La sacerdotessa della natura: Emily Dickinson
Gaia Bafaro
Ci capita spesso di leggere sui social frasi della poetessa Emily Dickinson ma in pochi conoscono la storia dell’autrice e il suo forte legame con la natura.
Qui di seguito cercherò di analizzare alcuni dei suoi scritti, nella speranza di incuriosire i miei lettori ad approfondire l’argomento. La poetessa statunitense Emily Dickinson nacque a Amherst, in una famiglia borghese di stampo puritano il 10 dicembre del 1830, intraprese gli studi superiori ma li abbandonò di sua spontanea volontà e si ritirò a vivere nella sua casa dove a venticinque anni. Dal ritorno di un viaggio a Washington rimase tutto il tempo rinchiusa in camera a scrivere sino alla morte, che avvenne nel 1886. Le sue poesie vennero trovate dalla sorella Vinnie che riuscì a farle pubblicare nel 1890. La poetessa scriveva in condizioni di totale solitudine, il che le permetteva di attuare una profonda introspezione ed era solo attraverso la conoscenza di se stessa che poteva raggiungere la felicità. Le tematiche care ad Emily erano la natura e la morte, presenti in ogni suo componimento. La Dickinson scrisse dei componimenti sui quattro elementi, nella lirica 1060 ad esempio compare l'aria :“L'aria non ha dimora, né vicini non orecchie né porta non timore d' estranei – Aria felice! Ospite eterea d'esule guanciale – essenziale albergatrice nella vana lamentosa locanda della vita , più tardi della luce mi raggiunge la tua coscienza – finché parte, persuadendo la mia – ”Nella parte iniziale del componimento, l'aria proietta il senso di liberazione e leggerezza che emerge nell'esclamazione «Oh Aria felice!», ma è testimone nello stesso tempo di consapevolezza dolorosa e sgradevole. Alla fine della lirica emerge come l'uomo non sia altro che uno straniero, un esule che si aggira nella « locanda della vita» che è « lamentosa e vana» e dove non ci si può fermare poiché chi vi si accosta subito parte. L'elemento dell'aria è inafferrabile, come la vita stessa. Reca in Emilyun senso di tormento e cambiamento, irrompe e sconvolge ogni cosa, non si ferma mai e spicca l'inquietudine e l'impotenza di fronte al vento del destino. Sarà proprio la lirica 1137 della Dickinson a presentare il vento: “I compiti del vento sono pochi,sospingere navi, in mare, insediare marzo, scortare maree, e accompagnare la libertà. I piaceri del vento sono ampi, risiedere nell’estensione, restare, o vagare, meditare o intrattenere i boschi. I compagni del vento sono le vette – Azof – l’equinozio – anche con uccello e asteroide si saluta passando. I limiti del vento – se esiste, o muoia, sembra troppo saggio per assopirsi, – di questi non so nulla.” Le quattro strofe del componimento presentano delle tematiche che sono i doveri, i piaceri, i parenti e i limiti del vento. La parola chiave che viene costantemente ripetuta è “vento”, nell'ultimo verso è presente un anacoluto e la frase rimane sospesa, a testimonianza del fatto che non si può concludere un discorso sul vento. Nelle prime tre quartine spicca la libertà assoluta di movimento e azione del flusso d'aria ed esso deve assolvere a diverse funzioni: «accompagnare le navi, presentare marzo, scortare i flutti, indicare libertà» ma nello stesso tempo è necessario che svolga compiti più importanti: recare un «breve sollievo» nella stanza di un morente, «riconoscere la via» sfuggita alla memoria umana, destare nell’anima «una solitaria gioia – come la piena del distacco / restituito all’artica segretezza / dell’invisibile». Per la Dickinson l'aria è portatrice di lontananza come sottolinea nella lirica 709; in essa parla del vento del sud che è caratterizzato da voce umana d'emigrante, esso parla una lingua straniera e permette a chi lo ascolta di conoscere luoghi lontani: “Il vento del Sud ha un pathos di voce umana: come a scoprire su un imbarcadero accenti d'emigrante, che suggeriscono porti e persone e molte cose che non si comprendono, più belle perché san di lontananza e di terra straniera.” D'altra parte Emily sembra immedesimarsi con il vento, a lei molto caro e nella lirica 1418 afferma: “Quanto deve sentirsi solo il Vento di Notte - Quando la Gente ha spento le Luci E chiunque abbia un alloggio chiude le imposte ed entra - Come deve sentirsi pomposo il Vento a Mezzogiorno Mentre passeggia fra incorporee Melodie Corregge gli errori del cielo E schiarisce lo scenario Quanto deve sentirsi forte il vento al Mattino Mentre si accampa su mille Aurore - Le sposa una per una e le ripudia tutte Per poi involarsi al suo Erto Tempio -” La poetessa ci parla di tre momenti della giornata in cui mutano gli umori dell'elemento e si procede in un crescendo dalla solitudine, alla fierezza e alla forza che sono le tre caratteristiche attribuite ad Emily. L'acqua invece, è presente nella Dickinson sotto forma di mare e ce ne parla nella lirica 135: “L'acqua è insegnata dalla sete. La terra, dagli oceani traversati. La gioia, dal dolore. La pace, dai racconti di battaglia. L'amore da un'impronta di memoria. Gli uccelli, dalla neve.” Nel testo si scorge l'originalità linguistica nel verbo intransitivo “insegnare” riferito all'acqua, come si può insegnare l'acqua? Il resto della lirica è tutta basata su coppie di antitesi ed emerge la consapevolezza che il valore delle cose viene percepito a causa della loro mancanza. L'autrice si concentra sull'utilizzo dell'acqua per parlare di assenza e l'uomo vive in un perenne regime di sottrazione e in un continuo stato di sete come emerge dalla lirica 566: “Una tigre morente – rantolava assetata - Io cercai per tutta la sabbia - colsi il gocciolare di una roccia e glielo portai in mano - I suoi grandi occhi – erano opachi nella morte - ma cercando in essi – intravidi una visione sulla retina dell’acqua – e di me - Non fu colpa mia – che corsi troppo piano - non fu colpa sua – che mori’ mentre io stavo arrivando - era – il fatto che fosse morta -” Le protagoniste del componimento sono tre: la tigre, la poetessa e la morte. Lo scenario è desolato e Emily cerca di sottrarre l'animale al suo destino, ma questo muore con l'immagine del soccorritore negli occhi; la condizione di dolore della tigre è quella del genere umano che deve dimostrarsi altruista verso l'altro, per recare nella morte il ricordo di qualcuno che ha provato a soccorrerci tendendo le mani. L'acqua si carica di malinconia, di tristezza profonda ed è immagine di morte al contrario di quanto vedeva,ad esempio, l’autrice sarda Grazia Deledda nel suo mare, un modo per andare via dalla sua terra, una via che poteva aprire alla conoscenza di altri mondi. Per quanto riguarda la terra, la Dickinson utilizza nella sua lingua diversi termini quando si accinge a scrivere di essa (EARTH, LAND, GROUND, SOIL) ma le attribuisce principalmente il senso di Madre Terra , portatrice di vita e nella lirica 301 afferma: “Ragiono, la Terra è breve - E l'Angoscia - assoluta - E molti soffrono, Ma, e con ciò? Ragiono, potremmo morire - La migliore Vitalità Non può vincere il Decadimento, Ma, e con ciò? Ragiono, che in Cielo In qualche modo, ci sarà compenso - Qualche nuova Equazione, data - Ma, e con ciò?” La frase che emerge come una sorta di ritornello è « Ma, e con ciò? » , sono dei versi martellanti ed ossessivi che rendono nullo ogni ragionamento, proposta di soluzione o dubbio, tutto è un percorso che conduce verso il nulla ed al trionfo della morte. La morte si contrasta esclusivamente con il diritto di camminare sulla terra e di scrivere poesie o parole, la tomba è ciò che offre risalto e valore a questo mondo e l'utilizzo delle lettere per comporre opere, è una gioia negata agli Dei. Rispetto agli altri elementi, al fuoco la poetessa statunitense dedica pochi componimenti ma in essi non è mai visto in senso distruttivo, bensì come luce e al fuoco è assimilata la poesia, solo una scintilla eppure pari al sole per capacità di irraggiamento ed Emily lo esplicita nel componimento 883: “ I Poeti non accendono che Lumi - Loro - se ne vanno - Gli Stoppini che stimolano - Se di Luce vitale S'imprimono come fanno i Soli - Ogni Eta' una Lente Che dissemina la loro Circonferenza -” E ancora insiste su questo concetto : “Accendere una lampada e sparire - questo fanno i poeti - ma le scintille che hanno ravvivato - se vivida e' la luce durano come soli - ogni eta' una lente che dissemina la loro circonferenza.” Emily Dickinson è una poetessa dotata di grande sensibilità che ha un rapporto profondo con la natura, proprio come le antiche donne definite streghe solo per il loro interesse verso la natura ed il suo mistero. Emily è una sacerdotesse della natura, una sibilla che interpreta i segni di ogni elemento per scorgere nel futuro e cercare di renderlo meno complesso ed oscuro al resto dell'umanità. |
PUBBLICATO 26/01/2021 | © Riproduzione Riservata
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