Il lupo e la licantropia in Calabria
Gaia Bafaro
Uno dei simboli della nostra bella regione è senza ombra di dubbio il lupo della Sila. Si tratta di un animale con una ricca simbologia e storia che si intrecciano fino a dar vita ad una serie di leggende e soprattutto di timori legati alla licantropia, un fenomeno che ha notevolmente terrorizzato per anni la popolazione delle campagne calabresi. Procediamo con ordine. Il lupo è la manifestazione degli istinti, dei sensi e della crudeltà, nemico degli uomini e persino degli Dei.
Sul piano psicologico è da ricollegarsi alla voracità, alla fame insaziabile (si pensi al mondo di dire: “Ho una fame da lupo”). Nella favola di Cappuccetto Rosso è espressione di tentazione pericolosa e di desiderio, la bambina dovrebbe andare dalla nonna senza fermarsi ma cede al desiderio di cogliere fiori, acchiappare farfalle e così via, finendo nella trappola del perfido lupo vista l’incapacità di resistere al desiderio. Quindi, nelle favole, il lupo mette il protagonista di fronte alla propria forza di volontà, alla capacità di seguire il raziocinio senza soccombere agli istinti, testimonianza di ciò si può riscontrare anche nella favola dei tre porcellini dove i primi due fratelli costruiscono una casa poco stabile per la fretta mentre il terzo, simbolo della ragione, con più tempo realizza una solida casa di pietra. Il primo lupo si originò dalla sanguinaria e perfida figura di Licaone, sovrano dell’Arcadia. Per accettarsi dell’empietà dell’uomo, Zeus stesso si recò presso la sua abitazione vestito da contadino. Per sapere se si trattasse veramente di un Dio, Licaone servì al banchetto le carni del suo primogenito, inorridito Zeus decise di trasformarlo in lupo, destinandolo a cibarsi di carne umana per sempre. Nella mitologia scandinava protagonista è il lupo Fenrir, malefica bestia invisa agli Dei. Nessun Dio poteva sconfiggere la forza del mostro così decisero di tendergli una trappola affidando ai nani il compito di forgiare una rete meravigliosa. Fenrir, cadrà nel tranello poiché attratto dal Dio umile Tyr che porrà una mano all’interno delle sue fauci e lo porterà nella rete. Resosi conto di essere ormai chiuso per sempre in gabbia, il lupo mozzerà la mano di Tyr. Dopo anni Fenrir si riprenderà la rivincita per mezzo di uno dei suoi figli che divorerà il sole e porterà la terra verso un mondo oscuro e caratterizzato da un freddo glaciale. Sarà Viddhar, figlio di Odino a sconfiggere Fenrir e il figlio creando una nuova era con un’umanità purificata. Nell’antico Egitto, esisteva un dio della guerra e dei Morti dalla caratteristica testa di lupo chiamato Ophois a tal proposito,bisogna ricordare che Il lupo rivestiva un ruolo totemico di guida delle anime dei defunti. Nella superstizione il lupo ha valenza negativa sebbene per certi aspetti viene ricollegato alla maternità e alla femminilità, si pensi dunque alla lupa che allattò Romolo e Remo o ai lupi che accolgono Mowgli nel libro della giungla. Protettori dei bambini, secondo un’antica credenza si riteneva utile porre all’interno della culla di un neonato un dente di lupo affinché allontanasse spiriti e demoni. Il fenomeno della licantropia ha interessato tutti i paesi del Nord ma anche la nostra terra. Durante il plenilunio, alcuni uomini potevano tramutarsi in lupi assetati di sangue, questa metamorfosi era involontaria oppure dovuta ad maleficio lanciato da qualche strega o da un nemico che conosceva le arti magiche. Alcune versioni del mito, vogliono che siano destinati a divenire lupi mannari tutti coloro che fossero stati concepiti nella notte di S. Paolo o di Natale. Secondo la Chiesa, da quanto emerse dal parlamento di Bordeaux, i lupi mannari erano trasformati in bestie dal Demonio ed erano quindi persone dell’esercito del Diavolo. Questi, cosparsi da grasso e coperti da Satana stesso con una pelle di lupo, correvano per i boschi soprattutto il venerdì di luna nuova per commettere infanticidi. La luna influenza notevolmente l’uomo poiché composto principalmente di acqua e per questo motivo la maggior parte dei misfatti nella storia, anche secondo le testimonianze degli storici quali Plinio il Vecchio e Plutarco, avvenivano principalmente durante le notti di luna piena. I licantropi erano riconoscibili poiché sotto forma di uomini erano pallidissimi e senza ombra di peli che crescevano invece all’interno della pelle e fuoriuscivano al momento della trasformazione, inoltre potevano tramutare gli altri uomini in licantropi mediante i morsi. Il lupo mannaro era perennemente assetato e, per questo motivo, la sua arsura (simile a quella che presentano i morituri e gli spettri che si aggirano lungo i corsi d’acqua) andava perennemente soddisfatta, infatti, nelle campagne del cosentino fuori dalle abitazioni si lasciavano dei grandi secchi d’acqua o si praticavano riti per far arrivare la pioggia, in modo da scongiurare al licantropo di placarsi con il sangue degli abitanti. Per far riprendere fattezze umane al lupo a Taurianova si consigliava di pungere la bestia con una canna, alla fuoriuscita del sangue questi tornava in sé. Il lupo mannaro temeva il segno della croce e per tale motivo sui neonati, con il carbone del ceppo natalizio, si tracciava per tre volte il segno della croce per scongiurare future trasformazioni. A Gioia Tauro si credeva che il licantropo nascondesse le proprie vesti in una buca e che le riprendesse a fine trasformazione, tornava allora a casa e solo la terza volta che questo bussava all’uscio i famigliari potevano aprirgli. Tra le leggende sui lupi mannari più noti di Calabria ricordiamo quella di Nicastro, dove il Conte di Masano sposò la figlia del Barone Arena. Un giorno un servitore riferì di essere stato aggredito durante la notte da un lupo ma di essergli riuscito a mozzare una mano. Questo arto conservato nella tasca in seguito era divenuto una mano di donna con un anello che recava lo stemma famigliare del Conte. L’attenzione a quel punto cadde sulla mano della sposa del Conte che era assente e fasciata. La donna fu condannata a morte. A San Giovanni in Fiore vi era Feliceantonio Cucumella, tutti lo temettero sino al momento della morte, A Reggio invece era noto Zi Masi mentre a San Giorgio Morgeto si dice che una giovane sposa venne uccisa dal marito licantropo. La leggenda della licantropia alimentò inoltre una forma si isterismo dove alcune persone erano convinte della propria trasformazione e testimoniarono addirittura contro se stesse. Si ricordi in Babilonia il re in persona Nabucodonosor che credeva di essere un licantropo mentre, nella letteratura del Satyricon di Petronio, suggestiva è la descrizione di Nicerote che svela ad un commensale di essere un lupo mannaro e di seguirlo affinché potesse mostrargli la sua trasformazione: Ci avviammo al canto del gallo: splendeva la luna che pareva giorno. Ma, arrivati a certe tombe, il mio uomo si nasconde a fare i suoi bisogni tra le pietre, mentre io continuo a camminare canticchiando e mi metto a contarle. Mi volto e che ti vedo? Il mio compagno si spogliava e buttava le vesti sul ciglio della strada. Mi sentii venir meno il respiro e cominciai a sudar freddo. Sennonché quello si mette a inzuppare di orina le vesti e divenne d’improvviso un lupo». Doveroso è infine ricordare l’ipertricosi, una sindrome nota come “del lupo mannaro” cui caratteristica è quella di essere ricoperto interamente di peli. |
PUBBLICATO 06/07/2021 | © Riproduzione Riservata
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