L’origine del termine femmina e il martello delle streghe
Gaia Bafaro
L’Inquisizione contro le streghe si diffuse nel 1258. Fu con la bolla “Summis desiderantes affectibus”, promulgata all’alba del Rinascimento, il 5 dicembre 1484, da papa Innocenzo VIII, che si avviò la caccia alle streghe e che si autorizzò i domenicani Heinrich Institor Krämer e Jakob Sprenger (“prediletti figli” di papa Innocenzo VIII) a punire, incarcerare, correggere le persone colpevoli di stregoneria. “In virtù della nostra autorità, Noi concediamo a questi nostri figli la facoltà libera e globale di proporre e predicare la parola di Dio al popolo fedele, all’interno di tutte le chiese parrocchiali delle suddette province, ogni volta che sembrerà loro opportuno. Allo stesso titolo potranno assolvere liberamente le loro funzioni negli stessi luoghi, mettendo ad esecuzione ogni intervento e tutti i mezzi che sembreranno più necessari e opportuni. […]E se qualcuno oserà contestare [il presente atto] sappia che ricadrà su di lui il castigo di Dio onnipotente e dei santi apostoli Pietro e Paolo.” Nell’anno del Signore 1484, cinque dicembre, del nostro primo pontificato . I due frati scrissero un’opera passata alla storia come “Malleus Maleficarum”, dove erano descritti metodi per riconoscere, torturare e condannare le streghe. Essi si scagliarono principalmente contro le donne poiché concubine del demonio, la donna erano lussuriosa ed il suo potere si originava dal sesso tanto che, più che opera teologica, il Martello della strega si presenta come scritto dai tratti fortemente sessuofobici : “In conclusione, tutte queste cose provengono dalla concupiscenza carnale che in loro è insaziabile[…] non c’è da stupirsi se tra coloro che sono infetti dall’eresia delle streghe ci sono più donne che uomini […]E sia benedetto l’Altissimo che finora ha preservato il sesso maschile da un così grande flagello!” Si credeva che le “femmina”, dal latino Fe (= fede) e Minus (= meno),potesse essere facile preda del demonio a causa della sua condizione di inferiorità rispetto all’uomo, inferiorità principalmente attribuita all’errore della progenitrice Eva. Secondo la convenzione comune, le persone di sesso femminile si avvicinavano alla stregoneria perché più credulone e inesperte dell’uomo, più curiose, più cattive, più maliziose, più vendicative, più loquaci e di temperamento instabile. Persino Dante nel XX canto dell’Inferno, alludendo alle superstizioni e alle usanze del suo tempo, colloca le donne divenute maghe nella quarta bolgia dell’ottavo cerchio, queste, dice il Sommo poeta, preferirono lasciare le occupazioni come il cucito per maleficiare tramite spilli e cera le altre persone: “Vedi le triste che lasciaron l’ago, la spuola e ‘l fuso, e fecesi ‘ndivine; fecer malie con erbe e con imago.” Secondo la tradizione, le streghe stipulato il patto con il demonio volavano a cavallo di scope( chiaro riferimento fallico) o si trasformavano in animali, per raggiungere il Sabba chiamato anche “sinagoga”, “barilotto”, “stringhezzo”, “buon gioco” dove le aspettava il demonio in persona che, sotto forma di gatto o caprone puzzolente, faceva si che gli venissero baciate le parti intime e che gli fosse, in segno di sottomissione, scritto un patto con il sangue preferibilmente mestruale. Seguivano banchetti, canti e danze e messe nere usando talvolta corpi di donna come altari. In tali funzioni è la donna a compiere ogni ufficio ed è “l’ostia” con cui tutti entrano in comunione. La tradizione ci parla di un punto famosissimo di ritrovo: Il noce di Benevento. Invece, su diverse testimonianze di processi alle streghe spicca una frase utilizzata da queste per “volare”: “ ‘Nguentu, ‘nguentu portami allu nuce di Benevientu”. Infatti, sembra che le streghe cospargessero le cosce di un unguento ( probabilmente composto da erbe con lo stesso effetto di una droga) che gli permetteva di cavalcare scope o animali per recarsi al Sabba. In realtà è probabile che, anticamente, le donne si riunissero per celebrare gli antichi culti della Dea Madre e che per tale motivo venissero considerate ostili alla religione ufficiale. Del patto di sangue con il Demonio è Leonardo Sciascia ad offrirci una suggestiva descrizione nella sua opera La Strega e il capitano, dove, un misterioso uomo di nome Francesco (probabilmente satana) spinge la povera protagonista Caterina a stipulare un contratto per conquistare e ammaliare Squarciafigo: “Francesco cavando dalla calza una carta ed un ago, le disse che si trattava di dar l’anima al demonio; e, fatta la cessione, non solo Squarciafigo se la sarebbe tenuta in casa, ma avrebbe finito con lo sposarla. Caterina non ci stette a pensare : per come Francesco le dettava, si punse un dito della mano sinistra a farne uscir sangue , nel sangue Francesco intinse a modo di penna, l’ago e tracciò sulla carta cinque lettere; lo passo poi a lei a che tracciasse un circolo : ed ecco che in forma d’uomo grande, e di bruttissima ciera, comparve il diavolo << ma non mi disse cosa alcuna e nel tempo di un’Ave Maria scomparve; né dall’ora in qua ho più visto detto Francesco, anzi ho inteso che è morto >>. Inoltre, le donne erano ritenute responsabili di provocare malattie del bestiame, rendere impotenti gli uomini, far sparire i loro genitali e provocare aborti. Il manuale di Krämer e Jakob Sprenger divenne un importantissimo punto di riferimento per gli inquisitori soprattutto per quanto riguarda i metodi di tortura, i due domenicani scrivevano che per ottenere la verità si dovesse ricorrere a tali trattamenti: “Noi giudici e assessori […]per avere la verità dalla tua stessa bocca […]dichiariamo e giudichiamo che nel tale giorno alla tale ora tu debba essere sottoposta a interrogatorio e tormenti […]sia spogliata da altre donne oneste e di buona reputazione; questo per il motivo che qualche stregoneria potrebbe essere cucita nei vestiti […] e se non vorrà confessare dia mandato ai ministri di legarlo (l’imputato) alla corda agli altri strumenti [… ]in terzo luogo la cautela da osservare […]riguarda la rasatura di ogni parte del corpo: per la stessa ragione per cui si tolgono gli abiti…” Se durante la tortura il condannato moriva la colpa non era da attribuirsi all’inquisitore, ma allo stesso inquisito , per non aver detto la verità. Dai supplizi e dalle condanne non era esente nessuna donna, venivano incolpate tutte, di qualsiasi età, di qualsiasi condizione soprattutto perché temutissime e odiate dagli uomini che le accusavano, erano considerate streghe soprattutto coloro che possedevano gatti neri, capelli rossi o nei nell’iride dell’occhio, il cosiddetto “segno del diavolo”, diventando valvola di sfogo di paura ed odio. Solitamente, le streghe giovani si occupavano di filtri d’amore ed incantesimi per infertilità e impotenza, le vecchie invece di invidie e malocchio, inoltre potevano procurare malattie e far morire le persone. Spesso le donne accusate di stregoneria era molto sagge e sapevano curare con le erbe e potevano essere anche capaci di guarire o semplicemente si trattava di personaggi scomodi politicamente o persone oneste che si rifiutavano di divenire l’amante del potente di turno.
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PUBBLICATO 30/03/2022 | © Riproduzione Riservata
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