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Alle origini di San Valentino: I Lupercalia

Foto © Acri In Rete
Gaia Bafaro
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I Lupercali (in latino: Lupercalia) erano una festività romana in onore del dio Luperco che proteggeva il bestiame dall'attacco dei lupi. Secondo Dionisio di Alicarnasso, i Lupercalia ricordano il miracoloso allattamento dei due gemelli Romolo e Remo da parte di una lupa che da poco aveva partorito. Plutarco descrive minuziosamente i Lupercalia nelle” Vite parallele”e ci informa che venivano celebrati nella grotta chiamata Lupercale, sul colle romano del Palatino dove, secondo la leggenda, Romolo e Remo vennero allattati dalla lupa. La festività si svolgeva a metà febbraio e terminava 15 febbraio, durante questo periodo, i lupi, affamati, si avvicinavano agli ovili minacciando le greggi e per questo motivo i pastori invocavano a protezione il Dio Fauno. Attenendosi alle fonti tramandateci da Plutarco, i Lupercali furono istituiti da Evandro e i riti che si svolgevano,consistevano in una corsa degli abitanti a piedi verso il Palatino, senza abiti e con le parti intime coperte dalle pelli degli animali sacrificati. Secondo una leggenda narrata da Ovidio, al tempo di re Romolo vi fu un lungo periodo di sterilità delle donne e, per questo motivo, tutti i cittadini si recarono in processione fino al bosco sacro di Giunone, ai piedi dell'Esquilino per supplicarla. Attraverso lo stormire delle fronde, la Dea informò che le donne dovevano essere penetrate da un caprone sacro, ciò suscitò sgomento ma fu un augure etrusco ad interpretare correttamente l'oracolo: era necessario sacrificare un capro e tagliarne la pelle a strisce in modo da colpire con essa la schiena delle donne. Cosi fecero, e dopo dieci mesi lunari le donne partorirono. I Lupercalia furono una delle ultime feste romane ad essere abolite dai cristiani. In una lettera di papa Gelasio I si riferisce che a Roma durante il suo pontificato (negli anni fra il 492 e il 496), si tenevano ancora i Lupercali, sebbene ormai la popolazione fosse da tempo cristiana. Nel 495 Gelasio scrisse una lettera ad Andromaco, allora princeps Senatus, rimproverandolo della partecipazione dei cristiani alla festa. Non sappiamo se i Lupercalia siano stati aboliti quell'anno o se siano sopravvissuti ancora per qualche tempo . Per quanto riguarda lo svolgimento dei riti, venivano celebrati da giovani sacerdoti seminudi chiamati Luperci, questi avevano le membra spalmate di grasso e indossavano una maschera di fango sulla faccia; soltanto intorno alla vita portavano una pelle di capra ricavata dagli animali sacrificati nel Lupercale. I Luperci, diretti da un unico magister, erano divisi in due schiere di dodici membri ciascuna chiamate Luperci Fabiani ("dei Fabii") e Luperci Quinziali (Quinctiales, "dei Quinctii"). Successivamente Gaio Giulio Cesare aggiunse una terza schiera chiamata Luperci Iulii, in onore di sé stesso. Molto probabilmente le due schiere erano formate dai membri delle gentes dalle quali prendono il nome (cioè i Fabii e i Quinctii). Sulla base di alcuni passi di Livio, si è ritenuto generalmente che i luperci Fabiani fossero originari del Quirinale e i Quinziali del Palatino ma su questa ipotesi vi sono molti dubbi. In età repubblicana i Luperci venivano scelti fra i giovani patrizi ma, da Augusto in poi, la cosa fu ritenuta sconveniente per l’aristocrazia e furono preferiti i giovani dell'ordine equestre. Plutarco riferisce,nella vita di Romolo, che il giorno dei Lupercalia, venivano iniziati due nuovi luperci nella grotta del Lupercale. Dopo il sacrificio di un cane e di alcune capre (non sappiamo se di genere maschile o femminile), i due nuovi adepti venivano segnati sulla fronte con il coltello sacrificale intinto nel sangue delle capre appena uccise. Successivamente, il sangue veniva asciugato dal viso con della lana bianca intinta nel latte di capra e infine, i due luperci iniziavano a ridere. Probabilmente, si trattava di un morte e di una successiva rinascita spirituale, dove la "segnatura" con il coltello insanguinato rappresentano la morte della precedente condizione "profana"e la pulitura con il latte (nutrimento del neonato) e la risata siano invece la manifestazione della rinascita alla nuova condizione sacerdotale. Dopo tale iniziazione, i giovani indossavano le pelli delle capre sacrificate, dalle quali venivano tagliate delle strisce ( le februa o amiculum Iunonis), da usare come fruste. Al seguito di un pasto abbondante, tutti i luperci, compresi i due nuovi iniziati, dovevano poi correre intorno al colle saltando e colpendo con le fruste il suolo per favorirne la fertilità e chiunque incontrassero. Soprattutto venivano frustate le donne per ottenere la fecondità. Inizialmente le fanciulle offrivano il ventre, successivamente,al tempo di Giovenale, si esponevano ai colpi solo le mani. In questa seconda parte della festa, i luperci erano contemporaneamente capri e lupi: erano capri quando infondevano la fertilità dell'animale (considerato sessualmente potente) alla terra e alle donne attraverso la frusta, mentre erano lupi nel loro percorso intorno al Palatino. La corsa intorno al colle era da intendersi come la creazione di un invisibile recinto magico a protezione delle loro greggi. Varie sono le ipotesi sull'etimologia delle parole Lupercalia, Luperci e Lupercus, anche se la base è sicuramente costituita dalla parola lupus ("lupo"). Secondo Ludwig Preller, Georg Wissowa e Ludwig Deubner si tratterebbe di un composto formato dalle parole lupus e arcere ("cacciare) mentre per Jens S. Th. Hanssen, invece, Lupercalia sarebbe una retroformazione dalla parola luperca, a sua volta diminutivo di lupa. Lo studioso Joachim Gruber, rintraccia l'origine dei nomi nell’antico composto “lupo-sequos ("che è inseguito dai lupi"). In base ad alcune teorie, i Luperci rappresentavano gli spiriti divini della natura selvaggia subordinati a Fauno. Infatti, nel giorno dei Lupercalia, l'ordine umano regolato dalle leggi si interrompeva e nella comunità faceva irruzione il caos delle origini. Fu Cesare ad adattare i Lupercalia al suo piano di restaurazione della monarchia a Roma. Egli ,infatti, istituì una terza schiera di Luperci che intitolò a sé stesso e inscenò un tentativo di incoronazione durante i Lupercali dell'anno 44 a.C. Marco Antonio gli porse una corona intrecciata d'alloro vestito da Luperco ma, viste le reazioni del pubblico, Cesare rifiutò la corona e la fece portare come offerta al tempio di Giove in Campidoglio. Infine, il nome di Lupercalia potrebbe ricondursi al significato simbolico del lupo e alla sua dimensione istintuale. Egli, infatti, evoca il carattere indomito e senza freni, rinvia alla libido divorante e alla libertà, caratteristiche chiaramente presenti nei riti dei Lupercalia.

PUBBLICATO 11/02/2021 | © Riproduzione Riservata





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