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Linee guida sulla Processionaria. Cause, rimedi, pericoli

Foto © Acri In Rete
Vincenzo Palmeri
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Distribuzione e habitat. La Processionaria dei Pini è un lepidottero circummediterraneo appartenente alla famiglia Notodontidae, diffuso in Eurasia e Nord Africa. È, pertanto, un insetto diffuso nelle regioni temperate del bacino del Mediterraneo (Europa meridionale, Medio Oriente e Africa settentrionale), che predilige particolarmente le alberature stradali e le piante marginali delle formazioni boschive. È considerato, a torto, come uno dei principali fattori limitanti per lo sviluppo e la sopravvivenza delle pinete nel bacino del Mediterraneo. Raramente conduce a morte le piante attaccate. Nei nostri ambienti trova l’optimum sinecologico, il che gli consente di sviluppare al meglio le proprie dinamiche di popolazione. Identificazione e danno. La Processionaria dei Pini è un caratteristico Lepidottero, le cui larve defogliatrici costruiscono dei tipici e vistosi nidi "invernali", sulle cime delle piante. Le larve (circa 30-40 mm di lunghezza a maturità) si presentano tipicamente pelose, con il capo nero ed il corpo di colore grigiastro nella parte dorsale, mentre nella parte ventrale presentano delle sfumature color ocra. Il dorso presenta dei ciuffi di peli rosso-brunastri che si dipartono da tubercoli; tali peli fanno assumere alla larva una colorazione rossastro-rugginosa, non dovuta, quindi, al colore del corpo, ma al colore della peluria. Sono proprio questi peli a rappresentare la pericolosità dell’insetto poiché, specialmente a partire dalla terza età larvale, essi sono fortemente urticanti e pericolosi al contatto dermale ma soprattutto delle mucose degli occhi e delle vie respiratorie dell'uomo e degli animali. L'attacco, specialmente se massiccio, può determinare un notevole indebolimento provocando in alcuni casi anche stress fisiologici alle piante. In tali condizioni la popolazione che fruisce dei parchi e dei giardini o anche dei popolamenti a Pinus può subire dei danni dal contatto con i peli urticanti sia a livello delle mucose (vie respiratorie e occhi) sia per contatto dermale esterno; essi infatti contengono sostanze che liberano istamina provocando delle infiammazioni e reazioni allergiche soggettivamente anche molto gravi. In soggetti particolarmente sensibili possono dare luogo e provocare shock anafilattici. Il contesto normativo e il problema specifico. Allo stato attuale molte pinete ricadenti all’interno del parco Nazionale della Sila sono infestate dal lepidottero con densità di popolazione variabili in funzione del contesto ambientale in cui le piante vegetano. Le maggiori pullulazioni sono presenti lungo i filari di piante che costeggiano le strade, ai margini di radure e spazi aperti o a carico di piante isolate. Nelle are interne delle formazioni boschive la presenza del defogliatore è, in generale, rarefatta e non costituisce un problema di sanità pubblica. Il Parco Nazionale della Sila si trova in una situazione paradossale dal punto di vista tecnico-normativo; infatti, il succitato decreto di lotta obbligatoria impone ai proprietari/conduttori dei terreni in cui ricadono le piante infestate di farsi carico del controllo del lepidottero. L’Ente Parco, invece, nella maggioranza dei casi, si configura come custode dell’ambiente protetto con pochi margini di manovra nel caso in cui le azioni di contrasto devono essere attuate in terreni privati o di proprietà di altri Enti. Dal punto di vista meramente ecologico/naturalistico, va evidenziato che la Processionaria dei Pini, seppur poco gradita all’uomo, fa parte della fauna autoctona e, di conseguenza, occupa una nicchia ecologica importante per il mantenimento degli equilibri ambientali. Fatto salvo che l’incolumità dei fruitori del Parco rappresenta la priorità, gli interventi ipotizzabili per la gestione della Processionaria dei Pini devono essere sostenibili (economicamente ed ecologicamente) e realizzabili nel contesto operativo di riferimento. Monitoraggio. Il Monitoraggio delle popolazioni di Th. pityocampa consente di studiare la biologia dell’insetto e, con le dovute cautele, stimare il potenziale impatto che il defogliatore può avere nel breve periodo (mesi successivi) e nel medio-lungo periodo (trienni/quadrienni sucessivi) Ciò si ottiene, in buona sostanza, attivando uno studio demoecologico nella sua più ampia accezione. Per far ciò è necessario acquisire dati su differenti “indicatori descrittivi” che nel complesso restituiranno la fotografia aggiornata dell’andamento delle popolazioni del defogliatore. Che, verosimilmente, si muoverà, con dinamiche differenti in funzione di altitudine, ubicazione ed esposizione dei clinali, specie di Pinus presenti e numerosi altri fattori che contraddistinguono le nicchie ecologiche in seno all’ecosistema che le ospita. Io monitoraggio si avvale di diverse metodologie di campionamento schematizzabili in: Osservazione diretta su pianta (visuale), Prelievo di campioni dalla pianta, Campionamenti – attura meccanici (imbuti, teloni, etc.), fototropici (trappole luminose), cromotropici (trappole gialle), chemiotropici (trappole sessuali). È auspicabile anche il coinvolgimento dei cittadini “citizen science” attraverso la realizzazione di un canale (telefonico, social, ecc. ) di comunicazione che consenta l’istaurazione di un rapporto diretto con gli utenti e fruitori che in tale maniera potranno segnalare la presenza di nidi o situazioni anomale ottenendo al contempo informazioni utili. Azione. Le Azioni da predisporre poggiano sull’obiettivo prevalente che si traduce nel ridurre il rischio sanitario causato dalle larve della Processionaria dei Pini. La scelta di una metodologia di intervento e/o la loro integrazione deve, per forza di cose, scaturire dall’analisi dei dati del monitoraggio riferibili ad un determinato contesto ambientale. Lotta meccanica – Quando le infestazioni interessano Pini isolati o piccole superfici boscate di aree ricreative (giardini, parchi, campeggi, ecc.) esse possono essere mitigate attraverso la rimozione dei nidi che ospitano le larve. Questa operazione può essere effettuata già a partire da settembre sui pre-nidi invernali, ma risulta più efficace nel tardo autunno e in inverno quando sono presenti i nidi definitivi che per le loro maggiori dimensioni sono più facilmente individuabili da terra. I nidi possono essere asportati tagliando il ramo che li sostiene con appositi svettatoi o impiegando mezzi meccanici con cestello elevatore che permette di raggiungere agevolmente le chiome delle piante più alte. Data la pericolosità dei peli urticanti delle larve, gli operatori adibiti a questa operazione, devono essere adeguatamente equipaggiati di tuta integrale con cappuccio, robusti guanti in gomma, mascherina anti-inalazione e occhiali protettivi. I nidi raccolti possono essere chiusi all’interno di sacchi di plastica o bruciati in campo. Questo metodo di lotta pur essendo efficace può divenire economicamente insostenibile quando le infestazioni interessano vaste superfici, per cui la sua applicazione deve essere basata su un’attenta valutazione dei costi-benefici ponderando e valutando l’opportunità applicativa attraverso azioni decisionali puntuali e diversificate. In alternativa e/o aggiunta in aree di maggior fruizione potrebbe essere sostenibile, in alcuni casi, la raccolta primaverile delle larve in processione, mediante l’impiego di specifici collari muniti di serbatoio di raccolta, da posizionare sul tronco delle piante infestate. Le larve, nel momento in cui abbandonano la chioma delle piante per incrisalidarsi nel terreno, vengono, infatti, intercettate da questa tipologia di trappola e, di conseguenza, non riescono a raggiungere il suolo evitando, così, il possibile contatto con l’uomo o gli animali selvatici e domestici eventualmente presenti. Lotta biotecnica - I feromoni sessuali di molte specie di lepidotteri vengono sintetizzati in laboratorio e hanno trovato una pratica applicazione come esche in dispositivi di cattura che possono essere impiegati, oltre che per il monitoraggio del volo dei maschi, anche come mezzo di lotta facendo ricorso alla tecnica delle catture massali. Nel caso della Processionaria dei Pini l’impiego di 6-8 trappole per ettaro in piccole superfici o di una trappola ogni 100 mt lungo il perimetro di grandi pinete dovrebbe contribuire a eliminare una grande quantità di maschi e impedirne gli accoppiamenti, determinando da parte delle femmine vergini la deposizione di sole uova sterili. Questa tecnica, comunque, poiché caratterizzata da bassi livelli di efficacia necessita di affiancamento ad altre parallelamente predisposte, e può diventare, come la precedente, economicamente insostenibile quando le infestazioni interessano vaste superfici, la sua applicazione deve essere basata su un’attenta valutazione dei costi-benefici ponderando e valutando l’opportunità applicativa attraverso azioni decisionali puntuali e diversificate e solo a densità di popolazione molto basse e in specifici contesti ambientali. Lotta microbiologica - L’agente microbico maggiormente impiegato nella lotta ai lepidotteri defogliatori forestali è rappresentato dal batterio sporigeno Bacillus thuringiensis var. kurstaki (Btk) che abbina una buona efficacia a una notevole selettività di azione e un basso impatto ambientale. L’attività insetticida di questo batterio è infatti legata alla sua capacità di formare, durante la sporulazione, un cristallo proteico costituito da tossine che uccidono solo particolari specie di insetti e sono del tutto innocue per l’uomo e per la quasi totalità degli animali a sangue caldo, compresi gli insetti utili come le api. Lotta chimica. Per la lotta alla Processionaria dei Pini, in Italia sono registrati alcuni insetticidi appartenenti al gruppo dei Piretroidi e dei regolatori di crescita. Questi insetticidi di sintesi devono essere irrorati esclusivamente da terra e sono caratterizzati da un’elevata efficacia. Il loro impiego tuttavia è ragionevolmente sconsigliato nei boschi, i cui delicati equilibri naturali potrebbero essere seriamente compromessi dalla bassa selettività dei mezzi chimici che, falcidiando anche gli insetti utili, innescano pericolose pullulazioni di fitofagi normalmente di secondaria importanza. I trattamenti insetticidi hanno maggiore efficacia quando vengono eseguiti a fine estate – inizio autunno contro le prime età larvali ma possono essere effettuati anche successivamente nei periodi in cui le larve sono in attività trofica e non rimangono riparate all’interno dei nidi definitivi. Se le infestazioni interessano Pini isolati e/o che vegetano in ambiente urbano può risultare conveniente l’adozione dell’endoterapia. Questa tecnica, attuata solo da ditte specializzate, prevede l’uso di insetticidi sistemici, quali l’Abamectina, che vengono iniettati nei tronchi tramite dei piccoli fori e che raggiungono la chioma attraverso il flusso linfatico. L’endoterapia presenta il vantaggio di combattere efficacemente le infestazioni delle chiome di alberi molto alti, difficilmente raggiungibili con irrorazioni effettuate da terra. A ciò si aggiunge che l’insetticida non viene a contatto con la superficie esterna della pianta e non ha di conseguenza effetti tossici nei confronti dei fruitori e dell’uomo e degli insetti utili particolarmente. Resta comunque una azione molto costosa che necessita di opportune valutazioni di sostenibilità da verificare puntualmente e caso per caso. Considerazioni conclusive. L’applicazione di queste brevi linee guida in termini di adozione e applicabilità rientrano in un quadro operativo multi composto che prevede la possibile e assoluta complementarietà e integrazione di tutte o in parte delle indicazione riportate. Non andrebbe escluso, a esempio, la possibilità di immaginare per fini scientifici e sperimentali, in aggiunta a quanto sinteticamente esplicitato, la messa a punto di analisi al suolo e/o di interventi di distribuzione di formulazioni chimiche o microbiologiche di presidi fitosanitari avvalendosi della moderna tecnologia basata sull’uso dei DRONI; in quest’ultimo caso si dovrà necessariamente passare attraverso autorizzazioni specifiche da parte degli Enti preposti. Vincenzo PALMERI Docente di Entomologia generale e applicata, Dipartimento di agraria Università Mediterranea di Reggio Calabria.

PUBBLICATO 09/03/2021 | © Riproduzione Riservata





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