Commissariamento della sanità calabrese: la barzelletta continua
Natale Ferraro
Carissimi di Acri in Rete vorrei pregarVi di promuovere un messaggio fra tutti i giornalisti perché non si parli più di “coprifuoco” e di “guerra contro il Covid 19” sennò il Gen. Figliuolo la tuta mimetica non se la toglie più e noi, di situazioni comiche, nell’ambito politico-amministrativo, ne abbiamo avute abbastanza (vedi i travestimenti del Sen. Salvini durante il primo Governo Conte e l’imitazione da parte dell’allora Ministro Bonafede che, allorché si è travestito da guardia carceraria, mi ha fatto pensare al figlio imbecille del simpatico Orso Yoghi; vedi anche i “balletti” relativi alla nomina del “Commissario alla Sanità”).
Premetto che tutta la mia stima va sia alla Forze dell’ordine che agli Agenti di custodia, nonché all’Esercito Italiano che, in questo periodo stanno svolgendo un ruolo determinante nella lotta alla “pandemia” e soprattutto voglio esprimere tutto il mio rispetto al “Glorioso Corpo degli Alpini” perché mio nonno è stato un “Alpino” che, diciannovenne, ha combattuto sulle montagne del Trentino, per fare l’Italia. Oggi abbiamo l’Italia, il Sud dell’Italia ed il Sud del Sud (Calabria). Soprattutto voglio pregarVi di attivarVi, per quanto è in Vostro potere, perché il suddetto Generale non venga di nuovo in Calabria perché, per noi calabresi, essere “presi per il culo” da uno come Lui è veramente insopportabile. Noi calabresi, quanto a barzellette, abbiamo già dato, ancor prima della “pandemia”. Ma i politici, compresi quelli della Sinistra (io, a scanso di equivoci, sono orgogliosamente di sinistra, iscritto al Pd, nel quale, quando aveva un altro nome, ho svolto anche incarichi dirigenziali, per cui nelle domanda che pongo c’è anche una consistente autocritica) dicevo, i politici dove erano mentre si accumulava il deficit e si facevano le “scelte scellerate”? La ciliegina sulla torta poi è arrivata col “Commissariamento”. Ma ci voleva tanto a capire che la funzione del “Commissario” doveva essere quella di risanare il bilancio e dunque azzerare il deficit? Questo era, ed è, il “compitino” del commissari o, cioè operare tagli su strutture e personale e soprattutto aggravando gli oneri diretti a carico del cittadino calabrese: dopo le “corna” (sotto forma di emigrazione sanitaria, con tutto ciò che comporta sia in termini di sofferenza aggiuntiva per i malati e sia in termini economici per l’aggravio di spesa sul bilancio delle famiglie colpite) dopo le corna dunque “le bastonate”, dal momento che il risanamento è caduto e continua a cadere sulle spalle dei calabresi. E’ una barzelletta incessante che purtroppo ha raggiunto l’apice del ridicolo. Ma di che cosa sono colpevoli i calabresi in questo marasma? Di avere sperperato loro, direttamente, le ingenti somme che costituiscono una quota esagerata dello intero bilancio regionale, “somme che se fossero state spese correttamente avrebbero fatto della Sanità Calabrese un’eccellenza sanitaria a livello mondiale” (Dr Gino Strada)? La risposta è ovvia: NO! Di non aver vigilato per evitare il deficit? Anche qui la risposta non può essere che NO! Perché loro non hanno quest’onere, perché quest’onere (alla faccia dell’autonomia regionale) è dello Stato, tanto è vero che, quando finalmente ha preso atto dello sfascio, ha inviato il suo commissario, col “compitino”. Dunque il cittadino calabrese non ha nessuna colpa in merito, ma ha solo la negazione di un diritto fondamentale, che la Costituzione, Art. 32, gli garantisce, cosi come a tutti i cittadini italiani. Purtroppo c’è voluta la pandemia per farci consolidare la convinzione che in Calabria c’è un diritto costituzionale fondamentale che viene calpestato da oltre venti anni. Lo Stato italiano, che potrebbe essere tacciato quantomeno di “culpa in vigilando”, è comunque civilmente corresponsabile (Art. 27 Cost.), insieme ai suoi funzionari e dipendenti, artefici o complici, in merito al deficit nella Sanità calabrese e, pertanto, anche per questo dovrebbe adoperarsi a mettere fine a questa situazione incostituzionale e “subito”, così come ha diligentemente fatto (anche in assenza di corresponsabilità civile diretta, per i danni causati dal crollo) con la ricostruzione del ponte Morandi di Genova. A meno che non si ritenga che il diritto alla salute non è poi così “fondamentale” o lo è meno del “diritto alla viabilità” . Lo Stato dunque deve intervenire e “subito”, in modo ordinario o straordinario che sia: la barzelletta non può continuare col “compitino” affidato al commissario di turno, mentre al Pronto soccorso si muore in attesa all’interno di un’autolettiga: ma il Pronto soccorso, specialmente quello di un grande ospedale come quello dell’Annunziata di Cosenza, non dovrebbe rappresentare l’approdo della speranza? La settimana scorsa in una trasmissione della RAI (TV7), un medico dell’Ospedale dell’Annunziata intervistato “in incognito”, poiché diceva delle cose non piacevoli sulla Sanità calabrese, affermava che, per poter rimediare a questa situazione, ci vorrebbe una “rivoluzione”, un termine di cui io voglio riappropriarmi perché fa parte del mio bagaglio culturale, per dire che non è un termine così anacronistico come potrebbe sembrare: la rivoluzione proletaria, ideata per rovesciare la borghesia e portare il proletariato al potere,è ancora attuale in una società in cui il rapporto tra sfruttati e sfruttatori resta immutato, se non peggiorato, a svantaggio dei più deboli; ma questo è un discorso a parte. Qualcosa, ritornando alla sanità, nell’aria comunque c’è e, se non è una rivoluzione sarà una ribellione, che spero possa portare ad un cambiamento, ad un rinnovamento a cui il maggiore impulso lo devono dare i giovani e per primi i giovani sindaci, che per fortuna in Calabria sono in percentuale preponderante. La lettera al Presidente Draghi ed al Ministro Speranza, in cui si elencano diligentemente le varie urgenze, va benissimo, ma purtroppo, per esperienza so che le lettere ai politici lasciano il tempo che trovano se non sono supportate da azioni incisive. Rivoluzione, ribellione? Qualunque cosa che porti il cambiamento “subito”! Per questo unisco la mia voce a quella di chi urla: “Se non ora quando?” |
PUBBLICATO 05/05/2021 | © Riproduzione Riservata
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