marzo. Il tuo tempo è passato ed io te l’ho fatta da sotto il naso”. Marzo mangiò la foglia e sogghignò senza lasciar trapelare nulla. Accadde il giorno dopo in pianura che improvvisamente un cielo inizialmente azzurro, diventò a tarda mattinata terreo. Gli uccelli smisero di cantare, il vento si placò ed una fitta pioggia che oggi diremo bomba d’acqua, si scatenò senza tregua per ore. Il povero pastore gabbato, provò a mettersi in salvo con il gregge, ma la gran parte delle sue pecore vennero travolte da una piena improvvisa del vicino fiume. Solo allora fu chiaro al pastore che con uno stratagemma che aveva coinvolto anche l’incosciente Aprile, Marzo aveva avuto la sua vendetta. Ma a che prezzo? Al fiume a lavare i panni senza che egli lo sapesse, infatti stava anche la mamma del maldestro Marzo, la quale poveraccia, senza riuscire a proferire parola, era stata anche ella spazzata via dalle acque. Fu così che nacquero le leggende del Marzo che per fare un dispetto al pecoraio, annegò anche sua madre e quella dei sei giorni avuti in prestito dall’Aprile: giorni che a ben farci caso, tante volte il tempo è variabile come nel pieno del mese pazzerello in cui vedi il sole e prendi l’ombrello. Altro antico proverbio che non c’entra nulla con la suddetta storia per indicare la potenza dei raggi del sole marzolino che va’ comunque citato dice: “Miagliu ca mammata ti perdissi, no ca u sudu e marzu ti trovassi”, meglio che tua madre ti perda e non che il sole di marzo ti trovi.
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PUBBLICATO 29/03/2025 | © Riproduzione Riservata

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