AMBIENTE E TERRITORIO Letto 1783  |    Stampa articolo

Lo spietramento della Murgia e l’arido-coltura

Foto © Acri In Rete
Francesco Foggia
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Il giornalista Pino Aprile, pugliese di Gioia del Colle, nel suo libro (Giù al Sud. Piemme, Milano 2011) descrive così una particolare preparazione del terreno dei contadini della Murgia: << la Puglia è Murgia: i suoi altipiani erano uno sterminato giacimento di sassi e macigni, a perdita d’occhio. (…) In quella vacanza, fui condotto … allo spietramento: ognuno rimuoveva sassi nella misura delle sue forze e li ammassava in un luogo indicato. Quasi un rito sociale: vi partecipano uomini, donne, parenti, vicini, amici, braccianti a giornata. A me pareva la fabbrica dei matti: rimuovevi il primo strato di sassi, fra poche zolle rosse, grasse (terra untuosa, si appiccica alle mani). … Ma quando credevi di averla nettata dalle pietre, ecco che ne affioravano altre, appena più profonde. E ricominciava l’opera. E quando anche queste erano state tolte, nei vuoti così aperti affioravano altri sassi o veri macigni … Sarebbero finite mai? Fin dove bisognava scendere? … “Che non le baci l’aratro” rispose mia cugina: non dovevano essercene, fin dove sarebbe scesa la lama per rivoltare le zolle. (…) Così la Murgia è diventata giardino di ulivi, ricamo di vigne, ragione di orgoglio.>> Le pietre di risulta, quindi, dovevano essere smaltite in loco e come? Si iniziava a portarle sui bordi dei campi e le si incastonava per farne muretti a secco, alti fino a quanto veniva facile sollevare con le braccia quelle grosse per farne terminali, mentre la quantità eccedente si accumulava sul luogo ove affiorava la roccia calcarea più compatta. Anche qui si badava ad ordinare la loro disposizione per utilizzare tutto il pietrame. Il prodotto finale consisteva in voluminosi ammassi, terminanti a forma conica, con piccole camere interne. La Murgia pugliese è caratterizzata dall’avere ai bordi di strade interpoderali, comunali, statali questi tipici muretti a secco e nei campi una miriade di costruzioni rotondeggianti a punta (“trulli”), a volte senza porte e disabitate, ma sempre più spesso nei desideri di moltissimi romantici visitatori (la camera matrimoniale è detta “alcova”). I muretti a secco possono arrivare a far “poetare” facilmente, ma Pino Aprile scrive che la “porosa e scabra superficie dei sassi fa condensare l’umidità della notte e la lascia percolare nella terra” come si è appurato per tutte le zone rocciose ed aride (Malta, l’Isola di Pasqua, ecc.). La Valle d’Itria è celebre per l’esposizione di una vasta tipologia di “trulli”, ma non è la sola: nella zona di Torricella-Maruggio (TA) si possono osservare “trulli”, ottenuti dalla sovrapposizione di più tronchi di cono a diverso diametro. Qualcuno di questi è anche doppio e non passa inosservato dal 1947, anno della sua elevazione: viene definito come “I trulli della Chianca di Masseria Pepe”. Lo spietramento delle aree calcaree, una pratica agricola arcaica, ha così originato l’arido-coltura ed ha dotato il paesaggio di particolari opere architettoniche.

PUBBLICATO 15/05/2021 | © Riproduzione Riservata





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