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Sciascia, l’uomo di tenace concetto e l’importanza di Manzoni nella sua opera

Foto © Acri In Rete
Gaia Bafaro
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Leonardo Sciascia nasce a Racalmuto nel 1921, sin dalla prima adolescenza egli manifesta interesse per la letteratura e per le opere di autori come Diderot, Casanova, Courier e Manzoni. Nel 1935 si iscrive all'istituto magistrale “IX Maggio” di Caltanissetta dove insegnava lo scrittore Brancati, nel 1941 consegue il diploma di maestro elementare e si avvicina alle idee del Partito Comunista senza aderire completamente alle linee di questo. Nel 1949 inizierà ad insegnare nelle scuole elementari di Racalmuto e si impegnerà con altri intellettuali alla fondazione di una rivista : “Galleria – Rivista bimestrale di cultura” che ha tra i suoi più illustri collaboratori Pasolini, Moravia, Praz, Cecchi e Brandi; Nel primo numero è presente un racconto di Sciascia : “Paese con Figure”. Nel 1950 presso l'editore Bardi ,Sciascia pubblica le “Favole della dittatura” e da una collaborazione con Pasolini nel 1952 nasce l'antologia “Il fiore della poesia romanesca”; Nel 1953 sarà dato alla stampa il saggio “Pirandello e il pirandellismo” e l'autore collaborerà nello stesso anno con numerose riviste. Nel 1956 vince il premio Crotone e quello di Libera Stampa di Lugano e si allontana dalla scuola ottenendo il distaccamento al Ministero della Pubblica Istruzione di Roma e quello al patronato scolastico di Caltanissetta. Dal 1961 egli pubblicherà opere famose come il saggio “Pirandello e la Sicilia”, “Il Giorno della Civetta”, “Morte dell'Inquisitore”, nel 1965 il romanzo poliziesco “ A ciascuno il suo” e nel 1970 andando il pensione , la raccolta di saggi “ La Corda Pazza” dedicata a scrittori ed artisti isolani. Nello stesso anno inizia a collaborare con “ La Stampa” e “Il Corriere della Sera”. Nel 1974 pubblica “Todo Modo” e nel 1975 nonostante i dissidi con i critici di fede comunista Sciascia si candida come indipendente nelle liste PCI, dando alla stampa opere come “La Scomparsa di Majorana” dedicato alla misteriosa fine del fisico Majorana che accenderà una polemica con il fisico Edoardo Amaldi. Nel 1977 Sciascia si dimette dalla carica di consigliere comunale amareggiato dalla vita politica, nello stesso anno uscirà “Candido” abile riscrittura del capolavoro di Voltaire. Nel 1979 Sciascia sarà eletto, essendosi presentato nelle liste del Partito Radicale, al Parlamento europeo e alla Camera dei Deputati e darà vita ad una serie di volumi : “II teatro della memoria” (1981), incentrato sulla misteriosa vicenda dello smemorato di Collegno; “La sentenza memorabile” (1982), sull’analogo caso del francese Martin Guerre; “Cruciverba” (1983), raccolta di saggi e divagazioni; “Stendhal e la Sicilia” (1984), scritto in coincidenza col bicentenario della nascita dello scrittore francese; “Occhio di capra” (1984), “Cronachette” (1985), che vince il premio Bagutta; “Per un ritratto dello scrittore da giovane” (1985), omaggio a Giuseppe Antonio Borgese; “La strega e il capitano” (1986), composto per il bicentenario della nascita di Manzoni; Nel 1987 Sciascia darà vita alle sue ultime opere : “Porte aperte”, romanzo contro la pena di morte e l' “Alfabeto pirandelliano”. Muore nel 1989 a Palermo. Sciascia nella sua produzione è rimasto fedele alla sua terra e alla sua difficile realtà delineandone i diversi aspetti : difficoltà dell'istruzione e dell'educazione democratica , speculazione, mafia e potere politico; Egli si scontrò con una realtà di pubblica corruzione ,di conformismo e di implacabile violenza che portò Sciascia alla ricerca della verità attraverso una denuncia al pamphlet, alla contestazione individuale disgiunta dalla fede dell'impegno collettivo e alla convinzione che la verità appare congiunta in modo indissolubile alle situazioni storiche. Manzoni fu molto importante nella formazione di Leonardo Sciascia, i “Promessi Sposi” e “Storia della Colonna Infame” furono tra le sue prime letture e nella sua raccolta di Saggi “Cruciverba” ,egli ne dedicò due a Manzoni, il primo intitolato “Goethe e Manzoni” ed il secondo intitolato “Storia della Colonna Infame”. La “Storia della Colonna Infame” scritta da Manzoni era molto importante per Sciascia, si trattava di un saggio storico che avrebbe dovuto far parte del V capitolo dei Promessi Sposi ma che poi non venne introdotto perché ritenuto da Manzoni fuorviante per i lettori a causa della sua lunghezza; Pubblicherà dunque l’opera nel 1840 , traendo notizie dal “De peste Mediolani quae fuit anno 1630” di Giuseppe Ripamonti, opera che ispirerà anche Verri sulla tematica della tortura. La vicenda narra del processo tenutosi a Milano durante la peste del 1630 contro due presunti untori ,ritenuti responsabili del contagio della malattia tramite la diffusione di misteriose sostanze, in seguito alle accuse di una popolana di nome Caterina Rosa; Il processo elargì la condanna di due uomini innocenti : Guglielmo Piazza commissario di sanità e Gian Giacomo Mora barbiere che vennero giustiziati tramite la ruota, venne inoltre distrutta la casa/bottega del Mora ed eretta la cosiddetta Colonna Infame come monito. Nel 1778 la Colonna venne abbattuta poiché era divenuta ormai il simbolo dell’ingiustizia commessa dai giudici e dell’abuso di potere. Sciascia si ricollega quindi al pensiero di Manzoni e alle accuse di ingiustizia mosse ai giudici e a coloro i quali come Fausto Nicolini ,nel suo “Peste e untori del 1937”, rivendicano l’integrità dei giudici . Leonardo affermò: “ […] Non si accorge, il Nicolini, che quel di cui c’è da tremare è appunto questo: che quei giudici erano onesti e intelligenti quanto gli aguzzini di Rohmer erano buoni padri di famiglia, sentimentali, amanti della musica, rispettosi degli animali. Quei giudici furono “burocrati del Male”: e sapendo di farlo».” L’aggettivo “infame” dunque nell’opera del Manzoni assume un doppio significato : Per il tribunale era attribuito ai presunti untori, per Manzoni bolla l’infamia dei giudici; Manzoni dunque colloca nell’opera vero storico e vero morale, soffermandosi soprattutto su di questo e sulle responsabilità dei singoli, inventa cosi un nuovo genere che pur ricollegandosi al pamphlet illuministico se ne differenzia per il contenuto storico, un genere dunque diverso dal romanzo filosofico come Candide di Voltaire, sia dal pamphlet di denuncia relativo a un tema specifico come “Dei delitti e delle pene di Beccaria “che pur risentendo di entrambi, è del tutto nuovo. Notevole è il recupero che ne farà Sciascia in “L'affaire Moro” egli ricostruirà un fatto storico reale da un punto di vista morale, unendo storiografia, denuncia morale e psicologia. La Storia della Colonna Infame è il resoconto del male fatto agli uomini da altri uomini senza un ragionevole motivo, la legge invece di tutelare tali misfatti sembra essere la prima ad esercitare abusi di potere ed a divenire strumento di violenza, solitamente Manzoni correla alla visione negativa della realtà terrena l’intervento della Provvidenza ma, nella Storia della Colonna, tale concezione è assente ed il discorso è incentrato sulle tematiche terrene di giustizia ed ingiustizia e sulla realtà giuridico penale. I giudici non sembrano cercare la verità ma solo un colpevole, gli individui appaiono corrotti e determinano cosi il male della società; Gli imputati del processo sono originari della classe popolare e quindi impotenti contro la macchina giuridica che si muove contro di loro, l’unico modo per difendersi è accusare astutamente altre persone alimentando in questo modo il giro di malvagità contro altri innocenti.

PUBBLICATO 15/02/2021 | © Riproduzione Riservata





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