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I tarocchi, la divinazione e il viaggio dell’anima attraverso i secoli

Foto © Acri In Rete
Gaia Bafaro
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Oggi parleremo dell’affascinante mondo dei tarocchi. Le origini delle carte utilizzate per la divinazione sono incerte, alcuni ne attribuiscono la paternità ai Greci, altri agli Egizi.
Molti si sono soffermati sulla decifrazione dei loro simboli, ad esempio, Antoine Court de Gébelin li riteneva un insieme di saggezza popolare, celebri occultisti invece ne interpretarono i misteri con riferimenti cabalistici e alchemici.
I Tarocchi più noti sono quelli di Marsiglia e la loro iconografia si rifà al Medioevo con una serie di elementi cristiani, si tratta di semplici immagini che si prestano a varie letture, un sistema infinitamente piccolo che racchiude l’immenso.
La loro struttura prevede la presenza delle lame minori (spade, denari, coppe, bastoni) e di Arcani Maggiori o ventidue figure riprese da più tradizioni: esoteriche, astrologiche o religiose.
L’alone di mistero che circonda le carte divinatorie permette di considerarle libere e universali e ciò è evidente dal fatto che la loro creazione non sia riconducibile a nessun personaggio noto e tantomeno ad una corrente di pensiero ben definita. L’intento della tradizione è quello di fare in modo che i Tarocchi contengano la storia di ognuno mentre coloro che le interpretano viaggiano attraverso uno specchio che li mette in relazione con la parte più intima di se stessi ed in generale dell’animo umano.
Certo, quello che si scopre non è sempre piacevole e, proprio per questo motivo, per chi legge il destino è necessario il coraggio capace di fronteggiare la Verità.
I tarocchi rientrano del campo della crittografia poiché sono dotati di simboli visivi con riferimenti ai numeri o alla semantica delle parole. Freud, definisce coloro che sanno rivelarne il significato capaci di restituire il messaggio latente contenuto nel materiale manifesto.
La Divinazione nasce con l’uomo stesso che sente la necessità di scoprire il futuro e dialogare con la divinità (DAL LATINO DIVINARE/DIVINUS/PROPRIO DELLA DIVINITA’), sin dai tempi della preistoria si osserva la natura per prevedere eventi futuri.
Tra le pagine di letteratura e storia, invece, spiccano le figure di Veggenti o Profetesse, basti pensare a Cassandra che aveva predetto il disastro di Troia ma nessuno le aveva prestato attenzione poiché maledetta da Apollo, ai vari veggenti ciechi (privati dalla vista ma capaci di guardare attraverso il terzo occhio) o agli oracoli che leggevano viscere di animali, osservavano il volo degli uccelli o ascoltavano il fruscio del fogliame degli alberi. Chi vedeva attraverso il futuro era da considerarsi affetto da una follia divina, non comprensibile alla massa e, per questo motivo, anche i poeti si ritennero veggenti poiché presi da un furor divino o tra i pochi capaci di bere alla sacra fonte poetica custodita dalle Muse. Anche Platone definì, attraverso il termine “mantica”, la divinazione superiore persino alla ragione.
Oltre ai tarocchi vengono in ausilio di coloro desiderosi di scoprire il futuro vari strumenti: le rune nordiche, gli specchi, il fuoco, il pendolo e persino la mano.
Tornando ai Tarocchi, la loro moda non si è esaurita ma è cambiata e si è evoluta con l’uomo stesso.
Così le carte sono sopravvissute al tempo come anima immortale dell’umanità acquistando vari aspetti con nuovi significati e capaci di inglobare nuove credenze o forma mentis ( carte degli angeli, dei gatti, delle fate) ecc…). Un processo che vede i Tarocchi passare attraverso le mani delle zingare a quelle annoiate delle dame di corte di Caterina I di Russia, fino ad arrivare agli odierni Call center dedicati alla cartomanzia.
L’argomento affascinate e ricco non può essere affrontato in questo breve articolo, tuttavia, vorremmo insieme a voi fornire qualche informazione su di un arcano Maggiore tra i più misteriosi e terrificanti nello stesso tempo: la Morte.
Lo scheletro rappresentato sulla carta appare “vivo” e ciò è evidente dal suo color carne e dal suo atteggiamento in movimento.
Essa incarna il principio di ogni cosa e per questo motivo la sua spina dorsale è simile ad una spiga di grano ed è sinonimo di vita e fecondità.
La sua falce taglia tutto ciò che emerge dal terreno ma nello stesso tempo le radici restano intatte, distrugge il superfluo e custodisce l’essenziale.
In alcune rappresentazioni sullo sfondo della carta sono evidenti dei resti umani che rappresentano l’esplosione dell’io mentre la vegetazione rimane intatta, come se spuntasse istantaneamente dopo il taglio.
La Morte dunque, ci suggerisce la lama, è l’ indispensabile complemento della vita, un momento di transizione che non può essere definitivo.
Per il consultante, estrarre “La Morte”, “ L’arcano senza nome” o “Il tredici” così chiamato per esorcizzarne il presagio e per testimoniare lo stato di ignoranza in cui si trova l’uomo sulla terra, significa che sta avvenendo il passaggio da uno stato da profano a quello dell’iniziato.
Proprio per questo motivo, tutti i riti di passaggio necessitano di una morte simbolica o iniziatica.
Bisogna necessariamente abbandonare il vecchio per rinascere e costruire il nuovo, questo è quello che preannuncia il tarocco che tuttavia, come ogni altra carta ,si presta ad una interpretazione a seconda che venga estratta al diritto o al rovescio.
In questo secondo caso, sicuramente, il responso sarà prettamente negativo anche se bisogna sempre esaminarne il contesto del consulto e la presenza delle altre carte vicine.

PUBBLICATO 20/08/2021 | © Riproduzione Riservata





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