Pitagora e i pitagorici
Gaia Bafaro
Un figlio della nostra terra è il filosofo Pitagora. Molti sono i misteri che aleggiano intorno a questa affascinate figura, simile per le fonti più ad un santo cristiano che ad un filosofo pagano. Le “vite di Pitagora”, infatti, scritte dopo la sua morte, ricordano agiografie in cui si rimarca il miracoloso ed il meraviglioso. Il filosofo è capace di guarire, trovarsi in più posti contemporaneamente e persino di prevedere il futuro. I suoi discepoli lo consideravano una reincarnazione d’Apollo e lo ritenevano capace di prevedere i terremoti, allontanare le pestilenze e soggiogare gli animali. Del mondo di Pitagora e dei suoi adepti quello che colpisce sono le restrizioni, i tabù, le regole che si dovevano rispettare per far parte di una determinato modo di vivere. Sicuramente la prima regola era quella del silenzio e chiunque avesse rivelato i segreti della congrega ne veniva escluso. La segretezza ed il mistero a riguardo degli insegnamenti frammentari che ci sono giunti, sono tutt’oggi esistenti e l’interpretazione di certi comportamenti restano ancora delle teorie. Ad esempio, un imperativo categorico della “setta” è: “Astieniti dalle fave”, esortazione dal significato parzialmente oscuro. Questo segreto, stando ad alcune fonti, è la causa della fine dei pitagorici e di Pitagora stesso , avvenuta proprio a causa dell’opposizione nel non voler rivelare il significato di tale affermazione. Si pensa infatti che i Pitagorici preferirono consegnarsi al tiranno Dioniso piuttosto che attraversare un campo di fave per mettersi in salvo e che i superstiti si rifiutassero di svelarne il motivo. Quando il despota chiese ad un prigionieri come mai i suoi compagni avessero scelto la morte anziché attraversare il campo delle fave, questi rispose: “ Quelli si sono assoggettati alla morte pur di non calpestare le fave; io, per parte mia, preferisco calpestare le fave pur di non rivelarne la ragione”. L’alimentazione dei Pitagorici doveva essere prevalentemente vegetariana, ci si opponeva ad ogni pietanza empia poiché la terra forniva all’uomo già tutto il necessario per nutrirsi senza spargimento di sangue. Diogene Laerzio ci tramanda gli alimenti principali dei pitagorici: miele, pane di miglio o orzo, vino, verdura cotta e cruda e, raramente, la carne di quegli animali che era lecito sacrificare. Alcuni studiosi affermano che fosse proibito mangiare la carne di maiale o vitello e banditi il consumo di occhi e cuore, secondo altri Pitagora non uccideva o si cibava di animali, evitava persino la vicinanza di macellai o cacciatori e il pesce era escluso dall’alimentazione poiché proveniente dal mare, separato dal mondo e dunque corrotto. Alla base di questo comportamento vi era la credenza della metempsicosi secondo la quale, le anime degli uomini potevano reincarnarsi nel corpo di un animale. Le fave, poi, erano persino peggio della carne e Pitagora, riteneva che nemmeno gli animali dovessero cibarsene, tuttavia, questo tabù , era presente, secondo Plutarco, nel resto della Grecia all’interno dei misteri Eleusini e anche Erodoto ci informa che fosse un divieto esistente persino tra gli egiziani. Di certo, Pitagora fu influenzato dalla religione orfica per la concezione dell’anima e della reincarnazione ma nello stesso tempo sembra distanziarsene per la diversa visione a riguardo della mortificazione del corpo che secondo il filosofo, invece , doveva essere sano per poter favorire l’ascensione spirituale e prevenirne, con comportamenti , alimenti e stili di vita dannosi , la corruzione. Le proibizioni pitagoriche servivano agli adepti per combattere il vizio ed annientare gli impulsi animaleschi, le passioni andavano placate e la purificazione musicale diveniva necessaria, ad esempio con l’esercizio e l’ascolto della cetra, per creare tra corpo e anima un’armonia simile a quella delle corde musicali. La “santità” poteva avvenire tra gli iniziati grazie alla meditazione e all’esperienza della separazione dal resto del mondo e dalla corruzione, in questo quadro le fave erano un cibo degli uomini, mentre i cereali, costituivano il cibo degli Dei. Le fave, erano da considerarsi impure per la forma simile ai genitali maschili , inoltre, il loro odore sgradevole, le riconduceva al mestruo femminile da cui si pensava si fossero originate. Oppure, una fava sgranocchiata e lasciata al sole acquisiva lo stesso odore del liquido seminale e ancora, Pitagora credeva che mettendone il fiore in un vaso, dopo novanta giorni, al suo posto si trovava la testa di un bambino o il sesso femminile. Alla “parentela” con l’uomo lasciava pensare anche la posizione del seme nel baccello, simile a quella del feto umano. Alcune credenze ritenevano che lasciando le fave a mollo nell’acqua, questa si tingesse di rosso, divenendo un liquido dal sapore di sangue. Quindi, molto probabilmente, per i Pitagorici le fave incarnavano il principio più alto di rinascita, ricollegato al culto della Grande Madre Ctonia nella quale essi fermamente credevano. Inoltre si pensava che il consumo di fave inibisse, a causa della loro scarsa digeribilità, i sogni veritieri, ritenuti dai pitagorici di essenziale importanza poiché tramite tra vivi, morti e Dei. Si tenga presente che, in una società segreta dove pochissimo veniva scritto ed il sapere era principalmente orale, la memoria risultava essere di fondamentale importanza e al tempo si pensava che le fave la indebolissero. Il tentativo di Pitagora di ritornare allo stato di Divinità riemerge anche da altri tabù che restano forse persino più indecifrabili rispetto a quello delle fave e che ci mostrano la profonda conoscenza simbolica, esoterica, spirituale del filosofo e dei suoi adepti e, soprattutto, sono testimonianza di come i principi fondamentale della sua dottrina e della sua saggezza siano rimasti protetti dal silenzio. Tra gli esempi di credenze pitagoriche,riportati da Diogene, ricordiamo: “Non si attizzi il fuoco con un coltello”; “non si scavalchi una bilancia”; “Non ci si sieda sulla chenice”;”non si mangi il cuore”; “si tengano sempre le coperte legate insieme”; “si cancelli la traccia di una pentola sulla cenere”; “non si orini rivolti verso il sole”; “non si allevino animali dagli arti adunchi”; “non si orini o non si fermi il passo su unghie o capelli tagliati”; “si giri dalla parte opposta un coltello affilato”; “ non ci si volti indietro sul confine quando ci si allontana da casa”.
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PUBBLICATO 16/03/2022 | © Riproduzione Riservata
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