RELIGIONE Letto 1139  |    Stampa articolo

Vita

Foto © Acri In Rete
fra Piero Sirianni
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«Come posso io non celebrarti, vita?», canta un artista italiano contemporaneo.
Dietro a questo interrogativo sussiste un sottofondo antropologico rilevante: la vita può essere – volontariamente – vilipesa, scartata, oltraggiata, trascurata, emarginata, sfruttata?
Oppure, ancora più profondamente, di fronte alla vita potremmo avanzare domande di senso (ulteriormente più profonde). Queste incalanerebbero le riflessioni verso il più vasto orizzonte dell’interezza della persona umana. Essa è costituita – sempre e in qualsiasi uomo o donna – di libido, di tenerezza, di aggressività e di stima di sé.
L’eros – anche cristianamente interpretato – traduce (più precisamente) l’esserci (non solo o principalmente la dimensione sessuale della persona), lo stare nel contesto spazio-temporale; soprattutto, rimanda al paradigma dell’alterità, alle relazioni. Il permanere nella comunione interpersonale schiaccia quella asfissiante pan-sessualità che oggi impera nella nostra società.
La vita interpella! Non solo per farci attingere dal buon tesoro della storia passata (nelle proprie pagine più luminose e costruttivistiche), ma anche affinché tendiamo alla generatività: per il bene, il progresso, la pace, la gioia, la giustizia.
Un filone di antropologia oggi porta avanti – a discapito di un voltarsi indietro lagnoso e auspicante un presente utopico – la teoria dell’homo prospectus: questo significa che siamo chiamati ad affrontare le sfide attuali, e a proiettarci nella costruzione del domani. Una coppia milanese di coniugi – sociologi entrambi – sta gridando al mondo, ormai da qualche anno: “Genarativi di tutto il mondo, unitevi!”. Il papa ha spesso scritto che occorre avviare processi, piuttosto che occupare spazi (spesso di prestigio o di potere); dal suo Magistero possiamo leggere: «Il tempo è superiore allo spazio».
La nostra vocazione, antropologica e cristiana, è ad assumere la cura come fondamento assiologico (nella nostra scala valoriale); da concretizzare in gestualità fattive verso l’intero creato. E, prima ancora, a partire dalle nostre stesse persone: nella buona battaglia contro le svariate e pericolose derive che la quotidianità può presentarci.
Se ci fidiamo di un Dio – Creatore e Signore della storia – che dall’onnipotenza si è abbassato fino alla spogliazione di Sé e all’umiltà della terrena povertà, allora desideriamo avere al nostro fianco l’Uomo-Dio che per ognuno di noi si è proclamato «la via, la verità e la vita» (Gv 14,6); per camminare, dietro alla sua testimonianza, sulle strade dell’umanità redenta e solidale, misericordiosa e ricca di carità.

PUBBLICATO 18/11/2021 | © Riproduzione Riservata





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