AMBIENTE E TERRITORIO Letto 1816  |    Stampa articolo

Prevenzione o disastri

Foto © Acri In Rete
Carmine Nigro
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Ogni volta che in Calabria piove si pensa sia un evento eccezionale. E’ vero piove molto, ma far credere che sia un record è fuorviante tenendo conto dei numerosi e importati eventi eccezionali che hanno interessato la nostra regione.
Piove in tutto il mondo e mentre scrivo queste righe piove in Sardegna, piove di nuovo in Calabria e pioverà nel resto del Paese con frequenza e intensità tali da far diventare “eccezionale” altre giornate di pioggia intensa.
Tuttavia le vere eccezionalità sono gli effetti al suolo che le piogge più o meno abbondanti, più o meno intense provocano sulle nostre città, sul nostro territorio. Nella tabella dsi riportano i valori di pioggia (in millimetri) maggiormente significativi registrati nelle ultime 24/48 ore nell’area crotonese (i dati sono stati elaborati da ARPACAL alle ore 15:00 del 22 novembre) Quello che resta nei nostri luoghi dopo un evento disastroso è una forte sensazione di vuoto, ci sentiamo impotenti contro la forza della natura e abbiamo paura di non riuscire a recuperare le nostre vite e i nostri spazi. L’abbandono è un sentimento comune che ci lascia prede di promesse e rapine. Ci porta via spazi e ricordi, lasciamo case e affetti per affollarci in città sempre meno ospitali e intere aree si spopolano.
Trasferiamo il nostro amaro sentimento su un territorio lasciato all’improvvisazione di chi non ha nessuna cultura e nessun legame con la terra.
Lo stato di calamità naturale, soldi che alimentano clientelismo e corruzione, è la sola cosa che interessa e che fa “dimenticare” il disastro.
I territori colpiti avranno la loro parte, dopo due o tre anni, a volte anche di più e tra i soddisfatti e i rassegnati, i fiumi tornano a scorrere in alvei che si “preparano” per la prossima esondazione, per il prossimo disastro.
Non mancano certo le risorse per poter affrontare le piogge “eccezionali” con il minor danno possibile, manca una cultura del territorio, una conoscenza di base, capace di farci riflettere sugli eventi e sullo stato dell’ambiente in cui viviamo. I nostri corsi d’acqua, che poi sono delle “fiumare”, sono caratterizzati da regole idrauliche molto diverse dai normali fiumi e le dimensioni dei loro bacini spesso sbalordiscono.
Alle orografie acclive, spesso impervie, si 2 AIPIN Sez. Sicilia-Calabria contrappongono ampie pianure alluvionali; spazio ambito dall’agricoltura e dalle città.
Troppo spazio per le fiumare in una regione con poche pianure ed ogni lembo di terra facile da antropizzare è preda dall’abuso e dal sopruso. Le fiumare concentrano il loro carico idraulico in poco tempo ed hanno portate di piena da fare invidia ai grossi fiumi nazionali, occupano e rioccupano gli spazi che si sono “modellati” nel tempo. Molti sono gli eventi piovosi “eccezionali” che hanno coinvolto fiumare che hanno deviato dal corso loro imposto, con argini costruiti secondo le esigenze delle città e non dei fiumi (negli ultimi 60 anni se ne contano a decine con morti e devastazioni) ed ogni volta alziamo l’argine.
A Crotone il 21 novembre dell’anno del Covid-19 non è esondato l’Esaro, come 24 anni fa. Le esondazioni sono dovute ad altri corsi d’acqua minori e le vere cause sono da ricercare nella nostra memoria, o meglio nell’assenza della memoria degli eventi accaduti e ancor più gravemente nell’assenza di ogni capacità di gestire il territorio. All’unisono diamo la colpa al clima che sta cambiando e i politici opportunisti cavalcano l’onda del new green deal , sposando una “cultura ambientalista” di moda, preoccupati di far aumentare i like di un consenso social, non comprendendo che l’idea dell’economia circolare inizia da un punto ben preciso, la terra. Non si arriva alla programmazione di un territorio senza passare dalle sue peculiarità intrinseche.
E’ necessario capire per sollecitare una sensibilità ambientale reale, capace di armonizzare e condurre un processo di massima resilienza possibile. Evento alluvionale - Crotone 21/11/2020 - Cronache A Crotone, come in tante altre zone d’Italia, occorre evidenziare i dettagli che hanno causato il disastro idrogeologico del 21 novembre, uguali a quelli avvenuti in passato, che hanno provocato allagamenti, frane 3 AIPIN Sez. Sicilia-Calabria e voragini.
Dettagli che si replicano nel tempo e nello spazio, amplificando gli effetti del disastro. Intere colline del crotonese, deforestate da tempo, arate spesso senza prevedere le idonee canalizzazioni delle acque meteoriche, sono indifese rispetto allo scorrere delle acque.
Queste colline, dilavate e solcate, si impoveriscono sempre di più di suolo agrario, con conseguenze, non troppo lontane, di dissesto diffuso, fenomeni calanchivi e desertificazioni di interi comprensori.
Colline crotonesi effetti al suolo dell’evento del 21/11/2020 (rill e gully erosion) 4 AIPIN Sez. Sicilia-Calabria I prodotti del dilavamento collinare, per lo più limi, si riversano sulle strade non protette da fossi di guardia, o fossi ormai occlusi. Interi tratti stradali diventano non transitabili e molte località diventano isolate e a volte, per dilavamenti concentrati, i volumi di fango sono tali da travolgere auto e abitazioni.
Limi depositatesi a seguito l’evento del 21/11/2020 nelle campagne crotonese, le colture parzialmente ricoperte che difficilmente arriveranno a maturazione. 5 AIPIN Sez. Sicilia-Calabria In passato i fossi minori venivano “regolarizzati” con scatolari e argini in calcestruzzo e molti di questi fossi sono ancora “regolarizzati” in attesa (vana) che vi si ponga rimedio. L’effetto fionda che questi mostri provocano durante una forte pioggia è devastante e in contesti urbanizzati si hanno dei veri e propri disastri.
Pianura del F. Neto – effetto della canalizzazione regolarizzata con strutture in calcestruzzo (in parte crollate) L’occupazione di suolo sul litorale si traduce in termini ambientali in perdita di permeabilità, concentrazione del deflusso superficiale e impoverimento della falda dunale.
Le canalizzazioni, spesso insufficienti, non riescono a far defluire le acque verso il mare, sia per gli sbocchi artificiali assolutamente inadeguati, o troppo alti (incapaci di smaltire adeguatamente le acque non infiltrate nel sottosuolo) o troppo bassi (facile ad 6 AIPIN Sez. Sicilia-Calabria intasarsi). In ogni caso le aree retrodunali si allagano per mancato deflusso superficiale e sotterraneo e innalzamento repentino e localizzato della piezometrica.
Scarichi a mare dei fossi in area urbana – Troppo alto/Troppo basso In ogni caso non idonei al corretto deflusso delle acque 7 AIPIN Sez. Sicilia-Calabria Il “prodotto” della mancata manutenzione e naturalizzazione dei nostri fiumi lo ritroviamo dopo ogni alluvione, insieme alle discariche abusive, sulle nostre spiagge, ben distribuito e misto a ingenti quantitativi di plastica e microplastica. I detriti vegetali, trasportati dai fiumi nel recente evento crotonese e che hanno provocato restringimenti degli alvei con conseguenti esondazioni e danni, li ritroviamo sulle spiagge, sicuramente da rimuovere insieme ai rifiuti, prima della prossima stagione estiva, prima che il mare li riprenda aumentando proporzionalmente il disastro ambientale. Una mancata attività di recupero che già paghiamo molto cara.
Detriti vegetali in alveo fluviale – detriti vegetali distribuiti sulla spiaggia a seguito evento del 21/11/20202 Bacino del F. Neto 8 AIPIN Sez. Sicilia-Calabria Le cause e gli effetti delineati in un processo conseguenziale semplice, la natura non complica mai le cose, possono essere governate. Qualcuno lo fa già, qualche albero non tagliato, tratti di macchia mediterranea lasciata integra e la preservazione delle lineazioni naturali delle acque costituiscono gli elementi di stabilità di interi versanti ad un prezzo misero e qualche piccolo disagio per i trattoristi. Naturalizzazione dei fossi urbani, sbocco naturale delle acque al mare e aumento della permeabilità delle aree edificate (per un controllo della piezometrica) determinano un drenaggio ottimale delle aree urbanizzate, che dovranno essere riconvertite verso la massima resilienza possibile, in una diversa ottica ambientale che non vuole demolire ma coesistere. Tecniche di rinaturalizzazione che possono, anzi devono, far parte del patrimonio di chiunque si approcci al territorio. Rinnovare l’economia di una società partendo dalla terra ed evitare che ad ogni evento disastroso si debba partire da zero. Tecniche che non incidono economicamente e se correttamente applicate utilizzerebbero un decimo delle risorse già stanziate per mitigare gli effetti al suolo delle piogge su aree ben più vaste. Non mancano risorse e neanche la normativa può definirsi carente, anzi a volte risulta fin troppo dettagliata.
La politica che amministra i territori è capace di fare piani di sviluppo e tavoli tecnici di alto profilo ma non si comprende qual è il processo mentale che non fa vedere le cose più semplici, tutte concentrate proprio davanti al nostro naso. Tanti sono gli aspetti che non siamo capaci di gestire; dal mondo rurale al governo delle strade, dall’occupazione abusiva dei territori a interventi di cementificazione di aree golenali e aree dunali. Denaturalizziamo i fiumi con briglie e argini al solo scopo di dichiarare sicure le aree golenali per poi occuparle con nuove attività e tante altre piccole cose, troppe per essere elencate. Si lascia la programmazione fluviale a enti distratti o impreparati che non sentono o non vogliono sentire proposte e soluzioni di rinaturalizzazione e resilienza. Gli storici contratti di fiume e/o di mare, capaci di elevare economicamente intere regioni sono, in Calabria, alla mercé degli interessi politici e con molta probabilità non faranno parte del patrimonio culturale della nostra generazione.
L'ambiente è fatto di professionalità, di persone e tecniche che si sviluppano giorno per giorno, in grado di generare idee e soluzioni idonee a misurarsi con lo specifico territorio e di creare confronto e condivisione.
In Calabria i gruppi di lavoro su questi temi non riescono a essere incisivi e non per mancanza di iniziative; i centri culturali come le Università, i sindacati e le associazioni di categoria o i dipartimenti regionali difficilmente aprono ad un territorio che richiede conoscenza se non per l’iniziativa di pochissimi illuminati. Spesso non si ha quel riconoscimento professionale/ambientale nelle istituzioni e raramente si conosce la normativa che regola il sistema di qualificazione di “esperti in tecnica ambientale”, sia per professionisti sia per le imprese che sono considerate, a norma di legge, prequalifiche preferenziali nei vari appalti che trattano specifici temi ed è ancora più raro incontrare un RUP che si avvalga di tale procedura di selezione.
Oggigiorno si registra un’ampia condivisione delle tecniche naturalistiche ma spesso sono applicate senza l'opportuna conoscenza degli aspetti intrinseci dell'uso delle piante e delle proprietà pedologiche e geologiche dei suoli. Dagli eventi organizzati da AIPIN, in tempo di Covid-19, emerge, soprattutto in Calabria, la forte richiesta di formazione e informazione, richiesta che AIPIN supporta come propria mission convinta delle grandi opportunità che il new green deal rappresenterà nei settori più disparati: dalla fitodepurazione al verde urbano; dall’erosione costiera al recupero dei fiumi e dei laghi e non ultimo alla mitigazione del dissesto idrogeologico e al recupero aree percorse dal fuoco. 9 AIPIN Sez. Sicilia-Calabria Esprimere la propria indignazione ogni volta che accade un “disastro” per eventi “eccezionali” è routine dei politici e dei rappresentati di categoria, una forma di visibilità che non deve oscurarsi ma deve proseguire con iniziative che disseminino la cultura ambientale in ogni remoto luogo della nostra regione, che propongano soluzioni ai piccoli problemi e soprattutto siano promemoria degli eventi passati e archivio dell’insipienza umana.
L’ambiente non può essere un serbatoio di effimeri like o di voti ed è inutile se oggi “puliamo il mondo” con i ragazzi delle scuole e il giorno dopo dimentichiamo; il mondo come le nostre mani e la nostra faccia devono essere sempre puliti.
Un appello ai Sindaci, agli Amministratori regionali, ai rappresentanti di categoria e a chiunque può dare una mano, non lasciate che dopo l’evento del 21 novembre scorso si aspetti lo stato di calamità naturale, non puliamo solo davanti le nostre case e ai nostri negozi.
Facciamo in modo che l’interesse ambientale sia trasversale, rimuoviamo i rifiuti sulle spiagge (sarebbe cosa grave farlo fare al mare e poi i detriti vegetali trovano largo impiego nelle tecniche di rinaturalizzazione), promuoviamo e formiamo i nuovi operatori agricoli con un’ottica più ambientalistica, accresciamo la cultura dell’ingegneria naturalistica dei tecnici pubblici e dei liberi professionisti, evitiamo che nei bilanci comunali e regionali la voce “prevenzione” sia fuori dai quadri economici.
Tutto questo altro non è che l’idea Green che sta diffondendosi nel mondo, un idea che in Calabria, come al solito, non dobbiamo cogliere in ritardo.

PUBBLICATO 11/12/2020 | © Riproduzione Riservata





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